Dall'inizio del conflitto 33 giornalisti hanno perso la vita
Anche il giornalismo sta pagando un tributo molto alto, in termini di vite umane, alla guerra tra Israele e Gaza. Il Committee to Protect Journalists (CPJ, Comitato per la protezione dei giornalisti), ONG indipendente fondata a New York nel 1981 e attiva nella difesa della libertà di stampa e dei diritti degli operatori dei media in tutto il mondo, ha diffuso il suo primo rapporto sui giornalisti uccisi, feriti, detenuti o dispersi dal 7 ottobre scorso nelle zone di conflitto. Secondo il CPJ, finora sono almeno 33 i cronisti morti nella Striscia di Gaza: 28 palestinesi, 4 israeliani e 1 libanese. I giornalisti feriti sono invece 8, quelli dichiarati dispersi o arrestati 9.
«I giornalisti sono civili che svolgono un lavoro importante durante i periodi di crisi e non devono essere presi di mira dalle parti in conflitto - ha commentato Sherif Mansour, coordinatore del programma Medio Oriente e Nord Africa del CPJ -. I giornalisti di tutta la regione stanno facendo grandi sacrifici per coprire questo conflitto straziante. Quelli di Gaza, in particolare, hanno pagato, e continuano a pagare, un tributo senza precedenti e affrontano minacce esponenziali. Molti hanno perso colleghi, famiglie e strutture mediatiche e sono fuggiti in cerca di sicurezza quando non c’è un rifugio sicuro o un’uscita».
Sia la Reuters sia la France Presse, tra le pochissime agenzie di stampa occidentali a garantire la copertura degli eventi con propri inviati sul terreno, hanno ricevuto dalle Forze di difesa israeliane (IDF) una lettera in cui si spiegano i motivi che rendono impossibile garantire la sicurezza dei giornalisti nella Striscia di Gaza. La lettera è giunta dopo che entrambe le agenzie avevano chiesto rassicurazioni sul fatto che i giornalisti non sarebbero stati presi di mira da attacchi israeliani. «L’IDF sta tentando di colpire le attività militari di Hamas in tutta Gaza - si legge nella lettera -, ma la stessa Hamas ha deliberatamente condotto le proprie operazioni nelle vicinanze di giornalisti e civili. Per questo non possiamo garantire la sicurezza dei vostri dipendenti e vi esortiamo vivamente a prendere tutte le misure necessarie per la loro sicurezza».