Calcio

Dembélé sogna una notte da re nel nobile Parco dei Principi

Nella sfida di cartello di questa sera, il Paris Saint-Germain sfida il Liverpool con un’arma devastante - Il francese, considerato per anni un giocatore fumoso, da qualche mese è inarrestabile anche grazie alle mosse di Luis Enrique
©Epa/Yoan Valat
Alex Isenburg
05.03.2025 06:00

«Potrebbe essere una finale». L’ha presentata così, Luis Enrique, la succulenta sfida odierna tra il suo Paris Saint-Germain e il Liverpool di Arne Slot. Questa sera, infatti, i riflettori sono tutti puntati sul confronto tra i padroni di casa - assoluti dominatori della Ligue 1 e impostisi in 15 delle 16 gare giocate nel 2025 - e la capolista indiscussa della Premier League, capace anche di chiudere al primo posto la fase a campionato della maggior competizione continentale. Insomma, come direbbero gli stessi parigini, si è di fronte alla cosiddetta «crème de la crème» e come sempre in queste circostanze - quando ad affrontarsi sono i migliori di tutti - ci si attende dei protagonisti all’altezza della situazione.

Destinato a grandi cose

Da una parte, allora, è lecito aspettarsi che salga in cattedra il solito Mohammed Salah. Dall’altra, invece, negli ultimi mesi tiene banco un nome e uno soltanto: Ousmane Dembélé. È proprio lui, infatti, il volto offensivo più scintillante del nuovo progetto targato PSG, ossia quello basato sui giovani e ancor meglio se francesi. Non una scelta sorprendente, verrebbe da dire a qualcuno, considerando che Dembélé - con un costo del cartellino pari a 135 millioni di euro nel suo passaggio dal Borussia Dortmund al Barcellona - è stato il terzo acquisto più oneroso della storia del calcio. Beh, in realtà, visto quale è poi effettivamente stato il suo percorso, trovarlo a questi livelli, ora, stupisce assai.

Da esterno tremendamente inconcludente, il transalpino si è trasformato in un attaccante a tutto tondo dalla straordinaria efficacia. Ormai 27.enne - e verosimilmente responsabilizzato anche dalla partenza di Mbappé - il capocannoniere del campionato francese sta finalmente sfruttando quello che è sempre apparso come uno straordinario talento. Già ai tempi del Rennes - prima di provare l’esperienza tedesca con la maglia del BVB - le caratteristiche tecniche particolari del nativo di Vernon erano ben note e suscitavano interesse. In una celebre intervista, Dembélé si professava un giocatore mancino, ma poi - una volta domandatogli come mai tirasse i rigori con il destro - aveva altresì rivelato di calciare meglio proprio con l’altro piede. L’attaccante ora al PSG, dunque, è perfettamente ambidestro e finalmente sembra saper sfruttare appieno questo vantaggio, tanto che è divenuto in grado di segnare con incredibile regolarità con entrambi i piedi.

Da ala a centravanti atipico

Un altro aspetto, inoltre, da tenere in considerazione, è quello relativo alla sua posizione in campo. Sì, perché, come accennato, la sua zona di competenza è sempre stata la fascia. Da una parte o dall’altra, ma costantemente confinato agli estremi del manto erboso. Ad oggi, invece, non è più così, come ci conferma anche il redattore di «Paris United» ed esperto di calcio transalpino, Yacine Hamened. «Sì, adesso viene impiegato anche centralmente nel reparto offensivo del Paris Saint-Germain. In pochi francamente - prima che Luis Enrique effettuasse questa mossa - pensavano che ciò sarebbe stato possibile. Tuttavia, grazie alla sua capacità di spaziare per tutto il fronte d’attacco riesce a essere una minaccia costante per le difese avversarie ma non bisogna, per l'appunto, pensare a un centravanti classico. Dembélé è molto bravo nello sfruttare il gioco diretto che attua la sua compagine, così come approfitta dei continui scambi di posizione che si creano in modo sistematico con Barcola, Kvaratskhelia o Doué».

Inoltre, lo stile di vita a dir poco discutibile - che nel suo periodo in blaugrana aveva fatto assai discutere, tra notti insonni passate a giocare ai videoghiochi e un’alimentazione tutt’altro che professionale farcita di cibo spazzatura - sembra essere cambiato positivamente. Queste abitudini, che in realtà aveva già quando risiedeva in Germania - tanto che dovette perfino pagare una profumata multa per le terribili condizioni in cui aveva lasciato la sua vecchia abitazione - a Parigi non si sono riproposte. «È vero, anche perché nel frattempo si è sposato e peraltro è divenuto padre. I vizi della gioventù, dunque, sono spariti - ci ha detto Hamened - ora ha una vita più stabile al di fuori del terreno da gioco. Questo, poi, lo aiuta anche a livello fisico e non è un caso che adesso non subisce praticamente più infortuni, soprattutto quelli a livello muscolare, che prima lo attanagliavano».

La saggia guida di Luis Enrique

Una parte del merito, della rinascita di Dembélé, non può quindi che essere riconosciuta a Luis Enrique. Tecnico con il quale, a dire il vero, soltanto sei mesi or sono i rapporti non parevano idilliaci. A causa di un «Problema di impegno e un mancato rispetto degli obblighi», l’iberico aveva escluso Dembélé, per il match contro l’Arsenal, dai convocati. Questa mossa - a detta dello stesso allenatore, è storia di qualche settimana fa - sembra aver dato i suoi frutti. «Fui molto criticato, ma credo sia stata la miglior decisione dell’anno che ho preso. Quell’episodio è stato molto importante».

In lui, va detto, Enrique aveva sempre riconosciuto qualcosa di speciale tanto da definirlo - poco dopo il suo arrivo a Parigi nel luglio del 2023 - «Il giocatore capace di influenzare maggiormente il gioco in tutto il mondo». In diversi, a suo tempo, avevano storto il naso. Ora, tuttavia, le sue qualità sono sotto gli occhi di tutti e le recenti statistiche - sia in campionato, con 13 gol nelle ultime 9 partite giocate, sia in Champions League, con 6 centri in 8 match - gli hanno dato ragione.

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