L'intervista

Costi della salute: «Cosa posso fare di più? Contro le lobby è dura»

Di chi risparmia sulla propria salute e del sistema sanitario in generale parliamo con il capo del Dipartimento sanità e socialità Raffaele De Rosa
© CdT/Gabriele Putzu

Di chi risparmia sulla propria salute e del sistema sanitario in generale parliamo con il capo del Dipartimento sanità e socialità Raffaele De Rosa.

Consigliere, lei cosa si sente di dire a queste persone?
«Il tema è noto e c’è comprensione per chi si trova in tali situazioni. Si possono adottare alcune misure per evitarle, come stipulare un’assicurazione complementare, ma con l’esplosione dei premi diventa sempre più difficile. Per quanto riguarda i soccorsi d’emergenza, un’ottima soluzione, che consiglio vivamente, è diventare soci di enti come la Croce Verde o la Rega, che svolgono un servizio essenziale per il territorio. Come Cantone, tra le varie cose, garantiamo la copertura di questi costi alle persone beneficiarie di prestazioni complementari e aiuti sociali, che in tutto sono circa 33 mila».

Rimane «a rischio» chi non ha diritto ai sussidi citati, ma è comunque costretto a tenere alta la franchigia o non ha le risorse per un’assicurazione complementare.
«Se la copertura dei costi fosse ampliata a carico del Cantone, saremmo obbligati poi a risparmiare altrove, oppure andremmo a pesare sulla gestione corrente con possibili effetti fiscali. Se invece, a livello federale, la copertura venisse aumentata modificando la LAMal, ci sarebbe probabilmente un riflesso sui premi di cassa malati».

I risparmi sui soccorsi e sulle visite mediche non sono un fallimento, almeno parziale, del nostro sistema sanitario, che in una situazione di povertà crescente mostra tutti i suoi limiti?
«È giusto interrogarsi sul sistema attuale: è opaco, complesso e basato su incentivi sbagliati. Pone l’accento sulla malattia e investe troppo poco nella prevenzione, che alla fine porterebbe a risparmiare sui costi. In questo, i margini di manovra dei Cantoni sono limitati: è una questione soprattutto federale».

Sono ipotizzabili misure specifiche per alleviare il problema?
«Lo facciamo già, ad esempio sostenendo il principio della medicina di famiglia: una “porta d’entrata” che accoglie i pazienti e contribuisce al contenimento dei costi. Inoltre portiamo avanti diversi progetti di sensibilizzazione, per esempio sul consumo di droghe e alcol e sull’importanza dei controlli per la prevenzione di determinati tumori, senza dimenticare i progetti di promozione del movimento e dello sport. Progetti, questi, che riscuotono una scarsa attenzione mediatica: peccato, perché investiamo molte risorse e gli effetti positivi sono evidenti». Uno strumento già presente è l’aiuto al pagamento dei premi di cassa malati. Di recente, però, nell’ambito delle misure di risparmio, avete proposto di restringere la cerchia dei beneficiari escludendo 2.600 famiglie. Dato che il Ticino versa sussidi più alti della media svizzera (3.100 franchi contro 2.300) perché non ridurre la loro entità in modo proporzionale al reddito, piuttosto che lasciare quelle famiglie senza niente in un anno di forte aumento dei premi? «I sussidi Ripam hanno due leve: il moltiplicatore e il coefficiente del reddito. Agendo sul secondo, come era nostra intenzione, volevamo tutelare le fasce di reddito più basse. Intervenendo sul moltiplicatore, invece, si ottiene un taglio lineare, e a me non piacciono i tagli lineari, perché non tengono conto delle situazioni di ciascuno. Per lo stesso motivo non mi piacciono i sussidi a pioggia. Con le costanti, invece, possiamo calibrare i nostri interventi».

Il Parlamento ha comunque bocciato questa proposta di risparmio: la riproporrete?
«I lavori sul Preventivo 2025 sono in corso: è prematuro esprimersi. Per noi è una voce di spesa importante: siamo fra i tre cantoni svizzeri più generosi con un contributo totale di circa 400 milioni».

Riformuliamo la domanda: sarà necessario riproporre questo risparmio?
«L’ultimo preventivo ipotizzava un disavanzo di 130 milioni di franchi. In situazioni del genere, è necessario prendere in considerazione tutte le voci del bilancio».

Ma non è anche questo uno di quei tagli lineari che a lei non piacciono?
«Non ho detto “tagliare”, ho parlato di “prendere in considerazione tutte le voci di spesa” e certamente non si possono escludere quelle che hanno un impatto maggiore sui conti cantonali».

Dai suoi commenti sui continui aumenti dei premi in Ticino emerge chiaramente la sua frustrazione per il rincaro. Siamo tutti frustrati. Da lei, però, come capo della Sanità, è lecito attendersi idee, coraggio e riforme per contribuire ad avere un sistema più efficiente e giusto. Cosa può dare di più?
«Mi piacerebbe soprattutto ricordare quello che abbiamo già fatto. Insieme ad altri Cantoni avevamo promosso tre iniziative che avrebbero migliorato il sistema: una per dare più margine di manovra ai Cantoni stessi, una per sfruttare in minima parte le riserve e una per una maggiore trasparenza nei confronti del cittadino. Ci è voluto un grande impegno per convincere i colleghi, tradurre i testi in francese e tedesco e farli approvare dai rispettivi Parlamenti, ma alla fine a Berna è stata accolta solo quella sulla trasparenza. Ci siamo impegnati anche per poter pianificare in modo più incisivo il settore delle cure a domicilio, ma anche questa idea è stata rigettata a livello federale. È difficile lottare contro certe lobby. Continuiamo a lavorare su ciò che è di nostra competenza, come la pianificazione ospedaliera, la moratoria sul numero di medici e di Spitex. Tutto questo però non impedirà di vedere altri aumenti dei premi, finché il sistema nel suo complesso non verrà ripensato».

Il lavoro fatto a livello cantonale non avrà quindi alcun effetto sui premi?
«Stiamo sfruttando tutte le leve a nostra disposizione. Ribadisco: il peccato originale è nella LAMal. Finché non ci sarà la volontà di eliminare gli incentivi sbagliati e controllare, oltre alle tariffe, la quantità di prestazioni erogate, sarà difficile agire sul sistema».

Perché non riproporre le due iniziative bocciate di cui parlava? A volte, in questi casi, chi non si arrende viene premiato.
«Erano ben argomentate, ma sono state respinte. Potremmo fare delle fotocopie e rimandarle, ma a che scopo? Quando a settembre mi arrabbio, e credo di averne il diritto, non è solo per i premi, ma perché facciamo regolarmente proposte concrete e praticabili che, nella maggior parte dei casi, vengono boicottate a livello federale da chi ha più peso alle Camere».