Edilizia

Dimezzate le commesse pubbliche: «Ora la tendenza appare chiara»

La società degli impresari costruttori conferma il calo delle gare di appalto pubblicate sul Foglio ufficiale del Canton Ticino - Il direttore Nicola Bagnovini: «La speranza è che gli Enti comunali tornino a investire» - Molte ditte hanno esaurito le riserve di lavoro
©Gabriele Putzu
Francesco Pellegrinelli
15.12.2023 06:00

Ci risiamo. Questa volta però il grido d’allarme degli impresari costruttori (SSIC) arriva a fine anno, confermando una tendenza iniziata nei mesi precedenti. Di cosa parliamo? Di commesse pubbliche, ormai in calo da diversi mesi, tanto che la fotografia che emerge dall’ultimo rilevamento della SSIC è sempre più quella di una tendenza generale.

I primi indizi

Una prima segnalazione, la Società degli impresari costruttori l’aveva condivisa a marzo, denunciando pubblicamente il drastico calo degli appalti: «Siamo molto preoccupati», commentava il direttore Nicola Bagnovini, il quale non esitava a menzionare il rischio di possibili licenziamenti qualora la situazione fosse perdurata.

Oggi, a nove mesi di distanza, la situazione non sembra migliorata. A dirlo sono innanzitutto i numeri degli appalti pubblicati sul Foglio ufficiale del Cantone: «Si è passati da una media di 3,28 appalti a settimana per il triennio 2017-2019, a una media di 1,69 appalti a settimana durante il 2023».

Di norma, buona parte di queste commesse - osserva ancora Bagnovini - viene assegnata alle piccole e medie imprese, costituendo di fatto una preziosa riserva di lavoro. «Il calo degli appalti ha eroso le riserve, pertanto molte aziende oggi si trovano in difficoltà».

I dati statistici sulle domande di costruzione, del resto, confermano sia il calo del numero delle autorizzazioni rilasciate, sia del loro valore: «In sostanza si stanno eseguendo tanti piccoli interventi a favore del risanamento energetico degli edifici e dell’uso dell’energia rinnovabile». A beneficiarne, però, sono essenzialmente le ditte artigianali del settore dell’impiantistica e, in misura nettamente minore, le imprese di costruzione.

Eppure - facciamo notare - i grandi cantieri non mancano. Un discreto numero di grandi opere sta prendendo forma, e altre segneranno l’evoluzione del settore per i prossimi anni. Pensiamo al secondo tunnel stradale del San Gottardo, il Polo sportivo e degli eventi di Lugano, le nuove Officine FFS di Castione, o ancora la Rete Tram-Treno del Luganese. «È vero - replica Bagnovini -. Mancano però i piccoli lavori del genio civile o dell’edilizia che sono alla portata anche delle piccole e medie imprese». Lavori che chiaramente contribuiscono alla stabilità di queste aziende.

Far quadrare i conti

Sui motivi del calo congiunturale registrato nel settore, Bagnovini individua essenzialmente due cause: «L’economia privata è frenata da una generale insicurezza e dall’aumento dei tassi d’interesse. Mentre i committenti pubblici e le rispettive aziende di servizi sono assillati dal pareggio dei conti». Il calo delle gare di appalto potrebbe quindi essere una conseguenza diretta? Le grandi riforme che attendono i Comuni di certo non aiutano. Meglio andare con i piedi di piombo e stringere i rubinetti? «Attenzione», replica subito Bagnovini. «Dopo il prevedibile calo dell’edilizia abitativa privata, ci aspettavamo un intervento anticiclico da parte degli enti pubblici, che invece stanno mostrando eccessiva prudenza negli investimenti per cercare di far quadrare i bilanci».

Il falso risparmio

Una scelta che secondo la SSIC rischia di rivelarsi miope: «I risparmi sulla manutenzione del patrimonio immobiliare sono un pessimo affare per i committenti. Anzi - prosegue Bagnovini - sono falsi risparmi visto che i futuri interventi assumerebbero in poco tempo il carattere d’urgenza, causando costi ben maggiori rispetto a interventi puntuali». Eppure, la manovra di rientro del Consiglio di Stato, facciamo nuovamente notare, non prevede tagli nel settore. Gli investimenti nelle opere pubbliche sono stati integralmente mantenuti. «È vero. Per fortuna il Governo cantonale continua a credere negli investimenti infrastrutturali e nella manutenzione delle strade cantonali così da garantirne nel tempo la sicurezza, la funzionalità e il valore degli stessi manufatti». Una conferma che giunge anche dal messaggio governativo per il credito quadro quadriennale di 195 milioni di franchi, allestito recentemente per la conservazione del patrimonio stradale. «Purtroppo, diversi progetti strategici e di indiscutibile utilità pubblica vengono spesso ostacolati da infinite discussioni politiche, da ricorsi e opposizioni a diversi livelli, iniziando già dalla fase di approvazione dei progetti», osserva Bagnovini. «Ciò comporta tempi lunghissimi per la realizzazione di opere fondamentali per migliorare la viabilità e le infrastrutture del nostro territorio e, in seconda battuta, per sostenere il tessuto economico cantonale».

«Esiste un piano degli investimenti a cui ci atteniamo»

«Difficile parlare per cento Comuni individuando argomenti che valgono per tutti», premette il presidente dell’associazione dei Comuni (ACT), Felice Dafond. D’altro canto, osserva il sindaco di Minusio, l’ente pubblico continua a investire nell’interesse dei cittadini: «I Comuni a inizio legislatura allestiscono il piano strategico degli investimenti che, di regola, si estende su quattro anni». Uno strumento che in linea di principio disciplina gli interventi secondo una tabella predefinita. Insomma, parlare di calo degli appalti pubblici non è sempre corretto. Nel limite del possibile, poi, a questo piano si cerca anche di attenersi. «A volte però basta un ricorso o un contenzioso per vedere slittare di qualche mese o anno il normale svolgimento dei lavori».

Che dire invece della necessità di risparmiare alla luce delle importanti riforme che attendono i Comuni ticinesi? Senza entrare nel merito dei grandi cambiamenti che interverranno nei prossimi anni, secondo Dafond deve valere la premessa seguente: «I Comuni gestiscono i soldi pubblici, pertanto qualsiasi operazione deve essere valutata con la massima attenzione, prendendo in considerazione una serie di principi e di parametri come la necessità, la proporzionalità dell’intervento, ma anche lo sviluppo del Comune». Insomma, il principio della cautela con cui vengono spesi i soldi pubblici resta, almeno sulla carta, uno dei fari principali dell’azione politica. «Per il resto ognuno fa il proprio verso; ma in ogni caso i Comuni vanno avanti investendo laddove è possibile e se necessario».