Processo

Dietro ai (falsi) investimenti forex e cripto, un buco tappa buco

Tre anni a un sedicente trader 33.enne italiano che ha danneggiato il patrimonio di 66 investitori per quasi due milioni di franchi - Prometteva rendimenti astronomici, ma in realtà ha speso gran parte dei soldi per fare la bella vita
Federico Storni
25.10.2024 19:11

Se il prospettato rendimento dell’investimento è indicato fra il 14 e il 35%, dovrebbe levarsi campanelli d’allarme. Si tratta di un rendimento alto, altissimo. Estremamente rischioso, nella migliore delle ipotesi. Eppure almeno 66 persone - tante ne figurano sull’atto d’accusa stilato dal procuratore pubblico Nicola Borga - le sirene non le hanno ascoltate e hanno scelto di fidarsi di un sedicente trader e della sua società con sede a Paradiso, affidandogli i loro soldi. Oltre 2,5 milioni in tutto. È finita che due milioni il trader li ha utilizzati per sé e che il mezzo milione ritornato ai suoi clienti proveniva piuttosto dalla compravendita di criptovalute, un’attività che non aveva nulla a che vedere con quella prospettata ai suoi clienti. Le vittime sono in gran parte giovani italiani, e anche l’uomo condannato oggi con rito abbreviato dalla Corte delle assise criminali presieduta dal giudice Mauro Ermani non è attempato: 33 anni, italiano, difeso dall’avvocato di fiducia Marco Morelli, reo confesso. Gli sono stati inflitti tre anni, in parte da scontare al termine di un processo svolto nella forma del rito abbreviato. È incarcerato dallo scorso novembre, sarà liberato fra poco. Non è stato espulso ma ha espresso l’intenzione di lasciare la Svizzera.

S’intravede la piramide

Seppure si muova in ambiti tecnici e specifici (il forex trading altro non è che una forma di cambio valutario che consiste nella conversione di una valuta in un’altra nella speranza di ottenere un profitto), l’operazione ha lo sviluppo classico del buco tappa buco, con una punta di schema piramidale: fra i primi che hanno investito c’è infatti anche chi ne è uscito con profitto. Ma a un certo punto i soldi non sono più stati restituiti e sono arrivate le prime segnalazioni in Procura, che ha così «soffiato» il caso ai colleghi italiani, che pure hanno aperto delle indagini a Brescia sul 33.enne per abusivismo finanziario. Particolare il fatto che le vittime siano generalmente giovani sui vent’anni, la fascia d’età peraltro più attiva negli ambiti in cui è avvenuta questa storia. Che non definiremo truffa perché nemmeno lo ha fatto il procuratore Borga. Tale qualifica giuridica avrebbe comportato un’ipotesi di pena più pesante, ma anche la conferma per ogni investitore dell’esistenza dell’inganno astuto. E la cosa non sarebbe stata scontata, come ha peraltro fatto notare il giudice Ermani: «Le proposte fatte agli investitori sembrano piuttosto insensate: avrebbero dovuto fare accendere qualche lampadina». Con l’ipotesi di appropriazione indebita è però stato possibile evitare tale analisi e soprattutto ottenere che i danneggiati fossero in parte rimborsati, nella misura di un decimo circa. In questo senso è stata importante anche la collaborazione dell’imputato, che ha dato agli inquirenti le chiavi dei suoi portafogli virtuali per le criptovalute, cosa che ha permesso di ricostruire dettagliatamente i flussi di denaro, complice anche il lavoro certosino dei professionisti attivi in seno all’autorità giudiziaria.

Le bugie

A proposito di criptovalute, è in quest’ambito che l’imputato avrebbe fatto i pochi e pallidi tentativi di trading promesso. Gran parte dei soldi in realtà sono andati dritti nelle tasche sue e e della sua compagna, mentre gli investitori erano rassicurati sul buon andamento degli investimenti tramite dei grafici sulle proprie pagine personali di un sito poi posto sotto sequestro dal Ministero pubblico. Peccato che quei grafici non avessero alcuna relazione con la realtà. Non si è trattato peraltro dell’unica bugia detta dall’imputato, che fra le altre cose ha falsamente riferito di aver gestito a Dubai i soldi della famiglia reale di quello Stato, di essere proprietario di aziende di mining di criptovalute in Siberia e nel Kentucky, e di possedere un immobile di pregio a Lugano.

Spese pazze

E, se non possedeva l’edificio di pregio, di certo con i soldi dei suoi clienti il 33.enne viveva nel lusso: fra cauzione e pigioni negli undici mesi precedenti l’arresto lo scorso novembre ha versato oltre 115.000 franchi per un appartamento che - in vista del Natale 2022 - ha addobbato spendendo 17.000 franchi. La macchina era una Lamborghini, c’era un piede a terra a Dubai, e diversi viaggi in giro per il mondo. La fattura al Twiga, locale a Forte dei Marmi, sfiora i 14.000 franchi. Sequestrate anche diverse borse di lusso.

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