La storia

Come ricucire gli abiti e le vite delle persone

Vi raccontiamo di quattro giovani sarte che alla fine della scuola hanno deciso di aprire un loro atelier – L'idea è riutilizzare e trasformare i vestiti usati – In più, si sono messe a disposizione per un progetto sociale
© CdT/ Chiara Zocchetti
Giuliano Gasperi
18.01.2023 06:00

È cominciata con un intreccio fra moda, sostenibilità e solidarietà la storia professionale di Melanie, Elisa, Franca e Charléne, quattro ragazze che dopo il diploma alla Scuola di tecnica dell’abbigliamento di Viganello hanno deciso di aprire un loro atelier. Le giovani sarte riutilizzano abiti usati per crearne di nuovi, oppure li trasformano, e alla fine è come se fossero nuovi. Il nome scelto per il loro marchio parla da solo: Dress It Again, «vestilo ancora». In tutto ciò trovano le energie anche per aiutare chi è in difficoltà, mettendosi a disposizione dell’Associazione Amélie per un corso di cucito particolare.

Confezionare un’azienda

È nato tutto due anni fa da una discussione fra ex compagne di classe. «Eravamo appena uscite dalla scuola – ricorda Melanie – ma non riuscivamo a trovare lavoro. Chiedevano tutti un’esperienza che non potevamo avere. Così si è fatto strada un pensiero: perché non creare un nostro brand?». Su come trattare i tessuti, le giovani erano preparate. Due di loro, prima della STA, si erano formate alla Scuola d’Arte e Mestieri della Sartoria, e le altre in due istituti simili nei Grigioni e nel Vallese. Nessuna, però, sapeva come mettere in piedi un’azienda. «Abbiamo passato tutta l’estate a pensarci, e a un certo punto abbiamo avuto l’idea di puntare sui vestiti di seconda mano».

Cercasi modelle e modelli

Il primo problema è stato trovare la materia prima, ma con qualche aiuto i vestiti sono arrivati. «Grazie al passaparola, diverse persone ci hanno donato i loro abiti» racconta sempre Melanie. «In più abbiamo ricevuto degli scarti, come i tessuti di jeans che ci ha dato un’azienda di sartoria». Ora le quattro sarte stanno discutendo con la Caritas, da tempo attiva nel settore. Un incontro con la Città ha invece permesso loro di trovare un luogo in cui lavorare insieme: uno spazio nella residenza Emmy. «Inizialmente ognuna di noi faceva tutto da casa con la propria macchina da cucire, poi il Comune ci ha messo a disposizione un atelier a Loreto, per il quale paghiamo un affitto sostenibile». Sono là da circa un anno, ma il lavoro da fare per avviare la «macchina» e iniziare a vendere è ancora tanto. «Ora stiamo pensando a creare e ad organizzare diverse cose, come il nostro sito Internet. Siamo anche alla ricerca di modelle e modelli». Volontari, s’intende, perché al momento il budget non permette altro.

«Di difficoltà ce ne sono – ammette Melanie – ed è normale, perché appena uscite da scuola non avevamo capitali a disposizione. Ci porta avanti la passione e la voglia di creare qualcosa di nostro. E il fatto di non avere nulla ci spinge a trovare delle soluzioni: basta restare solidi mentalmente».

Insieme ad Amélie

Oltre alla mente, però, le quattro sarte ci stanno mettendo il cuore. Melanie abita a Pregassona ed è vicina all’Associazione Amélie, attiva per aiutare e dare nuove occasioni agli abitanti del quartiere. Ne avevamo parlato il 27 dicembre nel nostro reportage su via Industria: un luogo complicato dal punto di vista dei rapporti sociali e dell’integrazione. Amélie, con l’impegno dei suoi volontari, cerca di creare e diffondere positività, solidarietà e speranza. E un’idea sul tavolo da tempo è quella di coinvolgere alcune persone nella realizzazione di accessori con pezzi di vestiti usati. Serve solo un partner che ci metta la conoscenza tecnica. O meglio: serviva. Ora c’è.

L’idea è organizzare un corso gratuito di cucito che porti alla creazione di una nuova linea, sempre con materiale riciclato. Il nome? Dress It Again With Amélie. «Vorremmo far nascere un progetto che porti del bene – spiega Melanie – e che permetta alle persone straniere d’integrarsi. Magari potremmo anche aiutarle con l’italiano, oltre che insegnar loro le basi per cucire».

Servono anche finanziatori

«Abbiamo già individuato persone che potrebbero partecipare a questi corsi» fa sapere il presidente dell’Associazione Amélie Marco Imperadore, entusiasta del progetto che sta prendendo forma e per il quale il sodalizio cerca finanziatori. «È chiaro che un’iniziativa come questa è una goccia nel mare, un mare enorme, ma noi crediamo che questa e tante altre gocce siano molto importanti. In altre parole, seminiamo piccole piantine che pian piano cresceranno». «La cosa importante – conclude Imperadore – è dare dei messaggi positivi, per tutti». 

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