Ecco quali conseguenze potrebbe avere sulla Svizzera l'elezione di Trump

La corsa alla Casa Bianca sta ormai arrivando alle battute finali. Dopo il 5 novembre (il 6 da noi) sapremo chi, tra Kamala Harris e Donald Trump, sarà il nuovo presidente degli Stati Uniti. Il tempo di conteggiare tutte le schede. Ma quali sarebbero le conseguenze per la Svizzera se a essere eletto fosse il tycoon? A chiederselo è stato anche il think tank svizzero specializzato in questioni di politica internazionale Foraus. Ecco quanto è emerso dal loro studio, riportato da Le Temps.
Prima di guardare al futuro, però, volgiamo un attimo lo sguardo al passato e vediamo come ha influito il primo mandato da presidente di Trump sul nostro Paese. Secondo Foraus, la Svizzera è stata influenzata negativamente dalla destabilizzazione dell'ordine multilaterale e dal non rispetto del diritto internazionale. Dal punto di vista economico, tuttavia, la Confederazione ha beneficiato del periodo in cui il tycoon è stato alla testa della Casa Bianca. Si era infatti addirittura arrivati vicino a concludere un accordo di libero scambio con Washington, che però non ha mai visto la luce.
Veniamo ora alle prospettive future in caso di una nuova elezione di Donald Trump. Partiamo dal commercio. Il tycoon ha annunciato un aumento dei dazi doganali del 10% per tutti i partner commerciali degli Stati Uniti. Questa misura potrebbe incidere in maniera importante sugli esportatori elvetici, «soprattutto perché i loro costi sono già elevati nel confronto internazionale» osserva Foraus. L'aumento delle tariffe doganali potrebbe comunque essere meno dannoso del previsto dal momento che i prodotti «swiss made» hanno un alto valore aggiunto e sono quindi già particolarmente costosi.
La mossa statunitense potrebbe però indurre l'Unione Europea ad adottare misure di protezione dalle quali non è detto che la Svizzera venga esclusa. In questo caso il nostro Paese si ritroverebbe confrontato con una situazione difficile in entrambi i suoi principali mercati di esportazione. Sconosciute sono poi le conseguenze per la Confederazione qualora Trump continuasse a indebolire l'Organizzazione mondiale del commercio creando così instabilità a livello internazionale. Berna potrebbe altresì finire nel mirino di Washington a causa del suo surplus commerciale nei confronti degli Stati Uniti e del suo accordo di libero scambio con la Cina.
A livello finanziario, invece, i rapporti tra USA e Svizzera sono definiti da regole ben precise. Ora, non è detto che Donald Trump rispetterà queste regole. Il tycoon ha infatti già annunciato un'importante deregolamentazione del settore finanziario che, secondo Foraus, scuoterebbe senza dubbio la stabilità del sistema internazionale, di cui attualmente beneficia soprattutto la Svizzera. La prima deregolamentazione messa in atto da Trump, in effetti, aveva portato all'implosione, nel 2023, della Silicon Valley Bank la quale, a sua volta, aveva generato panico sui mercati internazionali il quale si è poi rivelato fatale per Credit Suisse. Ecco allora che una nuova deregolamentazione potrebbe avere conseguenze negative sulla competitività della piazza finanziaria elvetica la cui attrattività potrebbe essere minata dalla concorrenza statunitense. La moltiplicazione dei quadri normativi, in particolare tra UE e Stati Uniti, causerebbe difficoltà anche alle imprese svizzere attive in entrambe le giurisdizioni. Con Trump al potere, è estremamente probabile anche un aumento delle tensioni geopolitiche che, sostiene Foraus, dovrebbe incoraggiare le aziende svizzere ad «analizzare la loro dipendenza da determinati mercati e fornitori». Descritta come un «manipolatore valutario» durante l’ultima amministrazione Trump, pure su questo punto la Svizzera deve aspettarsi una possibile pressione americana.
Con Trump presidente anche la sicurezza della Svizzera potrebbe venire indebolita. La sicurezza del nostro Paese, e dell'Europa in generale, dipende infatti molto dalla NATO che, a sua volta, dipende fortemente dagli Stati Uniti. L'interesse del tycoon nei confronti dell'alleanza militare intergovernativa è però basso. Nel 2024, il miliardario aveva già avvertito che «non avrebbe difeso i suoi alleati da un’invasione russa» se questi non avessero investito nella difesa il 2% del PIL concordato tra i Paesi membri. La Svizzera non fa parte della NATO, ma trae grandi benefici da essa. Tuttavia non è da escludere un forte disimpegno o addirittura – in uno scenario catastrofico – un puro e semplice ritiro dal trattato da parte degli Stati Uniti. In questo contesto la Svizzera, avverte Foraus, «deve sviluppare una strategia chiara e coerente per essere pronta a ogni evenienza». La neutralità, ritiene il think tank in un paragrafo particolarmente cupo, «può certamente aiutare a evitare conflitti diretti, ma non può proteggere completamente il Paese dall’instabilità generale in Europa».
Alla luce di queste previsioni, Foraus ritiene che la Svizzera debba «creare imperativamente una task force per esaminare tutte queste questioni e contattare l’Unione Europea per evitare di essere messa da parte, o dimenticata, se Trump tornasse in carica». La Confederazione dovrebbe poi chiedersi come dovrebbe posizionarsi, in termini di politica di sicurezza, se gli USA lasciassero la NATO.