L’intervista

Dadò: «Uniamo le forze contro moralisti e denigratori»

Il presidente del PPD cantonale a ruota libera sulla congiunzione con il PLR in vista delle federali e non mancano nemmeno i rimproveri agli schieramenti di sinistra e destra
Fiorenzo Dadò. (Foto Reguzzi)
Gianni Righinetti
23.08.2019 06:00

Domenica il PPD terrà la classica festa dell’alpe abbinata al congresso in vista dell’appuntamento elettorale. Ma lo sguardo del partito è già rivolto da tempo all’autunno, al 20 ottobre, la domenica delle elezioni federali. L’estate alle spalle ha visto il Comitato cantonale del PLR accogliere ad ampia maggioranza la congiunzione con i popolari democratici. Per il presidente del PPD Fiorenzo Dadò quella è stata un’ottima notizia, dato che il suo partito non potrebbe dormire sonni tranquilli correndo in solitaria, alla luce delle congiunzioni sul fronte destro (Lega-UDC) e sinistro (PS-Verdi-Sinistra alternativa).

Iniziamo dalla fine. Fiorenzo Dadò sarà un presidente soddisfatto se il 20 ottobre nella corsa al Consiglio nazionale e successivamente a quella agli Stati l’area PLR-PPD-PVL raggiungerà quale risultato?

«L’alleanza di centro tra PPD, PLR e Verdi liberali ha come obiettivo una politica positiva e costruttiva, attraverso la riconferma dei sei seggi attuali, ossia due consiglieri nazionali per il PPD e due per il PLR, nonché i consiglieri agli Stati Filippo Lombardi e Giovanni Merlini. Questo è il risultato al quale puntiamo, ma non è scontato. La base PPD dovrà darsi molto da fare se desidera che il partito mantenga le sue posizioni».

Avete optato per una congiunzione al centro, ma l’avversario più temuto per voi sta a destra o a sinistra?

«Noi non lavoriamo contro, non abbiamo attaccato nessuno e pertanto non abbiamo avversari da combattere. La congiunzione tecnica tra i partiti di centro è stata necessaria proprio perché è in atto un attacco senza precedenti, violento e denigratorio nei nostri confronti, sia da destra che da sinistra. Starsene immobili mentre gli altri uniscono le forze contro di te sarebbe stato poco avveduto».

Cosa non sopporta di quanto vede nella lista della sinistra classica, di quella radicale e dei Verdi?

«Non sopporto il moralismo da primi della classe e il catastrofismo tipico della propaganda populista di sinistra, come se tutto stesse andando a catafascio e quello fatto sino ad oggi dagli altri fosse tutto sbagliato. La Svizzera ha certo dei problemi che tutti assieme dobbiamo risolvere ma rimane pur sempre all’avanguardia ed è uno dei migliori Paesi al mondo in cui nascere. La nostra forza come svizzeri è sempre stata la concordanza, il dialogo, il sano confronto delle idee, non l’esasperazione e la denigrazione».

E cosa vuole rimarcare nei confronti dello schieramento Lega-UDC?

«Lega e UDC hanno messo in piedi una propaganda monotematica e denigratoria sull’Europa inventandosi favole sul conto dei nostri partiti che sarebbero addirittura favorevoli all’adesione. Ma pensa te. Con una propaganda aggressiva e della paura cercano di far credere alla popolazione che gli unici con il pedigree svizzero e degni di fiducia siano loro. Nulla di più ridicolo. Le nostre famiglie sono svizzere da sempre, amiamo il nostro Paese e lo difenderemo con i denti e con le unghie dalle ingerenze e dagli attacchi esterni. Anch’io sono contrario alla libera circolazione e favorevole ai contingenti dei frontalieri, tuttavia prediligo il dialogo e l’ascolto senza denigrare le motivazioni di chi la pensa diversamente. Noi difendiamo non a slogan ma concretamente la bandiera svizzera e i bisogni della gente attraverso proposte praticabili, come ad esempio l’iniziativa popolare contro l’aumento dei premi di cassa malati, che è uno dei problemi principali della popolazione e per il quale l’UDC a Berna non fa assolutamente nulla».

La vostra congiunzione ha fatto discutere molto all’interno del PLR, mentre non ha suscitato (a livello pubblico) reazioni da parte di esponenti del PPD. Come lo spiega?

«In diversi Cantoni la congiunzione tecnica tra i due partiti è assodata da tempo. In Ticino il discorso è nuovo e richiede il suo tempo. Nonostante qualche avvicinamento già avvenuto in passato, finora non si era ancora riusciti a concretizzare nulla. Per quel che ci riguarda, nel 2018 abbiamo promosso un sondaggio presso migliaia di aderenti, anche per capire se vi fosse una disponibilità a valutare questa collaborazione. Nel PLR la resistenza sembra un po’ maggiore, anche se il comitato ha dato un responso molto chiaro».

Diciamolo un po’ fuori dai denti: avete optato per una mossa della disperazione, consci che il vostro secondo seggio in Consiglio nazionale è fortemente a rischio?

«Mi sa dire perché per noi dovrebbe essere una mossa dettata dalla disperazione, mentre per gli altri, Lega, UDC, Verdi, socialisti, comunisti, estremisti di sinistra eccetera, si tratterebbe invece di un’alleanza naturale, scontata e magari addirittura programmatica? La nostra è una congiunzione tecnica fra tre partiti di centro che condividono un modo sano e propositivo di far politica. L’obiettivo è di mantenere l’attuale forza contrattuale del Ticino a Berna attraverso l’elezione di una deputazione ticinese coesa sui temi importanti per il Cantone. Se la prossima compagine sarà invece sfilacciata e composta da persone agli estremi che si guardano in cagnesco, purtroppo il Ticino a Berna, per i prossimi anni, conterà meno del due di picche».

Facciamo un’ipotesi ottimistica per lei: voi confermate le vostre posizioni e il PLR pure. A quel punto i due partiti storici saranno «condannati» a cooperare a tutto campo, anche sul piano cantonale?

«No. Siamo stati chiari sin dall’inizio. Questa è una congiunzione tecnica, non un matrimonio. Ogni partito ha una sua storia, dei valori che lo caratterizzano e mantiene la più completa indipendenza, sia a livello cantonale che nei comuni. Detto questo, è chiaro che se si riuscirà a collaborare bene in questa fase, poi verrà facilitato anche il dialogo sui temi più importanti per il Cantone».

Le discussioni ancora in atto tra i liberali radicali non rischiano di fare crescere lo scetticismo?

«Le discussioni sono importanti, ognuno deve poter esprimere liberamente la propria opinione. C’è spesso da imparare, soprattutto da chi esprime un pensiero diverso dal proprio. Poi, dopo il dibattito, occorre unirsi e combattere tutti assieme per raggiungere l’obiettivo che ci siamo prefissi, nell’interesse di tutto il Ticino e del suo futuro».

Ha parlato con Bixio Caprara di quanto sta avvenendo nel PLR o, semplicemente, non sono questioni che la riguardano?

«Con Bixio ho un buon dialogo, non abbiamo nessuna difficoltà a confrontarci anche su questo. Il nostro ruolo è più complesso di quanto si possa immaginare».

Veniamo al congresso popolare democratico di domenica in Leventina. Cosa dirà nel suo discorso? Il PPD che partito vorrà essere in futuro, dove andrà a convergere la vostra azione politica?

«Non farò un discorso roboante e condito da massimi sistemi ma sarà pragmatico e riferito all’attualità. Il PPD è un partito che ha contribuito con serietà al successo della Svizzera attraverso una politica responsabile e propositiva, incentrata sui bisogni concreti della gente. In questo momento, come gli altri partiti di centro, è sotto attacco da parte degli estremisti di destra e di sinistra. Attraverso una propaganda denigratoria si cerca con ogni mezzo di fomentare paure e screditare la politica costruttiva del dialogo che ha fatto il successo del nostro Paese. È questa la vera sfida che ci attende e per la quale occorre unire le forze».

Ci tolga una curiosità: com'è possibile che un presidente tanto focoso come lei ora sia diventato tanto tranquillo?

«Dipende dal tema e dalle circostanze. Pur senza esagerare, a volte occorre farsi sentire con vigore. Altre, invece, deve prevalere il motto “pugno di ferro in guanto di velluto”».

Cos’ha la coppia Fabio Regazzi e Marco Romano che non si trova in altri schieramenti politici?

«Sono due politici seri, che si sono impegnati e hanno ottenuto buoni risultati per il nostro Cantone. Sia Regazzi che Romano, contrariamente ad altri, in questi quattro anni hanno partecipato assiduamente a tutti gli impegni federali per i quali sono stati eletti dai ticinesi. È di questo tipo di impegno che il Ticino ha bisogno».

Ritiene credibile che i due, notoriamente non propriamente amiconi e allineati, oggi dicano di voler condurre una campagna senza tensioni e strappi?

«Regazzi e Romano, come detto, hanno lavorato bene a favore del Ticino. In politica contano i risultati concreti non le feste che i deputati fanno insieme».

E Filippo Lombardi si presenta per il sesto mandato. Sono oggettivamente tanti. Ma a chi sostiene che sono anche troppi come replica?

«Lombardi è oggi il deputato ticinese più influente a Berna, ha molti contatti sia a livello nazionale che internazionale, ha energia da vendere ed è ancora in piena attività. Visti gli importanti dossier sul tavolo, per i quali il Ticino dovrà darsi molto da fare, gli abbiamo chiesto di restare, perché riteniamo che il suo contributo potrà essere molto importante per tutta la comunità».

Per lei, da presidente, le elezioni federali sono all’insegna del motto «o la va o la spacca»?

«Le elezioni cantonali per il PPD sono andate bene, ma il buon risultato è stato possibile grazie alla costanza e all’incisività delle proposte fatte, associate ad un duro lavoro di squadra. Lo stesso discorso vale per le elezioni federali. I buoni propositi non bastano e il rischio di perdere qualche pezzo per strada è molto alto. Usciremo vincenti solo se nessuno sottovaluterà la posta in palio e soprattutto se tutti faranno attivamente la loro parte».