E se non ci fosse più un nuovo film di James Bond?
James Bond è nei guai. No, non parliamo di qualche cattivone che vuole uccidere la spia più famosa della storia del cinema. Quasi tre anni fa, grazie all'acquisto della Metro-Goldwyn-Mayer per 6,5 miliardi di dollari, Amazon aveva messo le mani sulla distribuzione dei film di James Bond. Bene, anzi male: nel frattempo, riferisce il Wall Street Journal, i rapporti fra il colosso dell'e-commerce e la famiglia che supervisiona il franchise, i Broccoli, si è deteriorato. Il risultato? A breve, ma anche medio termine difficilmente vedremo un nuovo film di Bond. Un disastro, soprattutto per Amazon visto che molti dei 6,5 miliardi di dollari pagati per assicurarsi la Metro-Goldwyn-Mayer erano legati proprio al cosiddetto universo Bond.
Il futuro del marchio, al cinema, è nelle mani di Barbara Broccoli, 64 anni, l'erede dell'impero costruito da suo padre, Albert «Cubby» Broccoli. È lei, da trent'anni a questa parte, a decidere se e quando un nuovo film di Bond può essere prodotto. Ed è lei, scrive il Journal, a nutrire forti, fortissimi dubbi sulle reali capacità cinematografiche di Amazon. Ai suoi amici più stretti, Broccoli avrebbe detto a proposito di Amazon: «Queste persone sono degli idioti».
Un rappresentante della Eon, la casa di produzione dei film di James Bond, ha dichiarato che Broccoli e gli altri membri della famiglia non intendono pronunciarsi sullo stato dei rapporti con Amazon. Le parti, tuttavia, sarebbero a un punto morto: Amazon ha bisogno di Broccoli per nuove idee e, soprattutto, istinto; Broccoli non intende fare nuovi film a tema Bond con Amazon. Stallo alla messicana? Più o meno. Allargando il campo, secondo il quotidiano statunitense siamo di fronte a uno scontro generazionale: da una parte la Hollywood del ventesimo secolo, fatta di grandi produzioni e grandi colpi di scena; dall'altra la nuova industria dell'intrattenimento guidata e governata dalle Big Tech o, se preferite, i dati e gli algoritmi.
Un controllo maniacale
Il controllo della famiglia Broccoli su James Bond, secondo alcuni, è addirittura maniacale. Di solito, i personaggi cinematografici più amati finiscono per essere sfruttati commercialmente al di fuori dello schermo: giocattoli, videogiochi, parchi a tema e via discorrendo. Prima che Amazon entrasse in scena, Barbara Broccoli aveva già rifiutato proposte per spettacoli televisivi, videogiochi e almeno un casinò a tema. Agli occhi di Barbara, ma anche del suo fratellastro Michael Wilson, 82 anni, Bond non è soltanto un personaggio capace da 7,6 miliardi di dollari di incassi al botteghino. È un cimelio di famiglia, da coccolare e gestire con estrema cura. Ogni film, per dire, ha regole ferree a tutti i livelli. Per dire: Bond, in ogni trama, raramente spara per primo.
Broccoli, negli anni, è stata costretta a vivere e affrontare il grande balletto delle fusioni e dei consolidamenti degli studios. L'impasse attuale, per contro, si è tradotta in un dato di per sé sconfortante: l'ultimo capitolo di Bond risale al 2021, con No Time to Die. Una pausa, questa, piuttosto lunga se consideriamo che la serie, a partire da Dr. No del 1962, raramente si è presa più di tre anni di pausa. Ma, agli occhi di Barbara Broccoli, questo stop è giustificato: Amazon, a suo giudizio, non è la casa giusta per accogliere nuovi film di Bond. E questo perché il cinema non è la principale attività dell'azienda. Il colosso, dal canto suo, ritiene ingiusto l'atteggiamento di Broccoli. Ma non può fare nulla. Assolutamente nulla. È Barbara, infatti, ad avere la prima e l'ultima parola sulle decisioni creative: sceneggiatura, casting, storia. Tradotto: se vuole, può tenere Bond in ostaggio per tutto il tempo che ritiene necessario. Come dite? Sì, sembra la trama di una pellicola di spionaggio.
Un matrimonio, da subito, complicato
Amazon, dicevamo, quasi tre anni fa ha sborsato 6,5 miliardi di dollari per acquistare Metro-Goldwyn-Mayer, i cui dirigenti – sin dai primi vagiti di fusione – avevano espresso un forte, fortissimo timore. Ovvero, che i film di James Bond venissero lanciati direttamente sulla piattaforma di Amazon, Prime Video, anziché al cinema. Metro-Goldwyn-Mayer, non a caso, prima di accettare l'accordo si è assicurata che Amazon si impegnasse a lanciare i futuri film di Bond sul grande schermo. Un vero e proprio cruccio, per Barbara Broccoli. Che, appunto, si è garantita altresì il diritto ad avere la prima e l'ultima parola su tutte le questioni creative legate a James Bond, compreso il nome dell'attore che interpreta la spia britannica.
Mike Hopkins, supervisore delle attività di Prime Video in seno ad Amazon, aveva dichiarato ai soci, prima della vendita, di essere ottimista sul fatto che il colosso dell'e-commerce avrebbe conquistato la fiducia di Barbara Broccoli e, di riflesso, che Amazon avrebbe avuto maggior raggio d'azione. I dirigenti di Amazon, in questo senso, avevano pensato a una serie televisiva incentrata su Bond o, ancora, a spin-off dedicati a Miss Moneypenny o a una 007 donna. Ambizioni che, però, si sarebbero scontrate con la rigidità di Broccoli: «Avete letto il contratto?». No, evidentemente.
Non che Broccoli non abbia provato a, mettiamola così, farsi andare bene Amazon. Jennifer Salke, ex dirigente di NBC, dal 2018 alla direzione degli Amazon Studios, si è però scontrata in varie riunioni con la «protettrice» di Bond. O, meglio, Broccoli non avrebbe apprezzato alcune parole scelte da Salke, fra cui «contenuto». Un termine ritenuto sterile e, soprattutto, antitetico all'approccio di Barbara. Un'imprenditrice che si lascia guidare dal rischio e dall'istinto, un po' come il personaggio che ha fatto le fortune della famiglia. A proposito: secondo i più, difficilmente Amazon avrebbe scelto un semi-sconosciuto, all'epoca, come Daniel Craig per affidargli il ruolo di Bond. Rischio e istinto, appunto.
Ma Amazon, che ne pensa?
C'è un altro aspetto, sottolineato dal Wall Street Journal, da considerare. Broccoli e il suo fratellastro Wilson per anni, anzi decenni si sono abituati allo stile morbido, per certi versi deferente degli studios classici. Di qui la scelta, da parte di Amazon, di affiancare a Barbara una sorta di consigliera, Courtenay Valenti, a suo modo un ponte fra la vecchia e la nuova Hollywood considerando che suo padre, Jack Valenti, è stato a capo della Motion Picture Association of America fra il 1966 e il 2004.
A proposito di padri, Albert «Cubby» Broccoli ha trasformato Bond in un vero e proprio fenomeno globale. Dopo la sua morte, nel 1996, è stata appunto Barbara a gestire quello che, parole sue, era ed è «il negozio di papà». Di fatto, Barbara Broccoli è cresciuta assieme a James Bond. Aveva due anni quando uscì Dr. No, due settimane prima della crisi missilistica di Cuba. Bond, a suo modo, richiamava la spavalderia di John Fitzgerald Kennedy, il presidente degli Stati Uniti, e per questo piaceva tantissimo agli americani. Nel Regno Unito, invece, i britannici vedevano in Bond un emblema del dominio del loro Paese.
Broccoli ha iniziato a lavorare ai film di Bond da adolescente: lei e il fratellastro sono stati protagonisti di un'era di successi, a cominciare dal debutto di Pierce Brosnan in GoldenEye del 1995 fino ai cinque film di Craig. Nel 2012, Skyfall è diventato il primo, e finora unico, film di Bond a incassare più di un miliardo di dollari in tutto il mondo. Non solo, Broccoli e Wilson hanno iniziato a mostrare il loro mondo, quello di Bond, alla nuova generazione. Il figlio di Wilson, Gregg Wilson, ha contribuito alla produzione degli ultimi capitoli. Un passaggio di testimone, di per sé, problematico, dal momento che proprio Gregg Wilson avrebbe aperto a un Bond più moderno e al passo con i tempi. Nel concreto, il figlio di Wilson vedrebbe di buon occhio un Bond afrodiscendente: rifletterebbe meglio la realtà demografica del Regno Unito e permetterebbe di accennare al passato coloniale del Paese. Barbara Broccoli, al riguardo, ha dichiarato agli amici di non avere alcuna remora a scegliere un attore non bianco o gay, ma a suo giudizio Bond dovrebbe essere sempre interpretato da un uomo e sempre da un inglese.
E qui, beh, casca l'asino, nel senso che internamente, ad Amazon, più di un dirigente si è chiesto se valorizzare un agente segreto tremendamente violento, donnaiolo e in generale non proprio politically correct sia la strategia migliore per l'azienda e, parallelamente, per il pubblico di Prime. Perplessità, queste, emerse nell'ambito del reality show a tema Bond 007: Road to a Million, il solo prodotto legato all'universo della spia sin qui prodotto da Amazon. Durante una riunione sulla seconda stagione, qualcuno ha detto: «Devo essere sincero. Non credo che James Bond sia un eroe». Silenzio generale.
Quel discorso agli Oscar
Detto che, filmografia alla mano, raramente sono trascorsi così tanti anni fra un film di James Bond e l'altro, la famiglia Broccoli aveva già preso (o perso) tempo. Ma perché il mondo, quello reale, era stato scombussolato dalla fine della Guerra Fredda. I sei anni fra 007 - Vendetta privata del 1989 e GoldenEye sono stati giustificati, da un lato, dalla necessità di individuare chi avrebbe interpretato Bond dopo Timothy Dalton e, dall'altro, perché prima bisognava capire in che contesto avrebbe potuto muoversi la spia. «Molte persone e organizzazioni hanno cercato di dare la loro impronta a Bond» ha detto Daniel Craig in un discorso in onore di Broccoli e Wilson quando hanno ricevuto l'Oscar alla carriera. «Ammiro la vostra integrità nel mantenere la vostra visione unica mentre portavate Bond nel ventunesimo secolo».
Nel suo discorso di ringrazioamento, Wilson ha riconosciuto il sostegno di Amazon e Metro-Goldwyn-Mayer. Broccoli, dal canto suo, ha ringraziato l'Academy per aver premiato i produttori e suo padre per averle permesso di avere «la vita più bella che si possa immaginare». Non ha parlato di Amazon, come scrive il Journal.