Ecco in che modo l'intelligenza artificiale ha cambiato il lavoro nella Svizzera italiana
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È una tecnologia in rapida espansione, i cui campi di applicazione sembrano infiniti: stiamo parlando dell’intelligenza artificiale (IA). Di fronte ai vantaggi promessi da questa innovazione, il mondo del lavoro si è fatto trovare pronto e ha iniziato ad adottare tale strumento. Ma nella Svizzera italiana come viene utilizzata l’IA? Siamo andati a scoprirlo visitando alcune realtà che ne fanno uso in ambito professionale.
Predire la domanda di elettricità
Il nostro viaggio inizia all’Azienda Elettrica di Massagno (AEM) che, dal 2019, impiega strumenti basati sull’intelligenza artificiale, nello specifico sull’apprendimento automatico, soprattutto per fare previsioni accurate della domanda di elettricità. «Facendo ciò riusciamo a gestire meglio l’energia sulla rete minimizzando lo stress sulla stessa e diminuendo i costi per l’utenza», esordisce Daniele Farrace, membro di direzione e responsabile innovazione. Le previsioni del consumo di elettricità servono anche per gestire le batterie di quartiere che immagazzinano energia solare. «Attraverso le previsioni fornite dall’IA possiamo decidere come utilizzare al meglio l’elettricità prodotta localmente, in modo da massimizzare l’autoconsumo».
Oggi, tuttavia, non ci sono ancora criticità legate al sovraccarico della rete elettrica: gli strumenti di predizione sviluppati e impiegati da AEM non sono quindi indispensabili al momento. Come mai, allora, si è deciso di investire in questa direzione? «Per non trovarsi in difficoltà, è importante anticipare gli eventi. L’alternativa sarebbe infatti investire miliardi per potenziare la rete elettrica su tutto il territorio nazionale con conseguente esplosione delle tariffe. Già oggi, comunque, rileviamo casi di sovratensione dovuti all’immissione nel sistema di energia fotovoltaica e leggere congestioni localizzate, che prevediamo aumenteranno nel giro di tre-cinque anni. Ricordo infatti che il sistema elettrico è stato progettato più di cento anni fa affinché l’energia fosse prodotta dalle centrali e distribuita all’utenza; non si era invece previsto che gli stessi utenti potessero immettere elettricità in rete. Ora, questo cambiamento di paradigma ha conseguenze importanti».
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In un futuro prossimo, insomma, i programmi di intelligenza artificiale per la gestione della rete elettrica saranno sempre più indispensabili. Ma quanto sono precisi e affidabili? «Il grado di precisione varia molto a seconda del tipo di analisi predittiva. In linea generale, le previsioni dell’IA sul consumo di elettricità del giorno successivo sono accurate. Riscontriamo inesattezze legate al cambio delle stagioni perché ci sono variabili che influiscono sulle previsioni che i nostri modelli non sono ancora in grado di prendere in considerazione. Non facciamo comunque solo previsioni per il giorno successivo, ma anche per quello in corso. Queste ultime ci consentono di risolvere eventuali inesattezze della predizione precedente», conclude Farrace.
Un’arma nuova contro le malattie
Da Massagno ci spostiamo più a nord e andiamo all’Istituto di Ricerca in Biomedicina (IRB) di Bellinzona che utilizza l’intelligenza artificiale generativa per trovare e disegnare proteine e molecole che possano bloccare altre proteine responsabili di alcune malattie. In alcuni casi, poi, l’IA viene usata per modellare la proteina stessa coinvolta in una malattia. «Ciò avviene quando la struttura tridimensionale della proteina non è stata determinata sperimentalmente», spiega Andrea Cavalli, direttore di laboratorio in biologia strutturale computazionale. «La determiniamo allora con l’intelligenza artificiale e, sulla base del risultato, cerchiamo di sviluppare le molecole antagoniste».
Oggi, tuttavia, molte intelligenze artificiali di tipo generativo possiedono una criticità: possono produrre «allucinazioni», ovvero risultati sbagliati che non si basano sulla serie di dati su cui sono state addestrate e che non sono previsti dal modello con cui sono state realizzate. «Per noi le allucinazioni sono però positive poiché ci forniscono potenziali soluzioni a cui non avevamo pensato per risolvere un problema».
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Bene, ma una volta disegnate dall’IA, come si verifica l’efficacia di proteine e molecole? «Nel caso in cui l’intelligenza artificiale sia stata utilizzata per stabilire la struttura tridimensionale di una proteina all’origine di una malattia, testiamo nelle cellule i farmaci prodotti a partire dal modello creato. Se, invece, le proteine o le molecole che abbiamo disegnato servono a combattere una malattia, prima le sintetizziamo, quindi le testiamo in laboratorio».
Il dottor Cavalli e la sua squadra usano l’IA da un paio di anni. «Questa tecnologia ha il vantaggio di essere molto efficace ed efficiente nel generare possibili soluzioni ai nostri problemi. In passato, un ricercatore impiegava mesi per creare una proteina; oggi, l’intelligenza artificiale ne disegna molte in un lasso di tempo molto breve. Tale strumento permette, inoltre, di fare cose una volta impossibili».
Ora, insomma, l’IA svolge meglio un compito prima eseguito da una persona. Viene allora da domandarsi se, in futuro, non si assisterà a una perdita di posti di lavoro. «Nel nostro campo non c’è questo rischio perché le persone che verificano quanto fatto dall’IA saranno sempre necessarie», rassicura Cavalli.
Progettare il futuro
Il nostro viaggio alla scoperta di come alcune realtà della Svizzera italiana abbiano integrato l’intelligenza artificiale nella propria attività si conclude nel canton Grigioni, più precisamente a Grono. Qui si trova il quartier generale di ARX, studio d’ingegneria attivo a livello internazionale precedentemente conosciuto con il nome di Pini Group. «Utilizziamo l’IA a vari livelli», racconta Umberto Ceccarelli, project manager e innovation developer. «Innanzitutto, la usiamo per reperire documenti all’interno del database aziendale e per interrogare le normative tecniche e legislative. Grazie alla potenza di calcolo dell’IA possiamo così proporre perizie e rapporti con più soluzioni rispetto al passato; soluzioni fondate su una base dati più ampia. Nel processo di progettazione di infrastrutture impieghiamo poi l’intelligenza artificiale per testare e simulare diversi scenari che si potrebbero verificare, siano essi meteorologici o legati ai flussi e alle caratteristiche del tessuto urbano in cui la nostra opera si inserisce. Così facendo riusciamo a individuare la soluzione che meglio si adatta a ogni contesto. Ci avvaliamo infine dell’IA nelle fasi preliminari di un progetto per generare immagini che mostrino in modo realistico ai clienti il concetto progettuale che abbiamo in mente e che intendiamo sviluppare».
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L’IA è entrata in ARX un paio di anni fa. «Abbiamo deciso di puntare su questa tecnologia poiché, interpretando e incrociando i dati in maniera molto più efficiente di quanto sia in grado di fare l’uomo, permette di arrivare velocemente a soluzioni che a noi non verrebbero in mente».
L’arrivo di tale innovazione non ha comunque stravolto il modo di lavorare. «Per la maggior parte del tempo facciamo ancora le stesse cose che facevamo prima di introdurre questa tecnologia in azienda. Oggi, semplicemente, disponiamo di uno strumento in più. Ci sarà però sempre bisogno di un progettista che interpreti le esigenze del cliente e gli proponga una soluzione idonea». Quello dei licenziamenti non è dunque un rischio. «Al contrario, grazie all’IA siamo in grado di creare più lavoro perché abbiamo potuto espandere i servizi che offriamo», conclude Ceccarelli.