Guerra

Difesa comune? «Gli Stati membri hanno priorità differenti»

Di fronte al disimpegno USA, l’Europa è chiamata a una prova di maturità – L'esperto Alessandro Marrone: «Una presenza minima di truppe USA in Europa resta però fondamentale»
©JAVAD PARSA
Francesco Pellegrinelli
03.03.2025 21:00

Quanto è davvero unita questa Europa? Nonostante la crescente consapevolezza della necessità di un maggiore impegno per una difesa comune, i leader europei sembrano ancora alla ricerca di un equilibrio capace di mettere tutti d’accordo.

Un esempio emblematico di questa difficoltà è la recente divergenza tra Francia e Regno Unito. A margine del vertice di Londra, il presidente francese Emmanuel Macron ha dichiarato che Francia e Gran Bretagna sarebbero favorevoli a una tregua di un mese in Ucraina. Un’affermazione che, a stratto giro di posta, è stata smentita dal segretario di Stato britannico alle Forze Armate, Luke Pollard: «Diverse opzioni sono sul tavolo, ma una tregua di un mese non è stata concordata. Ulteriori discussioni con i partner americani ed europei sono necessarie prima di prendere una decisione».

Al riguardo vanno considerate anche le parole del premier britannico, il quale ha voluto chiarire la posizione del Regno Unito, respingendo l’idea che gli Stati Uniti possano essere considerati alleati «inaffidabili». Starmer sottolineato di aver discusso con il presidente Donald Trump della necessità di una pace duratura. «Ci muoviamo insieme – Ucraina, Europa, Regno Unito e Stati Uniti. L’Europa dovrà assumersi la maggior parte dell’onere, ma avrà bisogno del sostegno americano», ha dichiarato il capo del governo britannico.

Una dichiarazione che, a sua volta, si scontra, per esempio, con le parole del futuro cancelliere tedesco, Friedrich Merz, il quale – a poche ore dalla sua elezione, la scorsa settimana, ha affermato che «la priorità assoluta sarà di rafforzare l’Europa il più rapidamente possibile, in modo che si possa raggiungere l’indipendenza dagli Stati Uniti». In questo contesto, non sorprendono i ripetuti appelli alla coesione interna, come quello del presidente Marcon rivolto all’Italia affinché si impegni a fianco di Francia e Germania.

Insomma, le sensibilità sono molto variegate e rispondono a interessi diversi, come spiega al CdT, Alessandro Marrone, responsabile del programma «Difesa, sicurezza e spazio» dello IAI, l’Istituto Affari internazionali di Roma.

«L’Europa si presenta oggi come un continente con priorità differenti tra i suoi Stati membri». La guerra della Russia in Ucraina ha rappresentato un cambio di paradigma, a cui i vari Paesi hanno risposto in modo differenziato.

Il pericolo russo

«Per Polonia, Paesi Baltici e Scandinavia, la principale preoccupazione è la Russia. La loro priorità è scoraggiare un attacco russo e, se necessario, difendersi. Per questo motivo, sono contrari a una sovra-struttura politica e militare europea sovranazionale, preferendo la presenza di truppe americane e della NATO sul loro territorio, con basi militari e investimenti. Allo stesso tempo, questi paesi stanno lavorando per organizzare e coordinare, a livello regionale, una prima linea del fronte rispetto al Russia, nel caso in cui venisse meno la garanzia di sicurezza USA».

L'autonomia francese

Diversa la posizione della Francia che, spiega Marrone, «punta a un’Europa politica, sotto la sua guida, che sia autonoma nella difesa e nelle relazioni con Russia, Ucraina, Stati Uniti e Cina». L’Italia, per motivi geografici e storici, ha una posizione più bilanciata. «Ha un forte interesse per la stabilità del Mediterraneo allargato, con cui mantiene rapporti economici ed energetici, ma al tempo stesso non vuole che la Russia vinca in Ucraina, per evitare un’ulteriore aggressione verso la Moldova o i Paesi baltici. Tuttavia, non essendo direttamente sul fronte, come la Polonia o i Paesi Baltici, deve bilanciare questa esigenza con altre priorità legate al Mediterraneo e ai suoi legami economici, politici e commerciali europei e transatlantici». La Germania, storicamente, ha seguito una posizione simile a quella italiana, bilanciando le sue relazioni tra Europa e Stati Uniti. Tuttavia, oggi, la guerra ha imposto un cambiamento di paradigma simile a quello assimilato dai Paesi baltici.

L'attore chiave

Da ultimo, il Regno Unito, che pur essendo fuori dall’UE, resta un attore chiave nella difesa europea grazie al suo ruolo di punta nella NATO: «Il regno Unito non fa più parte dei progetti di integrazione politica, tecnologica ed economica della difesa europea. Tuttavia, rimane un attore chiave nella difesa del continente, sia perché è una potenza nucleare nella NATO, sia perché continua a cercare un dialogo con i Paesi UE. Nonostante la Brexit, Londra partecipa a incontri con Francia, Germania, Italia e Polonia su questioni di sicurezza e difesa». L’assenza del Regno Unito dai meccanismi di integrazione dell’industria della difesa europea complica il coordinamento, ammette Marrone: «Le normative del mercato della difesa, i cofinanziamenti UE e gli investimenti congiunti nella difesa avvengono senza il coinvolgimento britannico. Tuttavia, quando si parla di una coalizione per sostenere l'Ucraina, il dialogo con il Regno Unito è imprescindibile». Secondo Marrone occorre infatti distinguere tra l'aspetto operativo militare e la questione della cooperazione industriale e tecnologia. «Da un lato, è fondamentale strutturare una difesa efficace per dissuadere un eventuale attacco russo e, in caso di aggressione, essere pronti a rispondere. Questo avviene all'interno della NATO, che rimane il principale quadro di riferimento, anche in una configurazione in cui il ruolo degli Stati Uniti possa risultare più limitato. Il Regno Unito, in quanto potenza nucleare, insieme a Paesi come Norvegia, Canada e altre nazioni affini, gioca un ruolo chiave. La presenza militare multinazionale in Stati come i Paesi Baltici, Polonia, Slovacchia, Bulgaria, Romania e Ungheria è coordinata proprio dalla NATO, fornendo uno scudo di protezione all'Europa nei confronti della Russia. Inoltre, il Regno Unito rappresenta circa il 20% della spesa militare in Europa, un attore quindi significativo».

Il deterrente USA

In questo contesto di sensibilità non sempre allineate, si aggiunge il ruolo degli Stati Uniti che rappresenta un elemento di grande preoccupazione. Per tutti gli Stati membri. «L'accelerazione impressa da Trump verso un disimpegno militare dall'Ucraina, già annunciata in campagna elettorale, costringe i leader europei a correre ai ripari, aumentando gli investimenti nelle proprie forze armate». Tuttavia, secondo l’esperto, «una presenza minima di truppe americane in Europa resta essenziale, poiché funge da garanzia ultima contro un'eventuale escalation con la Russia. La presenza USA nei paesi UE e NATO rappresenta un deterrente, attivando automaticamente la protezione nucleare statunitense». L'Europa si trova quindi di fronte a una scelta cruciale, conclude l’esperto: «Rafforzare le proprie capacità militari mantenendo una cooperazione con gli Stati Uniti, ma senza dipendere esclusivamente da essi. Questo passaggio sarà determinante per la sicurezza e la stabilità del continente nei prossimi anni».