«Dimentichiamo i musulmani con la barba e la palandrana"

Francesco Mismirigo parla dei molti volti spesso sconosciuti dell’Islam elvetico
Red. Primo Piano
29.09.2015 03:03

Le avrete viste anche voi, sul lungo lago di Lugano, le signore in nero col volto coperto dal velo integrale. Turiste arabe? Musulmane che vivono in Ticino? Quasi certamente vale la prima risposta. Perché i fedeli di Allah in Svizzera – e anche nel nostro cantone – sono molto meno appariscenti e molto meno rispondenti agli stereotipi di quanto siamo soliti immaginare. Anche per questa ragione il Cantone ha organizzato per giovedì una giornata informativa aperta al pubblico sul tema «Musulmani in Svizzera. Realtà davvero conosciute?» (vedi scheda in basso). Ne parliamo con il principale organizzatore dell'evento, il Delegato cantonale per l'integrazione degli stranieri Francesco Mismirigo.

Francesco Mismirigo: Islam, Islam, Islam. Perché è ancora necessario nel 2015 parlare di Islam in Svizzera e in Ticino?

«Perché se ne parla molto, ma non si è sufficientemente coscienti che non c'è un solo Islam, che ci sono mille modi di praticarlo e di viverlo nella quotidianità. E poi, soprattutto, perché non si parla abbastanza di musulmani. Parliamo sempre tanto della religione, ma non parliamo delle persone che la praticano e che vivono con noi. Penso sia il momento in cui invece di parlare solo del nesso che esiste tra cristiani e musulmani, dovremmo porci anche altre domande».

Quali?

«Per esempio: ma chi è la persona che in Svizzera si professa musulmana, come vive, è veramente come la presentano l'immaginario collettivo o i media? Oppure è qualcun altro che assomiglia molto di più a noi e non ce ne accorgiamo?»

Mi sembra che la risposta sia già nella domanda. Quindi, dal suo punto di vista, a dominare sono ancora gli stereotipi sui musulmani.

«Gli stereotipi sono duri a morire. Il musulmano è visto spesso come una persona con la barba, che porta un vestito lungo, la cui moglie è coperta perché porta o il hijab o il niqab, che vive in un ghetto isolato e frequenta la moschea. Un po' come nei fumetti degli anni Cinquanta quando immaginavano gli arabi. Basta poi un fatto di cronaca ed ecco che sono tutti violenti, o ladri».