Società

Chiesa e abusi: «Uscite dal silenzio», in un anno in Ticino emersi 19 casi

Presentato ieri il «Gruppo di ascolto delle vittime in ambito religioso» (GAVA) - Indipendente e neutrale, farà rete con le associazioni simili nate in questi anni in Romandia e nella Svizzera tedesca - La presidente Myriam Caranzano: «Pronti ad aiutare tutti coloro i quali lo vorranno»
La Chiesa ticinese mostra di avere oggi molta attenzione alla problematica delle violenze in ambito religioso. ©MONIKA FLUECKIGER
Dario Campione
11.10.2024 06:00

«Riformare le strutture della Chiesa, sensibilizzare i cittadini, offrire un aiuto concreto: non più soltanto guardare e accettare le cose, ma agire». Poche parole sono state sufficienti a Markus Krinke - ordinario di Filosofia moderna ed Etica sociale nella Facoltà di Teologia di Lugano - per spiegare, ieri, l’importanza della nascita, anche in Canton Ticino, di un gruppo di ascolto delle vittime di abusi in ambito religioso. Un gruppo indipendente, neutrale, il cui obiettivo più importante è fare in modo che chi ha subìto una violenza indicibile possa sconfiggere il dolore, ma anche la paura e la vergogna.

In realtà, ieri mattina Krinke ha funto soltanto da padrone di casa. Ha rappresentato cioè l’USI, che ospitava in una delle sue aule la conferenza stampa di GAVA, acronimo appunto del neonato «Gruppo di ascolto delle vittime in ambito religioso». Alla presidente di GAVA, Myriam Caranzano - già direttrice dell’ASPI (la Fondazione ticinese per l’aiuto, il sostegno e la protezione dell’infanzia) ed esperta a livello internazionale di prevenzione della violenza e dell’abuso sui minori - è toccato invece il compito di dare le informazioni necessarie a comprendere il senso dell’iniziativa.

«Il nostro messaggio è chiaro - ha detto Caranzano - di questa tematica si può parlare. Proprio perché il potere delle parole è fondamentale. Dopo la presentazione dello studio dell’Università di Zurigo sugli abusi voluto dalla Conferenza dei vescovi elvetici, ci siamo resi conto come in Ticino mancasse un gruppo indipendente che potesse ascoltare le vittime, sul modello di quanto già fanno nella Svizzera tedesca e in quella romanda rispettivamente le associazioni Interessengemeinschaft für Missbrauchbetroffene im kirchlichen Umfeld (IG-MikU) e Soutien aux personnes abusées dans une relation d’autorité religieuse (SAPEC). Vogliamo colmare una lacuna, e per questo ci mettiamo a disposizione. Abbiamo un numero di telefono, una mail e un sito (ascoltogava.ch) attraverso il quale risponderemo a tutte le richieste di aiuto che arriveranno. Non sappiamo ancora che cosa potremo o sapremo fare. Ma siamo pronti».

Le testimonianze

Il passaggio chiave della conferenza stampa è stata sicuramente la testimonianza di due vittime. Una donna e un uomo, i quali hanno scelto di spiegare quanto sia utile superare lo steccato dell’inevitabile turbamento per riprendere in mano la propria vita.

Raffaella Raschetti, musicista e organista, abusata quando aveva 10 anni dal parroco (poi condannato) del paese, era presente alla conferenza stampa. E ha toccato corde sensibilissime. «Quando è uscito lo studio dell’Università di Zurigo ho seguito la vicenda e mi sono detta: che cosa faccio? Mi faccio avanti? Io sono guarita: posso fare qualcosa per gli altri? Ascoltando altre testimonianze - ha detto Raschetti - noto un filo che ci accomuna: la paura di parlare, i sensi di colpa e di vergogna, un grave peso che si aggiunge alle sofferenze già patite. Mi sento di dire alle vittime: abbiate il coraggio e la volontà di dire no a questo peso, soprattutto dopo i tanti no soffocati in gola. Io, dopo averlo fatto, ho avuto il desiderio non di metterci una pietra sopra, che non si può fare, ma di chiudere una porta per aprirne altre. Avevo il desiderio di vivere e non di sopravvivere. E ho trovato amici che hanno diviso con me il peso di quanto accaduto. Un peso che si è alleggerito, proprio perché condiviso. Questo io dico e auspico: apritevi per condividere il vostro vissuto».

Sergio Piasentin, docente SUPSI in pensione, ha invece inviato un testo scritto. Breve ma altrettanto consistente. Ricco di senso. «Quali sono i bisogni della vittima per raccontare? - si è chiesto Piasentin - Ebbene, il primo bisogno è non avere bisogno. Non avere pressioni. Chi ha subìto violenza deve sentirsi libero di raccontare. Un altro bisogno è la presenza autentica di chi vuole aiutare. Questi nulla deve dimostrare, se non l’incondizionata disponibilità ad ascoltare. Non voglio soluzioni, ma ho bisogno che sia lì, al mio fianco, che le mie parole non lo lascino indifferente. Nessun piacere di mettere alla gogna qualcuno, nessun giudizio, nessuna valutazione: soltanto interesse per ciò che dico e per ciò che non dico. Così fiorisce la cura e può avvenire la guarigione».

Sia Raschetti, sia Piasentin si sono messi a disposizione per svolgere il delicatissimo ruolo di chi ascolta. Perché nessuno come chi ha subìto un abuso, probabilmente, può capire e aiutare gli altri.

Violenze spirituali

Molto interessanti sono state anche le considerazioni di Vreni Peterer, la presidente di IG-MikU: «Il nostro focus - ha detto - è l’auto-aiuto. Il gruppo si riunisce ogni due mesi, le vittime vedono e capiscono di non essere sole e si sostengono a vicenda». Ascolto e sostegno a bassa soglia, vittime che ascoltano altre vittime, percorsi graduali: «La maggior parte delle persone che si rivolgono a noi vuole raccontare la propria storia, parla per la prima volta. Molti hanno taciuto per decenni. Noi ci concepiamo come loro portavoce e ci impegniamo per una Chiesa senza abusi». Peterer ha poi sottolineato l’importanza di «prestare maggiore attenzione agli abusi spirituali, che in molti casi sono il terreno fertile su cui nascono gli abusi sessuali. Io stessa ho vissuto questa situazione - ha aggiunto la presidente di IG-MikU - sentendomi privata del sentimento della fiducia. È fondamentale che esistano organizzazioni come le nostre, indipendenti dalla Chiesa. Insieme, siamo più forti. Vogliamo fare luce sulle violenze, impedirne di nuove e liquidare definitivamente le coperture».

Un semplice ma potentissimo «grazie» è stato il commento pubblico dell’amministratore apostolico di Lugano, monsignor Alain de Raemy, presente alla conferenza stampa tra il pubblico assieme al suo delegato ad omnia, monsignor Nicola Zanini.

De Raemy ha anche detto di condividere la scelta di dare vita a un gruppo di ascolto indipendente e, soprattutto, neutrale, non legato cioè alle istituzioni statali. «Ne abbiamo discusso pure in Conferenza dei vescovi, è un passo che giudico positivo». A latere della conferenza, al CdT, de Raemy ha poi aggiunto che dalla presentazione del rapporto dell’Università di Zurigo a oggi sono state ben 19 le vittime di abusi in Ticino che si sono rivolte a lui per parlare di quanto subìto in passato. «Io stesso avevo chiesto che tutto ciò emergesse, ho capito quanto sia importante avere qualcuno che ti spinga a venire allo scoperto».