Ecco qual è la via da percorrere per combattere la crisi climatica
Una terza via per combattere la crisi ambientale: è quella che indica Roger Abravanel nel saggio Le grandi ipocrisie sul clima - Contro i burocrati della sostenibilità e i nuovi negazionisti del clima (ed. Solferino) scritto con Luca D’Agnese e presentato questa sera nella sede luganese di Julius Bär in via Motta 14 dallo stesso Abravanel, director emeritus della società di consulenze McKinsey nonché imprenditore e investitore in startup tecnologiche, consigliere di amministrazione di aziende internazionali, editorialista del Corriere della Sera e saggista.
Che oggigiorno siamo di fronte a una crisi ambientale è un fatto pressoché assodato e difficilmente contestabile, tanto che lo stesso Abravanel riconosce come il negazionismo della prima ora, che definisce un fenomeno soprattutto americano consistente nel rifiuto dell’esistenza del cambiamento climatico, stia pian piano sparendo. Ciò non significa però che l’ambiente possa tirare un sospiro di sollievo. Già, perché oggi, a detta del relatore, si stanno imponendo due correnti di pensiero altrettanto problematiche: il neonegazionismo, da un lato, e l’ideologismo dei falsi profeti della sostenibilità, dall’altro.
La prima corrente di pensiero non rifiuta il cambiamento climatico, ma si contrappone alla transizione energetica sostenendo che i costi per attuarla siano troppo elevati. Rimanda cioè l’azione a un futuro indeterminato in cui spera che la lotta alla crisi ambientale sia economicamente più abbordabile. Se non risolti, tuttavia, i problemi sono destinati a ingigantirsi, sottolinea Abravanel, e quindi i costi ad aumentare.
L’ideologismo dei falsi profeti della sostenibilità, sviluppatosi ad Harvard, si basa invece su un approccio che valuta le aziende non solo per la propria capacità di generare profitti, ma anche sul loro impatto ambientale e sociale. L’idea alla base è che le aziende non devono più guardare agli utili, bensì alla sostenibilità perché, così facendo, i guadagni arriveranno comunque in maniera naturale. Tale approccio ha però, secondo Abravanel, alcuni aspetti problematici. In primo luogo comporta un’esplosione della burocrazia perché le aziende devono fornire una quantità enorme di informazioni e dati. In secondo luogo, visto che le imprese sono valutate anche in base al loro impatto ambientale, il mondo economico è spinto ad adottare un ecologismo di facciata, il cosiddetto greenwashing.
Ma quale è, allora, la strada da percorrere per riuscire a combattere il cambiamento climatico? Abravanel teorizza il concetto di «triangolo della sostenibilità». Le aziende devono cioè adottare un nuovo approccio che permetta loro di sfruttare le opportunità di innovazione offerte dal pianeta, gli Stati devono effettuare un salto di qualità per quanto riguarda le proprie politiche economiche e gli attivisti devono adottare un atteggiamento pragmatico. Abravanel sostiene infine che la responsabilità sociale delle imprese è far crescere i propri profitti. Così facendo, l’ambiente ne trarrà automaticamente vantaggio. Egli capovolge cioè l’approccio di quelli che definisce «falsi profeti della sostenibilità».