Che ruolo avranno i soldati nordcoreani inviati in Russia?
Circa 3 mila soldati già dispiegati in Russia e una previsione: entro dicembre le truppe nordcoreane potrebbero arrivare a quota 10 mila. Dopo l’allarme lanciato dai servizi segreti sudcoreani e ucraini, ieri è arrivata la conferma statunitense: il segretario alla Difesa Lloyd Austin ha fatto sapere che ci sono prove sul dispiegamento delle truppe di Pyongyang. Ma come verranno impiegati questi uomini? Diecimila soldati rappresentano un numero poco significativo per cambiare il corso della guerra in Ucraina, secondo gli analisti. Inoltre, un’altra domanda sorge spontanea: se dovessero essere mandati al fronte, i militari asiatici sarebbero pronti ad affrontare un conflitto del genere? Ne abbiamo parlato con Antonio Fiori, professore associato presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Bologna, nonché esperto di relazioni inter-coreane, politica estera della Repubblica Democratica Popolare di Corea e della Repubblica Popolare Cinese.
«Al momento non ci sono certezze, le diverse fonti ci danno notizie discordanti sul numero dei soldati inviati. Quello che sembra confermato è che in Russia siano arrivate migliaia di unità delle forze speciali, le quali si stanno addestrando in un centro militare nella parte orientale del Paese. Sarebbero state trasportate verso il porto di Vladivostok da almeno una nave russa», puntualizza il docente, ipotizzando il motivo del dispiegamento: «Probabilmente servono a dare manforte alle forze armate russe. Se guardiamo al numero di morti, sappiamo che hanno delle difficoltà. Non sto dicendo che non possano portare avanti il conflitto ancora per molti mesi o anni, ma almeno 600 mila soldati russi hanno perso la vita o sono stati gravemente feriti, quindi, è plausibile che sia necessario un ricambio».
I rapporti tra Kim e Putin
L’esperto spiega: «La Corea del Nord ha vissuto tutta la sua vita “giocando” strategicamente con i propri alleati e potenzialmente lo sta facendo anche adesso con Putin. I loro rapporti sono molto buoni e sono basati su una sorta di “win-win strategy”. Nel senso che Kim Jong-Un si è trovato paradossalmente a fruire della guerra tra Russia e Ucraina. Il conflitto ha catapultato Pyongyang in una posizione insperata, prima di tutto dal punto di vista istituzionale. Negli ultimi anni, ogni volta che la comunità internazionale, segnatamente gli Stati Uniti, hanno richiesto l'applicazione di ulteriori sanzioni ai danni della Corea del Nord, queste sono state bloccate dal veto cinese e russo. Era una cosa che non era mai accaduta e che invece adesso succede costantemente. Pyongyang sta fruendo di questa sorta di schermatura che gli alleati stanno fornendo».
Cosa ci guadagna la Corea del Nord?
«Questa sorta di baratto tra Kim e Putin – sottolinea il professore - porterà al regime nordcoreano aiuti primari, quindi fondamentalmente derrate alimentari, che sono sempre particolarmente necessarie e vengono giocate in maniera strategica dalla leadership nordcoreana, la quale si trova nell'ennesimo momento di debacle dovuto alla mancata implementazione di riforme economiche, più volte promesse. Ma non scordiamoci che il vero e proprio termine di scambio potrebbe essere quello edificato sul rapporto militare. In questo senso la Corea del Nord potrebbe fruire ancora una volta dell'aiuto russo per portare a termine un salto tecnologico, in particolar modo sui satelliti, che le permetterebbe di costruire un ulteriore elemento di deterrenza nei confronti dell'asse guidato dagli Stati Uniti».
L’esercito di Kim Jong-Un
Il professor Fiori cerca di rendere una diapositiva dell’esercito asiatico: «In Corea del Nord vige un sistema di mobilitazione di massa. In termini politici significa che ogni singolo cittadino può essere trasformato, in caso di necessità, in un soldato. Questo, ovviamente, pone dei limiti oggettivi, ma quello nordcoreano è un esercito che può rifornirsi praticamente senza limiti di materiale umano. C'è però una distinzione da fare. I soldati che sarebbero stati portati in Russia farebbero parte delle forze speciali. Le forze speciali sono un sistema militare di avanguardia nordcoreano: sono i soldati meglio armati, meglio equipaggiati e soprattutto meglio addestrati. Si trovano molti video che raffigurano i metodi di addestramento delle forze speciali. Si tratta di un numero di uomini non particolarmente nutrito, ma sono quelli a cui è affidata, soprattutto in patria, la responsabilità del monitoraggio della Corea del Sud. Insomma, sono coloro i quali eventualmente verrebbero utilizzati in prima battuta nel caso in cui dovesse insorgere un conflitto con il vicino sudcoreano». E ancora: «Il resto delle forze armate è invece molto poco preparato, nel senso che la Corea del Nord, dal punto di vista formale non partecipa ufficialmente a un conflitto dalla fine della guerra di Corea, nel 1953, e questo ha ovviamente un significato». Dunque, in una eventuale collaborazione diretta con i russi ci sarebbero degli ostacoli. Secondo il professor Fiori «ci sono varie barriere nella collaborazione con le truppe di Putin. La prima è quella linguistica, ma pare che siano stati messi in condizione di agire anche svariati traduttori. Quindi questa è una barriera che può essere facilmente superata. Il problema sostanziale è che mandare truppe nordcoreane che mancano di qualunque esperienza al fronte potrebbe essere scarsamente efficace».
Non solo soldati
Ci sono però due fattori da prendere in considerazione, sottolinea il docente dell’Università di Bologna: «Il primo è che noi non sappiamo se i nordcoreani verranno posizionati sul campo di battaglia. Non conosciamo il loro ruolo ed è plausibile pensare che le truppe di Kim vengano utilizzate solo esclusivamente per il monitoraggio del confine, quindi non in un ruolo precipuamente belligerante. In questo caso vari contingenti russi potrebbero sganciarsi dalle frontiere per essere invece impiegati sul fronte. Il secondo è che, ancora una volta, si tratta di una sorta di panacea per Kim, che ha finalmente la possibilità di far acquisire esperienza alle sue truppe su un moderno campo di battaglia, con anche la possibilità di testare l’efficacia dei propri mezzi militari». L’esperto sottolinea: «Stiamo parlando di soldati, ma la vera questione sta da un'altra parte, cioè nei circa 15 mila container che sono passati attraverso i confini e che plausibilmente portavano in Russia munizioni, missili anticarro, ma anche missili balistici a corto raggio disassemblati».
I nordcoreani a Kursk?
L’ipotesi di impiegare i nordcoreani ai confini russi e non direttamente in Ucraina, sposerebbe la teoria, rilanciata dal Financial Times, secondo cui Putin potrebbe impiegare gli uomini di Kim a Kursk, permettendo ai russi di spostarsi sul fronte più caldo dei combattimenti. Secondo il professor Fiori la teoria è plausibile: «È esattamente quello che dicevo prima: i nordcoreani verrebbero utilizzati in ruoli secondari. Questo servirebbe a dare manforte alle truppe russe, liberandole da qualunque tipo di mansione alternativa a quella del confronto diretto nei territori ucraini. Insomma, i nordcoreani potrebbero essere molto marginali in questo confronto. Io credo che andrà a finire così».
La guerra cambierebbe aspetto
La preoccupazione della comunità internazionale è che il coinvolgimento diretto di un altro Paese, con migliaia di soldati, potrebbe portare a una escalation. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha parlato del rischio di una possibile guerra mondiale. Certamente il conflitto conoscerebbe una nuova fase, evidenzia l’esperto: «Un coinvolgimento diretto negli scontri in Ucraina porterebbe a un cambiamento del paradigma di questa guerra, perché entrerebbe un altro Paese belligerante. Tutto ciò che riguarda il conflitto cambierebbe aspetto. Spero che non si arrivi a parlare di guerra mondiale, ma sicuramente il divario tra i due assi conflittuali si consoliderebbe ulteriormente. Da una parte avremmo la Russia, la Corea del Nord, potenzialmente la Cina e l’Iran, mentre dall’altra, almeno per quello che riguarda l'area orientale, la Corea del Sud e il Giappone, che rafforzerebbero i loro legami con gli Stati Uniti e il fronte europeo. Si arriverebbe a un radicamento del confronto tra due assi, per certi versi, completamente opposti».