Donald Trump, il 6 gennaio e le elezioni: la Giustizia americana non molla
Donald Trump è stato incriminato. Di nuovo. E siamo arrivati a quota tre. La notizia ve l’abbiamo data qualche ora fa, nel cuore della notte, non appena ne è stata data la conferma. L'ex presidente degli Stati Uniti, questa volta, si è visto chiamare dal procuratore speciale Jack Smith a rispondere di quattro capi d'accusa relativi ai suoi sforzi per ribaltare il risultato delle elezioni del 2020, comprese le sue azioni legate all'assalto al Campidoglio avvenuto il 6 gennaio 2021 da parte dei suoi sostenitori. Con questa incriminazione, Trump è arrivato a collezionare in totale ben 78 capi di accusa. Ma facciamo insieme il punto della situazione e cerchiamo di capire qual è la posizione del tycoon che rischia, ora, fino a 55 anni di carcere.
Le prime due incriminazioni
Incominciamo con un passo indietro: le prime due incriminazioni che hanno visto protagonista l'ex presidente degli Stati Uniti e che lo stanno impegnando legalmente su due fronti aperti. Poco più di un mese fa, a giugno, era piovuta sulle spalle di Trump l'incriminazione per la presunta cattiva gestione dei documenti riservati (riguardanti anche la sicurezza nazionale) trovati dall’FBI nel suo resort di Mar-a-Lago che il tycoon aveva preso con sé e conservato anche una volta conclusi i suoi doveri con la Casa Bianca. Un caso che aveva fatto molto discutere perché si è trattato della prima incriminazione penale federale della storia recente americana per la prima carica dello Stato. Non solo, Trump sta affrontando nel frattempo anche il gran giurì di Manhattan per le accuse riguardo all’affaire Stormy Daniels (che gli era valso la prima incriminazione in assoluto per un ex presidente americano) e, forse, potrebbe dover fronteggiare la giustizia anche in Georgia. Senza contare la condanna confermata a suo carico per abuso sessuale e diffamazione ai danni della scrittrice Jean Carroll.
Capitol Hill e i tentativi di sovversione
Ora, nel caso specifico, su Trump pendono quattro capi d’accusa federali contenuti nell'atto d'accusa depositato presso la Corte distrettuale federale di Washington: associazione a delinquere finalizzata alla truffa ai danni degli Stati Uniti; cospirazione per ostacolare un procedimento ufficiale; ostruzione e tentativo di ostruzione di un procedimento ufficiale; cospirazione per privare un cittadino dei diritti garantiti dalla Costituzione degli Stati Uniti. A dirigere l'accusa è, come detto, il procuratore speciale Jack Smith, già nominato l'anno scorso per indagare sul ruolo di Trump nella rivolta del 6 gennaio 2021 e sui suoi sforzi per sovvertire le elezioni del 2020. L'indagine relativa a questi fatti è stata importante: l'accusa coinvolge una ripartizione per Stato del presunto piano di Trump per ribaltare le sue sconfitte in Arizona, Georgia, Michigan, Pennsylvania e Wisconsin. E includerebbe anche un piano più ampio dei suoi alleati di riunire gruppi di falsi elettori in tutto il Paese. L'accusa sostiene che Trump aveva sei «cospiratori» che lo hanno aiutato nei suoi «sforzi criminali» per rovesciare il risultato delle elezioni. Nonostante le sei persone non vengano nominate, le descrizioni fornite sembrerebbero fare riferimento fra gli altri – secondo i media americani – a Rudolph Giuliani e Sidney Powell, due degli ex legali di Trump.
«Un evento senza precedenti»
Nel documento formale di accusa, di 45 pagine, si sostiene che l'ex presidente «era determinato a rimanere al potere» nonostante avesse perso. E si legge anche che Trump «ha diffuso bugie sul fatto che ci fossero stati brogli determinanti per l'esito delle elezioni e che lui avesse effettivamente vinto». «Queste affermazioni erano false e l'imputato sapeva che erano false». Queste accuse, se confermate, potrebbero costare a Trump fino a 55 anni di carcere. Ed è anche la prima volta, riporta il Guardian, che un presidente degli Stati Uniti si trova ad affrontare accuse penali per aver cercato di rovesciare le elezioni. «L'assalto al Campidoglio è stato un evento senza precedenti», ha affermato il procuratore generale Smith, promettendo «un processo in tempi rapidi». Il caso, inoltre, sarà supervisionato da Tanya Chutkan, giudice della Corte distrettuale degli Stati Uniti, nominata da Barack Obama. Chutkan ha già guadagnato il record per avere ottenuto le sentenze penali tra le più lunghe nei confronti degli imputati per l'assalto del 6 gennaio 2021.
Presidenziali 2024 sempre e comunque
Mentre l'ex presidente si appresta a comparire in Tribunale giovedì pomeriggio, a fare da contraltare sono arrivate ieri le parole di difesa da parte del portavoce della campagna di Trump, Steven Cheung, che ha naturalmente definito le accuse «false». «L'illegalità di queste persecuzioni contro il presidente Trump e i suoi sostenitori ricorda la Germania nazista degli anni '30, l'ex Unione Sovietica e altri regimi autoritari e dittatoriali», ha puntualizzato. Gli ha fatto eco il team legale di Trump: «Non è altro che l'ennesimo tentativo da parte della corrotta famiglia Biden di trasformare in un'arma il Dipartimento di Giustizia per interferire nelle elezioni del 2024, in cui Trump è indiscutibilmente il frontrunner». E, in effetti, il tycoon continua a imperterrito la sua corsa come principale candidato repubblicano in vista delle presidenziali 2024. Accuse e incriminazioni penali, infatti, non gli impediscono di candidarsi nuovamente alla Casa Bianca. Anzi, secondo quanto riportano i media d'Oltreoceano, Trump è saldamente in testa nei sondaggi fra in nomi repubblicani e, a livello di preferenze, se la sta giocando anche con Joe Biden. Nonostante le difficoltà legate alle spese legali e le imminenti battaglie con la Giustizia americana, Trump non sembra avere alcuna intenzione di abbandonare la competizione.