L'intervista

Da CSI alla realtà, la Polizia scientifica sul campo

Quanto c’è di vero in quello che nella nostra immaginazione riproduciamo con tute bianche e personale con il pennellino alla ricerca di impronte su una scena del crimine? Lo abbiamo chiesto al Commissario capo Giancarlo Santacroce, responsabile della Scientifica della Polizia cantonale ticinese
La Polizia scientifica al lavoro all'hotel La Palma au lac di Muralto dopo l'omicidio del 9 aprile 2019. © CdT/archivio
Jenny Covelli
06.08.2023 06:00

«Stanno arrivando quelli della Scientifica». «Trovati schizzi e tracce di sangue che spetterà ai periti catalogare e interpretare». Quante volte abbiamo sentito queste frasi sul grande schermo. Ma anche nelle serie TV e nei sempre più amati podcast che ricostruiscono casi di cronaca del passato. Il passaggio, in piazza Grande, di Anatomie d’une chute, di Justine Triet, offre l’occasione per capire quanto la realtà delle indagini sia simile alla finzione del racconto per immagini. Quanto c’è di vero in quello che nella nostra immaginazione riproduciamo con tute bianche e personale con il pennellino alla ricerca di impronte su una scena del crimine? Lo abbiamo chiesto al Commissario capo Giancarlo Santacroce, responsabile della Scientifica della Polizia cantonale ticinese. «Le tecniche d’indagine e i mezzi impiegati nelle serie televisive sono perlopiù consoni allo stato dell’arte e non distano molto dal vero lavoro di polizia scientifica. La differenza sostanziale è data dalle tempistiche entro le quali viene eseguito un esame forense con esito risolutivo, che permette cioè di risalire all’autore di un reato», spiega. Nelle «fiction» casi complessi vengono risolti con rapidi accertamenti che, nella realtà, necessitano «giorni di duro lavoro». Che dire dell’identificazione? Gli attori digitano un nome sul computer e con un clic appaiono impronte e profili DNA sullo schermo. Un gioco da ragazzi. «Nella realtà, per accedere a queste banche dati occorre disporre delle autorizzazioni necessarie, le verifiche richiedono tempi che forzatamente si allungano».

Dal piccolo al grande caso

Il Ticino non è certamente la Miami di Horatio Caine (CSI). Ma non mancano «casi molto interessanti e variegati», precisa Santacroce. «Il personale è altamente qualificato, il gruppo dinamico e pluridisciplinare, e possiamo contare su attrezzature di qualità». Insomma, anche nel nostro piccolo cantone «l’attivita è variegata». Il lavoro non è pianificabile, analogamente a quello di altri enti di primo intervento, e la Scientifica deve essere sempre pronta a intervenire anche per casi complessi. Fondamentali sono i rapporti con i numerosi partner a livello svizzero e «una buona gestione delle energie personali, tanto dal profilo fisico che da quello psichico».

I casi di omicidio, a differenza di quanto succede nei film, sono fortunatamente un’eccezione. Gli interventi riguardano «casi più semplici», come la costatazione di un furto con scasso, un sequestro di sostanze stupefacenti o un accertamento sull’autenticità di un documento. «Questa quotidianità basata su casi “minori” ci permette di restare costantemente aggiornati sulle tecniche di base», precisa il Commissario capo. Quando arriva il «caso più importante, gli automatismi allenati costantemente permettono di riuscire a gestire l’importante mole di lavoro senza troppo affanno, anche se con un po’ di pressione vista la posta in gioco maggiore».

La forza del «capitale umano»

Il lavoro della Polizia scientifica è cambiato negli anni. A volte la cronaca riferisce della riapertura di vecchi «cold case» irrisolti a cui le recenti scoperte potrebbero dare un apporto fondamentale. Lo sviluppo legato alle tecniche di analisi permette di sfruttare tracce minuscole per risalire all’autore di un reato. L’evoluzione nel campo informatico consente alle attrezzature impiegate per la fissazione della scena e la ricerca di tracce di ottenere immagini di migliore qualità e in tempistiche ridotte. Ma è sempre il capitale umano la vera forza di un servizio: «La tecnologia in uso può aiutare, ma non bisogna dimenticare che dietro un apparecchio c’è sempre un essere umano che deve essere formato e capace di sfruttare al meglio quello che l’attuale sviluppo tecnologico gli mette a disposizione – precisa il nostro interlocutore –. Le conclusioni di un rapporto scientifico sono sempre formulate, interpretate e contestualizzate a partire da una discussione tra esseri umani e non semplicemente delegate al risultato fornito da un computer». A tal proposito, a cinema e serie TV si può attribuire un merito: hanno saputo «veicolare un’immagine nuova della professione, facendone emergere con una certa spettacolarizzazione soprattutto gli aspetti positivi, trascurando quelli più cupi e meno scenografici». E l’attenzione dei giovani è cresciuta, sottolinea ancora Santacroce: «Nel 1988, quando mi iscrissi all’allora Institut de Police Scientifique et de Criminologie a Losanna per la mia formazione accademica, eravamo 30 allievi al primo anno. Oggi se ne contano circa 400».

Non è una scienza esatta

Ma ci sono anche delle note dolenti. Chi si è appassionato ai podcast di cronaca (anche italiana) avrà sicuramente notato che nella ricostruzione dei casi, a distanza di anni, emergono o vengono presentati errori commessi a livello forense che a volte influenzano anche il risultato in tribunale. «Quando si lavora vi è la possibilità di commettere errori – rileva il responsabile del servizio ticinese –. Noi applichiamo delle procedure standardizzate affinché il rischio venga contenuto il più possibile, ma ridurlo a zero è un compito molto arduo. Situazioni poco chiare, con la presenza di svariate tracce sui luoghi, portano sovente a speculazioni». Ma ogni errore, anche se commesso da altri, è utile alla crescita: «Ogni organizzazione che si rispetti deve far tesoro di queste situazioni e trarne gli insegnamenti necessari». Santacroce, sull’argomento, è chiaro: «La fiducia si conquista sul campo, passo dopo passo, caso dopo caso e in questi anni la Scientifica si è costruita una base solida, grazie al lavoro di un gruppo di agenti determinati e professionali. In questo senso mi sembra di poter dire che non c’è mancanza di fiducia nel nostro lavoro, anzi tutt’altro. Ma questo non vuol dire che sarà così per sempre, occorre essere consci del fatto che un singolo errore può cambiare anche repentinamente questa immagine, ragion per cui è importante lavorare con metodo, applicando alla lettera le nostre procedure interne legate al controllo della qualità».

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