Dalle zone d'ombra ai probiotici: ecco come gli scienziati cercano di salvare i coralli
Il cambiamento climatico colpisce ovunque. Anche nei punti, di fatto, più nascosti. Minacciando, va da sé, non solo gli esseri umani. Ne è la prova il riscaldamento degli oceani che, ormai da qualche tempo, sta mettendo a dura prova la sopravvivenza dei coralli. Le temperature dell'acqua in diversi punti del nostro pianeta hanno raggiunto livelli record, e questo compromette notevolmente la biodiversità dell'ambiente marino. Ragione per cui, gli scienziati stanno cercando di correre ai ripari. E, nel caso dei coralli, in modo anche piuttosto fantasioso.
La situazione, di fatto, è piuttosto urgente. Quando una barriera corallina è sotto pressione a causa delle alte temperature, rivelano gli esperti, esistono poche, pochissime soluzioni. Basti pensare che è bastata una sola ondata di caldo estremo per sbiancare un numero elevato di coralli al largo delle coste della Florida meridionale. Sorte che, a detta della National Oceanic and Atmospheric Administration, potrebbe interessare anche parte della barriera corallina dei Caraibi.
Al momento, il rimedio più facile per evitare il peggio è per lo più stato quello di spostare i coralli che si trovano in zone colpite da forti ondate di calore. Sulla terraferma o più in profondità, dove l'acqua è più fresca. Da qualche tempo, però, la sfida è diventata un'altra. Ossia, quella di garantire la sopravvivenza a questi invertebrati marini anche nelle aree in cui l'oceano è più caldo.
Dall'ombra all'acqua fredda
Le tecniche utilizzate, di cui parla dettagliatamente il Washington Post, sono tante. Diverse e, per certi versi, bizzarre. La prima fra tutte è quella di isolare i coralli in una zona d'ombra, al riparo dall'esposizione ai raggi solari e dal calore, colpevoli del loro sbiancamento. Per fare ciò, secondo le prime indagini dei ricercatori, sarebbe opportuno servirsi di appositi teli. Che, secondo i primi test, con un livello di ombreggiatura tra il 30% e il 50%, in particolare nelle ore centrali della giornata, quando l'acqua è più calda, dovrebbero aiutare a tamponare la situazione, evitando il peggio. Anche se, con qualche limite. In caso di temperature troppo alte troppo a lungo, l'effetto di questi teli potrebbe risultare quasi nullo. Inoltre, queste strutture ombreggianti hanno dimensioni particolarmente contenute, e possono quindi essere utili solo per aree limitate. Senza considerare che la loro manutenzione e la loro pulizia — una volta alla settimana — richiedono un tempo considerevole.
Niente paura, però. Sì, perché l'ombra è solo la prima delle diverse soluzioni alternative messe a punto dagli scienziati negli ultimi mesi. La seconda tecnica prevede infatti di riprodurre una nebbia marina artificiale, e potrebbe essere usata su più larga scala, coprendo porzioni modeste di oceani. Per dirla in altre parole, l'idea è quella di produrre una nebbia, «fogging» simile a quella naturale che si trova sull'oceano, grazie a delle specifiche macchine, montate sulle barche. In questo modo, ancora una volta, si potrebbe isolare il calore, proteggendo i coralli. Una soluzione più efficace, per certi versi, rispetto a quella precedente, ma anch'essa con dei limiti. Uno fra tutti, il vento. Che, se troppo forte, potrebbe ostacolare i tentativi di diffondere la nebbia su specifiche aree dell'oceano.
La terza soluzione? Quella di sviluppare dei probiotici da somministrare ai coralli, col tentativo di stimolarli a sopportare meglio le temperature più calde. E non solo. A questa tecnica si pensa possa essere utile combinare anche l'aumento di cibo. Già, perché quando i coralli si sbiancano, a detta degli esperti, stanno effettivamente morendo di fame. Un «cocktail di medicine», unito ad un buon pasto, per dirla in altre parole, potrebbe quindi aiutare gli invertebrati marini a riprendersi.
Ultima, ma non meno importante, è la possibilità di salvare i coralli ricorrendo all'acqua fredda. Non spostando i coralli, come già accaduto in passato, ma piuttosto provando a raffreddare le aree in cui si trovano. La tecnica consisterebbe nel mescolare dell'acqua più fresca dove l'oceano è più caldo, abbassando la temperatura. Tuttavia, si tratta di un procedimento che, anche in questo caso, potrebbe risultare utile in zone limitate. Dove l'acqua non si muove molto e le forti correnti non rischierebbero di rimescolare le acque, rendendo vano ogni tentativo di salvare i coralli.