Il personaggio

E le tatuarono il numero 75190: i 90 anni di Liliana Segre

Nata il 10 settembre 1930 a Milano, da adolescente, dopo la fallita fuga in Svizzera, ha trascorso un anno nel centro di sterminio di Auschwitz-Birkenau - Ripercorriamo gli episodi più significativi della vita di questa protagonista della Storia
Nel dicembre 2018, nel corso di una sua testimonianza a Lugano. ©CDT/Archivio
Red. Online
10.09.2020 14:13

Senatrice a vita italiana dal gennaio 2018, Liliana Segre, una delle più note superstiti dell’Olocausto, diretta testimone dei campi di concentramento nazisti, compie oggi 90 anni (qui trovate la toccante intervista che ci concesse due anni fa). Ripercorriamo alcune delle fasi della vita di questo personaggio che ha saputo condividere, essendo così di aiuto anche a molti altri, i traumi subiti.

Nascita e prima infanzia con il papà

Nata in una famiglia ebraica a Milano, dopo la prematura scomparsa della madre (morta quando Liliana non aveva neanche compiuto un anno) cresce col padre - Alberto Segre - e con i nonni paterni. Pur appartenente ad una famiglia laica, è ben presto costretta a fare i conti col fatto di essere ebrea quando, dopo l’emanazione delle leggi razziali fasciste (1938), ad otto anni viene espulsa dalla scuola che frequenta.

Da bambina, con il padre. © Archivio CDEC, Fondo fotografico Liliana Segre
Da bambina, con il padre. © Archivio CDEC, Fondo fotografico Liliana Segre

Il nascondiglio nel Varesotto e la «via della salvezza»

A quel punto, nel clima di persecuzione degli ebrei in Italia, il padre decide di metterla al sicuro, nascondendola nella casa di alcuni amici a Castellanza, nel Varesotto. La vicinanza col nostro Paese induce poi padre e figlia - insieme a due anziani cugini della nonna aggiuntisi all’ultimo minuto - a tentare la via della salvezza in Svizzera. È il 7 dicembre 1943: intercettati in Ticino al valico di Arzo, i quattro vengono però respinti dalle autorità elvetiche e catturati il giorno dopo dai soldati italiani a Selvetta di Viggiù. Liliana ha tredici anni. Dopo sei giorni in carcere a Varese, è trasferita a Como e poi a Milano, dove rimane agli arresti per quaranta giorni.

Viaggio verso i campi di morte

È solo l’inizio di un allucinante viaggio verso i campi di morte nazisti. Partendo dal Binario 21 della stazione di Milano Centrale, il 30 gennaio 1944 è deportata assieme al genitore nel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, che raggiunge sette giorni dopo. Lì viene separata dal padre, che verrà ucciso il successivo 27 aprile. Pochi giorni dopo, il 18 maggio 1944, anche i suoi nonni paterni sono arrestati a Inverigo (in provincia di Como) e deportati ad Auschwitz dove, al loro arrivo, il 30 giugno, trovano la morte.

Una 14.enne ai lavori forzati

Ad Auschwitz Liliana - alla quale viene tatuato sull’avambraccio il numero di matricola 75190 - è impiegata per circa un anno in lavori forzati per la fabbrica di munizioni Union (Siemens). Alla fine di gennaio del 1945, dopo l’evacuazione del campo, affronta la marcia della morte verso la Germania.

L’arrivo dell’Armata Rossa e la liberazione

Liberata dall’Armata Rossa il primo maggio 1945 dal campo di Malchow - un sottocampo del campo di concentramento di Ravensbrück - Liliana è uno dei venticinque bambini italiani di età inferiore ai 14 anni (dei 776 deportati ad Auschwitz), ad essere sopravvissuto.

Ricominciare da superstite

Dopo l’Olocausto vive con i nonni materni, di origini marchigiane, unici superstiti della sua famiglia. Nel 1948 incontra un altro reduce dai campi di concentramento nazisti che si era rifiutato di aderire alla Repubblica Sociale: Alfredo Belli Paci. I due si sposano nel 1951 e hanno tre figli.

Come per molti bambini dell’Olocausto, il ritorno a casa e ad una vita «normale» è stato per Liliana tutt’altro che semplice. Perciò per molto tempo, non ha voluto parlare pubblicamente della sua esperienza nei campi di concentramento.

«Ero reduce dall’inferno e mi si chiedeva docilità»

«Era molto difficile per i miei parenti convivere con un animale ferito come ero io» ricorda. «Ero una ragazzina reduce dall’inferno, dalla quale si pretendeva docilità e rassegnazione. Imparai ben presto a tenere per me i ricordi tragici e la mia profonda tristezza. Nessuno mi capiva, ero io che dovevo adeguarmi ad un mondo che voleva dimenticare gli eventi dolorosi appena passati, che voleva ricominciare, avido di divertimenti e spensieratezza», ha poi scritto in Un’infanzia perduta, Voci dalla Shoah testimonianze per non dimenticare (ed. La Nuova Italia Editrice, 1996). Attorno ai sessant’anni, come spiega anche nell’intervista al Corriere di oggi, ha infine accettato di raccontare ciò che ha vissuto. Ne sono uscite diverse pubblicazioni.

A 18 anni. © Archivio CDEC, Fondo fotografico Liliana Segre
A 18 anni. © Archivio CDEC, Fondo fotografico Liliana Segre

I riconoscimenti

Il 27 novembre 2008 l’Università di Trieste le ha conferito una laurea «honoris causa» in Giurisprudenza ed il 15 dicembre 2010 l’Università degli Studi di Verona le ha attribuito una laurea «honoris causa» in Scienze pedagogiche.

Il 19 gennaio di quest’anno, in occasione dell’80. anniversario delle leggi razziali fasciste, il presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella l’ha infine nominata senatrice a vita «per avere illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo sociale». È la quarta donna a ricoprire tale carica, dopo Camilla Ravera (1982), Rita Levi-Montalcini (2001) ed Elena Cattaneo (2013).