Da Kekkonen a Jankto
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Il coming out di Jakob Jankto è una notizia. Non perché il centrocampista ceco abbia rivelato di essere gay, ma perché il mondo del calcio, nel 2023, ha considerato le sue parole una svolta incredibile, di quelle epocali. Eppure tanti sportivi di alto livello non hanno mai fatto mistero della loro omosessualità, è soltanto nel calcio che il cosiddetto clima da spogliatoio impedisce anche ai più coraggiosi di dire la verità. Almeno finché giocano.
Insospettabile
Il ventisettenne Jankto dopo aver parlato con il suo allenatore, il danese Brian Priske, ha anticipato la sua comunicazione social ai compagni dello Sparta Praga e poi ha scritto un post su Instagram: «Ciao, sono Jakub Jankto. Come tutti, ho i miei punti di forza e le mie debolezze. Ho una famiglia, ho i miei amici. Ho un lavoro che cerco di fare nel migliore dei modi, con serietà, professionalità, passione. Come tutti, voglio vivere la mia vita in pace, senza paura né pregiudizi. Senza violenza, con amore. Sono omosessuale. E non voglio più nascondermi». È chiaro che il problema non saranno i compagni, forse nemmeno gli avversari, ma i tifosi. Tutto da dimostrare che quelli cechi siano più illuminati di quelli che Jankto ha trovato in Italia, nelle sue sette stagioni con Udinese, dove arrivò diciottenne, Ascoli e Sampdoria. Certo da adesso in poi il ragazzo cresciuto nello Slavia Praga nel mito di Nedved e con molteplici interessi, dalla pittura (con anche i colleghi come soggetti, famoso un suo ritratto di Dybala) agli eSports in cui ha investito parte dei suoi guadagni. Un insospettabile, se così si può dire, visto che per gran parte della sua vita ha avuto relazioni con donne e con l’ex fidanzata Marketa ha un figlio di 4 anni. Insomma, nessuno aveva mai avuto sospetti su Jankto e forse proprio questo gli rendeva la segretezza insopportabile.
Kekkonen
La reazione del pubblico ceco dirà se 38 anni sono passati invano, visto che a livello di social network popolati da italiani si sono sprecate le battute sul danese Kekkonen, uno dei due stranieri della Marchigiana in Mezzo destro mezzo sinistro – 2 calciatori senza pallone (l’altro era il brasiliano Gonçalves, interpretato da Sandro Ghiani), squadra in cui la presunta stella era il centravanti Margheritoni, interpretato da un Andrea Roncato al top della forma artistica. Non era certo un film omofobo, anzi pur essendo diventato di culto il personaggio di Kekkonen era marginale, ma una onesta commedia girata in economia, sulla scia del successo di L’allenatore nel pallone: certo è che oggi il personaggio di Kekkonen non sarebbe proponibile al cinema, nemmeno di Serie B. Ma la mentalità del cosiddetto Paese reale, qualsiasi sia il Paese, è cambiata? Perché al di là del film, in cui nessuno voleva stare in camera con Kekkonen, le battute negli spogliatoi di ogni livello non sono cambiate di troppo. Certo conta anche lo spirito con cui le battute vengono dette, ma il linguaggio vero (non quello dei media) del calcio nel 2023 non è troppo diverso da quello del calcio rappresentato nel film di Sergio Martino.
Il coraggio di Collins
Certo il calcio è un mondo a parte, anche per quanto riguarda i coming out. Perché in tempi recenti nei paesi occidentali, non ci riferiamo quindi all’Iran, al Congo o alla Russia, tanti atleti di primissimo piano hanno parlato senza problemi delle loro preferenze sessuali o comunque non le hanno nascoste. Solo per stare su grandi campioni di questo millennio si possono citare da Tom Daley a Caster Semenya, da Ian Thorpe a Carl Nassib (primo giocatore NFL in attività a farlo), da Luke Prokop (primo NHL) ad Amelie Mauresmo, da Emile Griffith a Brian Boitano a tanti altri. Tutti gli sport sono rappresentati. Andando più indietro si arriva a Billie Jean King, Martina Navratilova, Greg Louganis… La realtà dei fatti dice che per chi è donna e per chi pratica uno sport individuale vivere liberamente la propria vita è più facile, mentre chi si deve confrontare con un ambiente maschile, quando non addirittura machista, ci pensa duecento volte prima di dire la verità. Per questo il premio al coraggio va probabilmente dato a Jason Collins, che nel 2013 fece un coming out da giocatore NBA a pieno titolo. Era appena passato dai Boston Celtics agli Washington Wizards, ed annunciò tutto con un articolo su Sports Illustrated. Quasi uno shock per i colleghi, abituati a provocare gli avversari con il cosiddetto trash talking, quasi sempre con offese di tipo sessuale, da «Giochi come una signorina» in su.
Il tempo di Rivera
Il calcio è però un mondo a parte, in ogni senso. Il primo giocatore di una certa fama a rivelare di essere gay fu Justin Fashanu, fratello del più famoso John che per questo ed altri motivi quasi lo rinnegò: sta di fatto che la confessione di Justin, non sorprendente (per la sua frequentazione di locali gay ebbe più di un litigio con gli allenatori, in particolare con Brian Clough) non piacque agli addetti ai lavori del calcio inglese e che lui entrò in una spirale di depressione. A 37 anni si impiccò. Anche per questo precedente drammatico tra Fashanu a Jankto non ci sono stati troppi casi al maschile: tanti nomi di secondo piano e qualcuno di famoso, come l’ex nazionale tedesco Thomas Hitzlsperger, ma soltanto dopo il ritiro, a distanza di sicurezza da tifosi e colleghi. Al femminile molte giocatrici famose, su tutte Megan Rapinoe, si sono fatte meno problemi anche in piena attività, facilitate dal fatto che in molti spogliatoi l’omossesualità sia percentualmente molto più alta che in altri ambienti. Ultime arrivate, nel coming out, le juventine Linda Sembrant e Lisa Boattin, che hanno raccontato la loro relazione subito dopo il post di Jankto. Ma le reazioni di queste ore, paradossalmente più quelle in cui si fanno complimenti a Jankto, sono indicative di una mentalità rivelata fra gli altri anche da Gianni Rivera: «Ai miei tempi non c’erano calciatori gay». In realtà ce ne sono di famosissimi e in piena attività, ma come il fuoriclasse del Milan la pensano anche molti calciatori di questi tempi. Kekkonen rimane un personaggio attuale.