Ticino

Chiusura uffici postali, interpellanza sul tavolo del Governo

L’MPS attacca Consiglio di Stato e deputazione ticinese alle Camere federali di mostrare «tutta la loro inadeguatezza», ma pure la Posta, con cui «ormai non è possibile né collaborazione né dialogo»
© CdT/Gabriele Putzu
Red. Cantone
23.08.2024 16:14

In Ticino e in Mesolcina verranno chiusi una ventina dei 62 uffici postali presenti nel territorio entro il 2028. Ne ha dato notizia questa mattina laRegione, che spiega di aver potuto verificare che i primi 12 sarebbero già stati individuati e che la Posta avrebbe già contattato i Comuni interessati. Si parla degli uffici postali di Cadro, Maglio di Colla, Mezzovico, Bellinzona 2 - Semine, Bellinzona 5 - San Paolo, Faido (ma ne verrebbe creato uno nuovo all’interno della Migros), Lodrino, Mesocco, Novazzano, Arzo, Locarno 4 - Solduno e Verscio. Inoltre, sarebbe a rischio anche quello di Castel San Pietro. L’ufficio postale di Canobbio, che rientrava nella precedente organizzazione, dopo i ricorsi del Comune non è invece ancora stato chiuso. La Posta motiva la sua decisione come segue: «Un processo trasparente è importante per noi, ed è per questo che abbiamo informato in una prima fase i nostri collaboratori e attualmente è in corso il dialogo con i cantoni e i comuni interessati in tutta la Svizzera. Questo processo non è ancora concluso. Per questo motivo, al momento la Posta non fornisce informazioni dettagliate. La Posta fornirà ulteriori informazioni sullo stato delle trattative nell’autunno 2024».

Intanto, la politica già si è messa in moto. A bruciare tutti sul tempo è stato l’MPS, che con un’interpellanza stuzzica Consiglio di Stato e deputazione ticinese alle Camere federali, accusati di mostrare «tutta la loro inadeguatezza». E poi si legge: «Lo scorso 7 giugno 2024, meno di due mesi fa, avevamo chiesto al Consiglio di Stato quali passi concreti stesse intraprendendo per scongiurare nuove chiusure di uffici postali poiché era nell’aria una nuova ondata di smantellamenti di uffici postali orchestrato dai vertici della Posta. La risposta fu, come d’obbligo, evasiva. Il presidente Christian Vitta non aveva trovato di meglio che snocciolare una serie di incontri passati (già evocati in precedenti occasioni), una serie di frasi vuote già dette in occasioni di precedenti interpellanze, chiudendo con imbarazzanti rassicurazioni sull’ottima collaborazione e l’ottimo dialogo con la Posta». Da queste considerazioni – che non risparmiano l’attitudine della Posta, con cui «ormai non è possibile né collaborazione né dialogo» –, alle richieste. Al Consiglio di Stato viene chiesto di comunicare «l’elenco di tutti gli uffici postali che La Posta è intenzionata a chiudere a breve e medio termine»; e poi di comunicare «in modo preciso e completo gli aspetti principali e la data della comunicazione ricevuta dalla Posta in relazione alla chiusura degli uffici postali»; di comunicare poi anche «in modo preciso e completo quale è stata la risposta data dal Consiglio di Stato»; e infine di comunicare «se il Consiglio di Stato ha preso contatto con i Municipi dei comuni in cui La Posta intende chiudere gli uffici postali al fine di concordare e coordinare una ferma opposizione».