Dalla prima telefonata cinquant'anni fa a oggi, ecco l'evoluzione del «telefonino»
Una chiamata. La prima, in assoluto, da un telefono cellulare. A digitare il numero, il 3 aprile del 1973, cinquant’anni fa, fu un ingegnere di Motorola. Marty Cooper, già. Dalla Sixth Avenue, a Manhattan, conosciuta anche come Avenue of the Americas, telefonò a Joel Engel, suo rivale ai Bell Labs di AT&T.
«Ti sto chiamando da un telefono cellulare» disse, come riporta l’Economist. «Un vero cellulare portatile, nelle mie mani». Il prototipo si chiamava DynaTAC. A differenza degli altri modelli presenti sul mercato, non doveva essere collegato a un’automobile per funzionare.
«Il denaro non dorme mai»
Il telefono venne (quasi) subito ribattezzato The Brick, il mattone. Rivoluzionò le comunicazioni e le relazioni personali. Diventò, ovviamente, oggetto di culto. Anche perché, in un certo senso, il suo arrivo venne anticipato da fumetti, letteratura e fantascienza. Cooper, ribadisce l’Economist, affermò di essersi ispirato dalla radio da polso indossata nel 1946 da Dick Tracy, ad esempio. Ma il suo arrivo, leggiamo, aprì nuove, importanti possibilità a cinema e televisione. Per un motivo banale, ancorché fondamentale: grazie al cellulare, infatti, i personaggi potevano parlarsi da qualsiasi luogo. E in qualsiasi momento.
La storia dei telefoni cellulari, ripercorrendola, ci dice che i primi modelli commerciali arrivarono nei primi anni Ottanta. Per forza di cose, erano accessibili a una fascia alta, molto alta della popolazione: i ricchi. E il cinema, non a caso, lo inserì in pellicole incentrate proprio sui soldi. Una su tutte: Wall Street, anno di grazia 1987. Ricordate la scena in cui il protagonista, Gordon Gekko al secolo Michael Douglas, telefona a Bud Fox all’alba per dirgli che «il denaro non dorme mai», aggiungendo di aver appena guadagnato 800 mila dollari «con l’oro di Hong Kong». Il modello adoperato, per la precisione, era un Motorola DynaTAC 8000X. Nel 1984 costava 4 mila dollari, più o meno 12 mila dollari ai giorni nostri.
Lo stesso mattone-telefono fa la sua apparizione, più volte, in American Psycho, uscito nel 2000 ma ambientato negli edonistici anni Ottanta, teatro delle scorribande e delle follie di uno yuppie assassino, Christian Bale.
Negli anni Novanta, addirittura, le aziende produttrici di telefoni cellulari si piegarono alle richieste del cinema: la Nokia, per dire, modificò il suo iconico 8110 appositamente per il primo Matrix (1999). Ericsson, invece, diede una mano a Q, l’assistente di James Bond con una passionaccia per gadget esplosivi, in Tomorrow Never Dies (1997). Il telefono, infatti, fungeva anche da telecomando touch-pad per l’auto. Ci preme ricordare, fra gli altri, anche Tom Cruise che urla «coprimi di soldi» nel seminale Jerry Maguire (1996).
Da oggetti nei film a oggetti per fare film
Se è vero che il cinema e la televisione hanno aiutato i telefoni cellulari a imporsi sul mercato, è altrettanto vero che – ora – gli smartphone di ultima generazione stanno imponendosi sempre più come strumento tecnico per alcuni registi. Steven Soderbergh, volendo citare il nome più famoso, girò Unsane nel 2018 e High Flying Bird nel 2019 usando un iPhone.
A noi nostalgici, ad ogni modo, piace ricordare il Motorola DynaTAC 8000X. Le cui caratteristiche, oggi, fanno sorridere, mentre all’epoca rappresentavano il non plus ultra della tecnologia: 30 minuti di chiamate, possibilità di memorizzare 30 numeri e «solo» 10 ore per ricaricare le batterie. Assomigliava, certo, a un walkie-talkie ma piacque tanto, tantissimo. Al punto che le richieste superarono, e di molto, le aspettative.
«Ma oggi lo guardiamo troppo»
La storia del primo cellulare, in fondo, è una storia di intuizioni geniali e imperi che, perso il treno, finiscono per sgretolarsi. La statunitense AT&T, all’epoca un colosso, nel 1969 chiese alla Commissione federale per le comunicazioni l’uso esclusivo dello spettro per avviare un sistema telefonico wireless nazionale. Tuttavia, disse al governo che si trattava di un progetto marginale e di poco conto. Il cellulare, insomma, sarebbe stato solo un’estensione dell’autoradio e nessuno avrebbe rinunciato al telefono fisso.
Cooper, al contrario, aveva un pensiero diverso. E decisamente più moderno. Detto che trasse la sua ispirazione da Dick Tracy, a spingerlo ulteriormente furono le radio alla cintura dei poliziotti e i cercapersone che usavano medici e infermieri. «Per la AT&T Bell, tutto andava concepito in funzione del cavo» scrisse Cooper nel suo libro di memorie. «Per me e Motorola, la visione e l’obiettivo finale erano guidati da una logica diversa: quella della radio e della libertà che implicava». Proprio perché «le persone si connettono con le persone, non con i luoghi».
La Nokia, negli anni Novanta, raccolse il testimone diventando leader del settore con oltre 100 milioni di esemplari fabbricati. Il 3310, ancora oggi, è considerato un telefono indistruttibile. E poi il Blackberry 850, lo StarTac di Motorola – pure lui apparso in molti film, fra cui 8mm - Delitto a luci rosse con Nicolas Cage – ovviamente gli smartphone odierni, con l’iPhone in testa.
Di sicuro, Cooper mai avrebbe pensato che il suo DynaTAC si sarebbe trasformato, con gli anni e l’evoluzione tecnologica, in un oggetto fondamentale per la nostra quotidianità, grazie al quale possiamo guardare (o girare) film, navigare, cinguettare, fare shopping e pure «comandare» le nostre case. «Le persone che hanno uno smartphone lo guardano troppo, si sono fatte prendere» disse Cooper al riguardo. «Sono sconvolto quando vedo qualcuno che attraversa la strada e guarda il telefono, ma bisogna avere fiducia nell’umanità, e io ce l'ho. Gli esseri umani prima o poi ci arrivano».