Eccidio del Verbano: la barbarie delle SS a due passi dal Ticino

Giovedì prossimo sarà il Giorno della Memoria, un altro 27 gennaio in cui si commemorano, come ogni anno, le vittime dell’Olocausto. In Italia, nell’ultima parte della Seconda guerra mondiale, il primo eccidio di ebrei da parte delle truppe nazifasciste avvenne a poca distanza dal Ticino, sulla sponda piemontese del Verbano. Ricordiamo quei tragici fatti con lo storico Carlo Gentile.
«Nell’ultima settimana del mese di settembre del ’43 mia nonna materna, Ada Crema, che insieme al nonno Amilcare viveva a Ispra, telefonò a mia madre dicendo che a Meina, sulla sponda opposta del Verbano, era accaduto un fatto drammatico. Sedici ebrei rifugiatisi nell’albergo che portava il nome del paese erano stati arrestati e quindi trucidati dai soldati nazisti, che poi ne gettarono i corpi nel lago dopo averli zavorrati». Con queste parole, nel CorrierePiù del 4 settembre 2021, Ornella Ottolenghi aveva ricordato l’episodio che aveva indotto i suoi genitori, sfollati a Mandello del Lario, a fuggire in Svizzera insieme a lei. Ornella Ottolenghi aveva 14 anni e il 10 ottobre del 1943 riuscì a riparare con la madre a Lugano, dove successivamente arrivò anche il padre Federico.
La loro vita era in pericolo perché erano ebrei come le vittime di Meina, una delle località in cui avvennero le uccisioni di cui parliamo con Carlo Gentile, docente di Storia all’Università di Colonia. Fra le attività di Carlo Gentile c’è anche quella di perito tecnico per la magistratura italiana e tedesca nei procedimenti riguardanti le stragi commesse in Italia dai nazifascisti durante la Seconda guerra mondiale.

Chi erano le vittime
Iniziamo dalle vittime: chi erano gli ebrei che sono stati uccisi dalle SS nell’autunno del 1943 nell’eccidio del Verbano? «Erano ebrei italiani e sefarditi di origine greca che si erano rifugiati nella zona del Lago Maggiore con la speranza di riuscire a lasciare l’Italia e sfuggire quindi alle persecuzioni e alle deportazioni nei campi di concentramento orchestrate dalle truppe tedesche e fasciste dopo l’armistizio dell’8 settembre. Fra loro c’erano adulti, anziani e ragazzini, nuclei famigliari, persone di diverse estrazioni sociali e anche molto benestanti», spiega Carlo Gentile, con cui puntiamo ora l’attenzione sui carnefici e le loro azioni, così da far capire quanto fosse grande la crudeltà da cui erano animati.
Esecuzioni sommarie
«Gli ebrei del Verbano – prosegue Carlo Gentile – sono stati passati per le armi, verosimilmente con un colpo sparato alla nuca. Si è trattato di esecuzioni sommarie, atti che di solito venivano demandati ai sottufficiali un po’ più esperti. Un agire spietato ma anche una strage programmata, perché le SS di stanza nella regione hanno prelevato le loro vittime da abitazioni private e alberghi dandogli specificatamente la caccia, anche grazie a informazioni e delazioni da parte degli abitanti del luogo. E dopo averli uccisi, hanno pure depredato i loro beni».

Élite delle Waffen-SS
A perpetrare l’eccidio sono stati gli uomini 1° battaglione del secondo reggimento della Divisione corazzata Leibstandarte Adolf Hitler. «I soldati della Leibstandarte erano l’élite – o quantomeno si consideravano come tali – delle Waffen-SS, il braccio militare delle SS. Si vedevano come il meglio che il nazismo aveva da offrire e sia ideologicamente sia caratterialmente erano disposti a tutto, brutalità comprese. Da questo punto di vista gli ufficiali, i sottufficiali e i soldati della Leibstandarte Adolf Hitler schierati nella zona del Lago Maggiore non facevano eccezione. La loro condotta può essere definita come un misto di arroganza e brutalità estrema: i soldati SS erano giunti da poco dalla Russia dopo un periodo operativo molto intenso. Erano tutti uomini molto giovani, tra i 18 e i 30 anni. Arrivati in Italia, hanno creduto di trovarsi letteralmente nel paese di Bengodi».

Ruberie e violenze carnali
Carlo Gentile ha già accennato al fatto che le SS si sono impadronite dei beni degli ebrei catturati nelle nove località del Verbano... «Le SS non solo hanno arrestato, depredato e poi assassinato tutti gli ebrei, ma hanno compiuto prevaricazioni anche nei confronti della popolazione non ebrea. Hanno requisito alberghi e ville, dove hanno organizzato feste, costringendo pure giovani donne a parteciparvi. Ci sono stati anche dei casi di violenze carnali. Ufficiali e sottufficiali anziani si sono spartiti il bottino, a iniziare dal denaro, e l’hanno spedito ai loro famigliari in Germania, mentre la prassi prevedeva che venissero consegnati alle autorità tedesche, principalmente alla Sicherheitspolizei, la polizia segreta nazista che li utilizzava per pagare informatori e delatori e in generale per finanziarie la sua attività».

Contro ogni regola
Gli ebrei non si sarebbero comunque salvati. «Come da prassi, le SS non avrebbero né potuto, né dovuto ucciderli, bensì consegnarli alla Gestapo, che li avrebbe poi avviati ai campi di concentramento. Le SS di stanza nella zona del Verbano, hanno però infranto le regole previste dai nazisti, agendo con crudeltà e arroganza, sentendosi superiori a tutti e a tutto. Un atteggiamento favorito anche dal fatto che l’alto comando della Leibstandarte (parola del tedesco arcaico traducibile in guardia del corpo, ndr) più vicino geograficamente era a Torino, così che si sono sentite libere di agire come meglio credevano, nella loro brutalità. Come si dice, l’occasione fa l’uomo ladro, e queste SS ne hanno tragicamente approfittato sotto ogni punto di vista».

Nei documenti solo dei cenni
Ma i comandi superiori non ne seppero proprio nulla? «Fra i documenti militari tedeschi che ho catalogato e riguardano l’attività in Piemonte della Leibstandarte Adolf Hitler, che in Italia ha operato fra l’agosto e l’ottobre del 1943, ho trovato solo degli accenni ai fatti del Verbano. In uno datato 15 settembre 1943 si dice che il “I./2. Panz. Gren. Rgt. ha iniziato con il disarmo e la raccolta della preda bellica nell’area della sponda occidentale del Lago Maggiore fino al confine svizzero”, messaggio riferito in particolare al disarmo dei soldati dell’esercito italiano. Il successivo 17 settembre si afferma poi che “Nei pressi del Lago Maggiore numerosi ebrei vengono messi al sicuro” e la mattina del giorno dopo la notizia è confermata dal messaggio “Gli ebrei individuati nell’area del Lago Maggiore vengono concentrati nei Lager”. Le relazioni e i messaggi seguenti, però, tacciono sul vero destino a cui sono andati incontro gli ebrei che erano stati catturati nella zona del Verbano. È vero che voci sull’eccidio sono giunte all’orecchio dei vertici della divisione e che la giustizia militare della Leibstandarte ha avviato un’inchiesta, ma la stessa è stata sommaria e non ha portato a nulla, come peraltro nella logica di quel periodo storico».
Pochi processi e procedimenti penali
La foto qui sotto è della Seconda guerra mondiale: ritrae dei soldati tedeschi in un momento di relax nella zona del Lago Maggiore. Non si sa chi siano, forse sono stati fra coloro che hanno compiuto l’eccidio ricordato in queste pagine.

Dopo il conflitto, per i fatti del Verbano, vengono processati sei componenti della Leibstandarte Adolf Hitler. Uno nel 1954 è assolto per mancanza di prove dal tribunale tedesco di Klagenfurt e nel ’55 è poi condannato all’ergastolo da quello militare di Torino. Non sconta però la pena, perché l’Austria, di cui è cittadino, non concede l’estradizione. A Osnabrück, sempre in Germania, nel 1968 tre suoi ex commilitoni sono pure condannati all’ergastolo e altri due a tre anni di detenzione, ma tutte le pene vengono annullate nel 1970 in seguito a un ricorso presentato dai loro difensori.
«La questione dei processi ai soldati di Wehrmacht e SS che si sono macchiati di atrocità durante la Seconda guerra mondiale – spiega Carlo Gentile – è complessa. A Norimberga sono stati processati e condannati i gerarchi e i principali capi militari nazisti, mentre Adolf Eichmann, che da Berlino ha gestito le deportazioni degli ebrei nei lager ed è stato uno dei principali artefici dell’Olocausto, è stato giustiziato dopo uno spettacolare processo nel 1962 in Israele, dopo essere stato catturato due anni prima in Argentina da agenti del Mossad, il servizio segreto israeliano. Però, moltissimi altri, fra coloro che hanno commesso azioni deprecabili durante il conflitto – ufficiali di vario grado, sottufficiali o soldati semplici che fossero – non sono mai stati perseguiti dalla giustizia».

Per quali motivi non è accaduto? «In parte perché molti dei reati compiuti nel periodo nazista sono andati in prescrizione dopo alcuni anni. Nel frattempo molti dei criminali si erano reinseriti nella società tedesca o austriaca. Nel dopoguerra, fino agli anni Sessanta, in molti Paesi mancava la volontá e forse anche la forza di tornare su quelle tragiche vicende. Anche in nome, potremmo dire, di una pace sociale da ritrovare in nazioni devastate dagli eventi bellici non solo sul piano materiale ma anche quello morale».
Quindi, nessuna giustizia per centinaia di migliaia di vittime... «È così, purtroppo. Per esempio, si calcola che nella sola Italia, fra il 1943 e il ’45, per mano diretta dei tedeschi o le persecuzioni per motivi razziali o politici, sono morte dalle 72.000 alle 75.000 persone. Novero che comprende anche gli internati militari italiani trasferiti – dopo l’armistizio dell’8 settembre – nei territori del Terzo Reich soprattutto quale forza lavoro. A fronte delle decine di migliaia di morti italiani, fra il 1946 e il 2007 complessivamente sono state solamente 216 le indagini e le azioni penali avviate in Germania, dodici delle quali nella DDR, la Repubblica democratica tedesca, quella comunista. Una sproporzione evidentissima, il che conferma che la stragrande maggioranza delle vittime non ha avuto giustizia».

«Perciò – conclude Gentile – è ancora importante che gli storici continuino a indagare e studiare i fatti della Seconda guerra mondiale. Ma è anche importante che venga accelerata l’apertura e la digitalizzazione degli archivi che da alcuni anni è stata avviata nei paesi dell’Unione europea, anche per dare a tutti i cittadini la possibilità di documentarsi. Questo sforzo non solo aiuterà a comprendere meglio le vicende del conflitto, ma diffondendo la conoscenza della nostra storia recente contribuirà a non dimenticarle».
Massacri di ebrei e partigiani
L’uccisione degli ebrei
Dal 13 settembre al 10 ottobre del 1943 le SS del 1° battaglione del 2°reggimento della Divisione corazzata Leibstandarte Adolf Hitler, appena stanziate sul Lago Maggiore, uccidono almeno 57 ebrei in nove località della sponda piemontese. Sono Baveno, Arona, Meina, Stresa, Orta, Mergozzo, Novara, Pian Nava e Verbania-Intra, allora tutte in provincia di Novara e oggi suddivise fra quest’ultima e quella del Verbano-Cusio-Ossola. È la prima strage di ebrei che avviene in Italia dopo l’annuncio, l’8 settembre 1943, dell’armistizio firmato dal governo di Pietro Badoglio con gli alleati angloamericani.
I numeri della strage
A Baveno le vittime accertate delle SS sono 14, ad Arona 9, a Meina 16, a Orta 2, a Mergozzo 3, a Stresa 4, a Pian Nava 2, a Novara 3 e a Verbania-Intra 4. La più anziana ha 79 anni (è Amadio Jona, ucciso a Novara) e la più giovane 12 (Blanchette Fernandez-Diaz, morta a Meina). Le due vittime di Orta, prelevate dalla loro abitazione, sono Mario e Roberto Levi, zio e cugino di Primo Levi. Ossia il chimico e scrittore torinese che nel gennaio del 1944 viene deportato nel campo di concentramento ad Auschwitz e sopravviverà alla detenzione nel lager. L’episodio più noto è quello di Meina. Tutti gli ebrei uccisi in questa località alloggiano all’Albergo Meina e i loro corpi, dopo l’esecuzione, vengono zavorrati e gettati nelle acque del Verbano.

L’eccidio dei partigiani
Le truppe nazifasciste nella regione giustiziano anche molti membri della Resistenza. Nel pomeriggio del 20 giugno 1944 quarantatré partigiani, arrestati nei giorni precedenti durante le operazioni di rastrellamento in Val Grande, vengono fucilati a Fondotoce. Dopo aver subìto torture ed essere stati costretti a sfilare in corteo, da Intra arrivano sul luogo della fucilazione, nei pressi del canale che congiunge il Lago di Mergozzo al Verbano. Nel corteo sono in 46, ma all’ultimo momento tre di loro vengono risparmiati e un altro sopravvive alla fucilazione. A Baveno, dopo un’azione partigiana in risposta al massacro di Fondotoce, il 21 giugno 1944 vengono poi fucilate altre 17 persone, pure arrestate in Val Grande e scampate all’esecuzione del giorno prima.
I custodi della memoria
Gran parte delle note storiche riassunte qui si trovano su www.casadellaresistenza.it, portale dell’omonima associazione che custodisce la memoria dei fatti descritti in queste pagine. La sede della Casa della Resistenza è a Fondotoce, dove c’è il sacrario Parco della Memoria e della Pace. Gli eccidi degli ebrei sono pure ricordati in Even 1943 – Olocausto sul Verbano, documentario il cui DVD è acquistabile presso la Casa della Resistenza.

«Libera Stampa» ne riferì in prima pagina
Era il 9 ottobre 1943
A scrivere per primo degli eccidi del Verbano fu il quotidiano socialista Libera Stampa, che nell’edizione del 9 ottobre 1943 pubblicò in prima pagina l’articolo che vi proponiamo qui di seguito.
La persecuzione degli ebrei anche in Italia
«Chiasso, 8 – Secondo quanto si è potuto sapere alla frontiera, risulta che, come in Danimarca, anche in Italia, nella zona occupata dai tedeschi, infierisce la persecuzione antisemita. Con la indicazione e la connivenza dei fascisti, nella regione del Lago Maggiore, le truppe SS, appena installate, avrebbero arrestato tutti gli ebrei italiani e stranieri, iscritti nelle liste comunali e presenti negli alberghi. Le truppe tedesche avrebbero confiscato tutti i patrimoni degli ebrei e asportato tutti i loro valori e beni materiali perchè “proprietà del governo tedesco”. Si afferma inoltre che moltissimi ebrei sono stati assassinati. Dei corpi dei morti i tedeschi avrebbero fatto orribile scempio, per lo più gettando i cadaveri nel lago o portandoli nei boschi vicini, dopo averne abbruciato il volto, per rendere più difficile il riconoscimento. In una piccola regione del lago Maggiore si sarebbero potute individuare più di trenta vittime. La persecuzione è estesa a tutta l’Italia settentrionale. Notizie provenienti da località del Piemonte e della Lombardia confermano che gli ebrei verrebbero fucilati senza distinzione di età e sempre senza distinzione di origine e di nazionalità».

Per saperne di più
Per approfondire il tema delle stragi nazifasciste avvenute nella Penisola durante la Seconda guerra mondiale vi consigliamo il libro I crimini di guerra tedeschi in Italia – 1943-1945, scritto da Carlo Gentile ed edito nel 2015 da Einaudi.