Cracco e gli altri, quando lo scontrino diventa social
Nella bolla dei social network l’estate del 2022 è stata quella della condivisione su Instagram, ma non soltanto, degli scontrini pazzi. E anche l’inverno 2023 sta proseguendo su questa linea, soprattutto in Italia e Canton Ticino: terre unite dalla lingua ma anche da un confronto continuo dei prezzi di qualsiasi cosa, che sfiora l’ossessività non soltanto per la tradizionale benzina.
Il caffè di Cracco
Il primo filone di condivisione scontrini è quello moraleggiante, del genere «Guardate in questi posti per VIP quanto costano un’aranciata, una brioche, un risotto, eccetera». Per questo pochi giorni fa ha creato viralità, qualsiasi cosa voglia dire, il caso del caffè di Cracco. Nel senso del locale del grande chef, situato proprio nel centrissimo di Milano, in Galleria Vittorio Emanuele, che al piano terra è un bistrot (Café Cracco) mentre al primo è un ristorante di lusso. Sul web si era sparsa la notizia del caffè di Cracco a 20 euro, generando commenti degni di miglior causa, ma era tutto un fake e lo ha dimostrato il fotografo Andrea Cherchi sulla sua pagina Facebook, chiamata Semplicemente Milano, postando la foto dello scontrino del caffè preso da Cracco al banco: 1,50 euro nel centro di Milano da Cracco, circa 0,70 meno che in medio bar di Lugano, senza spingerci fino a Zurigo. La vena moraleggiante semmai può essere in parte applicata ai prezzi dei piatti del bistrot, comunque non folli, e al ristorante: 48 euro per un quasi classico risotto allo zafferano, 50 euro per l’altrettanto classica cotoletta di vitello. Molti ristoranti sul lungolago di Lugano sono in questa fascia di prezzo. Poi arriva il fenomeno che paga 15 mila euro una bottiglia di Romanée Conti dalla fornitissima cantina di Cracco e subito si scatena l’editorialista collettivo.
Denunce da Tiktoker
La scorsa estate ha fatto parlare tanto lo scontrino da 821 euro di una cena al Nikki Beach di Arzachena, in Costa Smeralda, per tre piatti più il bere e il lettino. Foto del tiktoker Gianmarco Di Ronza, scattata il 23 luglio. Non ci si può lamentare dei 275 euro per una bottiglia di Moet & Chandon Ice Brut, si può al massimo rimanere sorpresi per i 200 euro del cesto di frutta e per i 205 del lettino. Sottolineiamo «Si può», visto che i prezzi sono pubblici (perlomeno un tiktoker dovrebbe conoscerli, andando sul sito o addirittura leggendo il menu) e che chi va in un posto del genere certo non va per nutrirsi o per bere. Lo stesso Di Ronza si è guadagnato migliaia di nuovi follower con un altrettanto recente scontrino di una prima colazione nel bar della Piazzetta di Capri: tre caffè, un cappuccino, due bicchieri di latte macchiato e 6 brioche per un conto da 78 euro. Che diviso 6 persone fa 13 euro a testa, quasi una miseria per la colazione in uno dei posti più esclusivi del mondo. Colazione che ovviamente si può fare anche a casa propria, non occorre essere Briatore per denunciare non i prezzi pazzi, ma questo moralismo da quattro soldi.
Lifestyle
Il secondo grande filone è quello del lifestyle trash, di chi posta scontrini non per denunciare presunti abusi ma per sbattere in faccia a follower e amici (nel 99% dei casi coincidono) il proprio stile di vita da ricchi. Una volta almeno si fotografavano i piatti… Account privati di ticinesi sono invasi da foto di scontrini di Crans Montana e Zermatt (da notare che in questi casi le ricevute sono su richiesta), meccanismo che in Italia è quasi una scienza esatta, con una caratteristica interessante: gli influencer che esaltano il proprio tenore di vita, rivolgendosi a milioni di persone che non si possono permettere nemmeno la spesa al discount, di solito non pagano e sempre puntano a non farlo. La loro arma? Recensione critica su Instagram e soprattutto su Tripadvisor, preannunciata con i toni del ricatto. Dall’altro lato va detto che quei pochi influencer che davvero spostano qualcosa, da Chiara Ferragni a Giulia De Lellis, sono inseguiti da ristoratori, albergatori, gestori di agriturismi e così via. Ecco, loro lo scontrino non lo possono postare, ma i follower possono con un click capire quanto i loro miti avrebbero pagato in un mondo normale.
Bancomat
Il terzo grande partito dei postatori seriali di scontrini è un fenomeno quasi totalmente italiano, cioè gli scontrini postati con due diversi scenari: che si paghi con carta di credito/bancomat o che si paghi in contanti, come spesso sollecitato dal tassista, ristoratore, eccetera, con vari escamotage. Nel caso dei locali il più noto è il pre-conto, che chiunque sia una volta nella vita andato più giù di Chiasso conosce perfettamente. Il preconto altro non è che il conto scritto in caratteri invisibili su un foglio di carta qualsiasi, non su uno scontrino fiscale. A questo punto inizia la penosa trattativa, per chi è indifferente all’onestà: 100 euro se si paga con carta, 90 o anche meno in contanti. Questa denuncia del doppio binario ha il volto di Selvaggia Lucarelli, che ce l’ha soprattutto con i tassisti (ma di recente ha aperto un fronte anche con i gelatai), nell’immaginario collettivo della sinistra i rappresentanti di una destra che non ama pagare le tasse.
Com'è triste Venezia
La vittima numero uno dei cosiddetti scontrini pazzi è ovviamente il turista, che da Venezia (qualche tempo fa ha destato scalpore il «supplemento musica» nel conto di un bar in zona Piazza San Marco) in giù viene preso in giro con piatti riscaldati al microonde e dai nomi che fanno scattare l’allarme: spaghetti alla bolognese, pizza Napoli, e così via. Poco denunciato dai tiktoker, stranamente, il malcostume del doppio menu, con prezzi doppi per gli stranieri. A noi è capitato qualche anno fa in Piazza del Campo a Siena, quando sfogliando il menu abbiamo detto al cameriere: «Ma i prezzi sono il doppio rispetto a ieri», ricevendo scuse cialtrone. «Scusate, credevamo foste stranieri». Un cameriere in grado di distinguere con un’occhiata uno svizzero da un italiano per i proprietari del ristorante vale molto.
Crazy Pizza
Il nemico di moralisti e influencer di Serie B è il mitologico Flavio Briatore, che li sta facendo impazzire tutti con il suo Crazy Pizza, in cui siamo stati di recente: nulla di più di una catena di pizzerie, con sette locali nel mondo e una filosofia chiara, cioè di puntare a una clientela che voglia farsi vedere spendendo tanto ma sempre meno dello stipendio di un addetto stampa. Una margherita costa 15,5 euro (nella periferia di Mendrisio l’abbiamo pagata 20), dopodiché se uno vuole fare il fenomeno e prendere la pizza al tartufo ne esce vivo comunque con 53 euro, per quella al patanegra invece il prezzo è 67. Poi può anche postare lo scontrino, ma c’è scritto tutto sul sito. In altre parole, se il vero prezzo non è nascosto la brutta figura la fa solo il postatore di scontrini.