Dollaro leader e franco super nel grande valzer delle valute

Il dollaro americano che occupa in larga misura la scena, l’euro che lascia terreno, il franco svizzero che rimane molto forte. In sintesi, è questa la situazione di fase per quel che riguarda le due valute principali a livello mondiale e la moneta elvetica. A ciò si può aggiungere, guardando ad altre valute che fanno parte del plotone di testa, la discesa dello yen giapponese e la scarsa performance della sterlina britannica. L’andamento è in sostanza questo e vale la pena di vederlo più da vicino.
Cifre e ragioni
Quest’ultimo venerdì il rapporto euro/dollaro USA era a 1,07, il che significa un calo dell’euro (o un’avanzata del dollaro, visto dall’altra parte) pari a oltre l’11% rispetto ad un anno prima. Se nel corso del 2021 il progresso del biglietto verde era stato favorito soprattutto dal miglior ritmo di crescita economica statunitense, quest’anno sono subentrati due fattori rilevanti, sempre a favore del dollaro: l’inizio del rialzo dei tassi di interesse americani (con tassi più alti una moneta diventa in genere più attrattiva) e la guerra in Ucraina causata dall’invasione russa, che pone problemi mondiali ma ha un impatto maggiore ovviamente in campo europeo.
Il dollaro viene indicato da molti addetti ai lavori come moneta rifugio, ma questa definizione è per alcuni aspetti eccessiva. La valuta USA non è infatti un rifugio nel molto lungo termine, tanto che nel corso dei decenni ha perso parecchio terreno, ad esempio nei confronti del franco e dello yen, questi sì rifugi nell’arco di molti anni. È vero però che il dollaro è di volta in volta un rifugio di fase, come è accaduto anche nell’ultimo anno appunto, anche perché resta la maggior valuta per gli scambi economici e per le riserve.
L’euro è la seconda moneta a livello mondiale, dopo più di 20 anni di vita si può dire che ha smentito tutte le profezie sulla sua scomparsa, ha affermato la sua esistenza nei fatti. Ma non è un rifugio, né di fase né di lungo periodo. La possibilità che l’euro ora riguadagni terreno sul dollaro USA dipende soprattutto dai due fattori citati. Se la Banca centrale europea comincerà nei prossimi mesi ad alzare i tassi (per contrastare l’inflazione, come stanno già facendo Fed americana e altre banche centrali), l’euro ne potrebbe trarre qualche beneficio. Lo stesso se per la guerra in Ucraina ci saranno spiragli per un superamento.
Il franco non ha smesso di rafforzarsi sull’euro, la Banca nazionale svizzera (con acquisti di valute estere e tassi negativi) ha frenato l’ascesa ma non ha potuto evitarla. La tenuta dell’economia svizzera, l’affidabilità del sistema Paese, le incertezze a livello internazionale, spingono il franco. L’euro/franco è a 1,02, con un calo dell’euro di oltre il 6% in un anno. Diverso l’andamento sulla valuta USA: siamo a 0,95 franchi per un dollaro, con un apprezzamento di quest’ultimo di più del 6% in 12 mesi. La gran parte degli analisti ritiene improbabile un forte indebolimento complessivo del franco nei prossimi mesi. Ciò per due ragioni ulteriori: perché la BNS sembra ora permettere di più il rafforzamento, per fare barriera contro l’importazione di inflazione; perché la stessa BNS potrebbe alzare i tassi, probabilmente dopo che l’avrà fatto la BCE.
Lo yen giapponese
Il netto calo dello yen giapponese, moneta storicamente forte, è stata una sorpresa per una parte degli analisti. Per un dollaro USA ci vogliono ora 127 yen, c’è stata quindi una discesa di oltre il 15% in un anno. Per un euro ci vogliono 136 yen, dunque la valuta nipponica è scesa in 12 mesi di circa il 2% anche sulla moneta unica europea. Secondo molti operatori hanno inciso la bassa crescita dell’economia di Tokyo, gli ampi legami con una Cina nuovamente colpita da pandemia e lockdown, la politica molto espansiva della banca centrale giapponese. Per mutare direzione di marcia, la valuta nipponica ha bisogno probabilmente di cambiamenti in uno o più di questi fattori.
La sterlina britannica
Per una sterlina britannica ci vogliono 1,26 dollari, in un anno la valuta di Londra ha perso oltre il 10% sul biglietto verde. Per una sterlina ci vogliono 1,17 euro, su questo fronte la sterlina ha guadagnato circa l’1% in 12 mesi. Un andamento nel complesso non brillante, nemmeno il fatto che il ciclo di rialzi dei tassi sia già stato varato da parte della Bank of England ha sin qui molto sostenuto la sterlina. Per la crescita economica britannica il bilancio del biennio pandemico 2020-21 è al di sotto della media registrata dall’Unione europea e ciò, insieme alle complessità derivanti dalla Brexit, ha probabilmente frenato la sterlina. Per molti analisti il superamento delle forti oscillazioni nella crescita e un maggior slancio dell’economia sono punti necessari per un eventuale rilancio di lungo periodo della sterlina.


Come è possibile che il rublo sia passato in tempi rapidi da un grande crollo ad una grande risalita? Domanda comprensibile anzi inevitabile, guardando le cifre recenti del cambio della moneta russa. Diciamo subito che la risposta è che il rublo è oggi una valuta oggetto di interventi non ordinari o meglio assolutamente inusuali.
Mosse e segnali
Dapprima ha sentito le sanzioni occidentali contro la Russia, per l’aggressione all’Ucraina che questa ha attuato. In seguito, le autorità di Mosca hanno obbligato imprese e cittadini russi ad operare in rubli, per sostenere la valuta nazionale. Se il crollo del rublo è stato dunque un segnale delle maggiori difficoltà, anche economiche, in cui la Russia è entrata con l’inizio della guerra in Ucraina, la risalita del rublo stesso non è invece un segnale della fine di queste difficoltà per Mosca, bensì il frutto di operazioni con cui le autorità russe stanno cercando di sostenere artificialmente la moneta nazionale.
Vediamo più da vicino. Con la guerra in Ucraina iniziata nel febbraio di quest’anno e le sanzioni occidentali anti Mosca, le maggiori valute sono salite in modo esponenziale sul rublo; il dollaro USA è salito da circa 80 rubli sino a 140-150 rubli. Tra le successive contromosse russe ci sono state l’obbligo per imprese e cittadini russi di mantenere i propri conti in rubli e forti rialzi del tasso di interesse sulla moneta nazionale, sino al 20%. A questo bisogna aggiungere che la Russia, direttamente o indirettamente attraverso meccanismi attuati da banche abilitate, incassa ancora in una certa misura valuta estera, per i pagamenti in particolare delle forniture di gas e petrolio, che hanno prezzi alti. Le banche coinvolte devono quindi richiedere rubli per concretizzare il cambio di valuta.
Tutto questo ha portato ad una forte risalita del rublo, che quest’ultimo venerdì era a 66,70 in rapporto al dollaro USA. Tutto bene per Putin, il suo governo, l’economia russa? Non è così. È vero che la risalita del rublo ha permesso di allentare i vincoli per le imprese sul rapporto valute estere/valuta nazionale, ma vincoli ci sono ancora. È vero che il tasso di riferimento sul rublo deciso dalla banca centrale russa è ora all’11% e non più al 20%, ma come si vede si tratta di un tasso ancora elevato, segno dell’incertezza che perdura sulle prospettive di economia e moneta russe.
Bisogna ricordare che la caduta dell’economia nazionale è e sarà pesante e che l’inflazione sta volando in Russia. La Banca mondiale prevede per quest’anno una contrazione dell’economia russa di oltre l’11%, con un tasso di inflazione annuo pari al 22%. D’altronde, se da una parte la Russia incassa ancora molto con le sue esportazioni di fonti di energia, dall’altra le sue importazioni segnano il passo, anche perché ci sono le sanzioni occidentali. Ciò ha un duplice effetto negativo per l’economia russa, perché non c’è la stessa disponibilità di beni per la crescita e perché per i cittadini russi i prezzi di molti beni prodotti internamente sono e saranno più alti.
Resta poi per la Russia la spada di Damocle di un default legato ad eventuali mancati pagamenti su obbligazioni in valute estere. I meccanismi delle sanzioni occidentali rendono difficili sia la disponibilità di valute estere da parte di Mosca, sia l’attuazione concreta dei pagamenti denominati in queste valute. Uno dei motivi per cui il rublo era crollato era proprio il timore diffuso di un default russo sulle obbligazioni.
Tensioni alte
Le tensioni su questo versante sono state in parte superate, per quel che riguarda il valore del rublo, dai pagamenti effettuati e dall’effetto dei vincoli interni stabiliti dalle autorità russe. Anche questa partita però è tutt’altro che chiusa e bisognerà vedere quali saranno le evoluzioni anche in questo capitolo. Il perdurare delle sanzioni occidentali, i problemi legati ai meccanismi finanziari, il fatto stesso che il sostegno artificiale al rublo non potrà durare per sempre: queste sono tutte questioni di rilievo, che rimangono aperte e che rendono quantomai complesso il quadro economico per Mosca. L.TE.