Amazon.com gira le spalle alla Svizzera, restano solo i siti UE

Le voci di corridoio dicevano che Amazon nel 2019 avrebbe dato un altro colpo nell’offensiva al commercio al dettaglio elvetico tramite l’apertura di una piattaforma dedicata alla Svizzera. Mentre proprio dalla prima metà di quest’anno, il gruppo americano aveva già iniziato ad effettuare consegne in Svizzera ampliando l’assortimento di merci accessibili da clienti svizzeri e riducendo i tempi di consegna per i prodottiprovenienti dall’estero. Questo anche grazie ad un accordo con la Posta, che permette agli utenti di pagare su un conto svizzero di PostFinance. E invece ora il gigante delle vendite online sembra fare un passo indietro. Infatti a partire dal prossimo 26 dicembre, agli svizzeri non verranno più recapitati i pacchetti ordinati sul sito americano Amazon.com. Come si legge in un’email inviata dalla stessa società ai suoi utenti, «i clienti in futuro sono incoraggiati a rivolgersi ai siti dell’UE (come Amazon.de, Amazon.fr, Amazon.it) per effettuare i loro acquisti». Inoltre, si legge ancora, non avranno accesso neppure ai cataloghi delle filiali situate in Paesi fuori dall’Unione.
Più IVA in arrivo
Amazon ha giustificato la decisione con le nuove regole sull’IVA che entreranno in vigore da gennaio 2019. In pratica, fino ad oggi la Confederazione non riscuote l’IVA all’importazione su spedizioni che hanno un valore fiscale di 5 franchi (cioè che, data l’aliquota del 7,7% corrispondono ad un valore della merce di 65 franchi, spedizione inclusa). Questo dà un chiaro vantaggio competitivo ai commercianti online stranieri rispetto alle società svizzere che pagano già l’imposta sul valore aggiunto. Dall’anno prossimo invece, se la società straniera che esporta in Svizzera fattura oltre 100.000 franchi all’anno, dovrà pagare l’IVA anche sulle piccole spedizioni. Una cifra che in Svizzera Amazon guadagna in circa un’ora e mezza, e a livello globale, con un fatturato totale da 178 miliardi di dollari, in neanche 30 secondi. La decisione era stata comunicata dal Consiglio Federale già nel gennaio del 2015.
«Amazon.com probabilmente ha fatto un ragionamento di costi-opportunità», ci spiega Patrick Kessler, presidente dell’Associazione svizzera della vendita per corrispondenza (VSV ASVAD). «In Svizzera il giro d’affari è stimato attorno ai 600 milioni di franchi. La maggior parte tuttavia viene generata attraverso i siti europei, mentre le spedizioni dagli Stati Uniti non dovrebbero rappresentare più del 10%».
Tuttavia, continua Kessler, la decisione arriva un po’ come una sorpresa. «La posizione della nostra associazione non cambia, nel senso che il Consiglio federale, così come l’UE, hanno riconosciuto il problema dell’evasione dell’IVA e lo hanno affrontato. Amazon avrebbe potuto o adeguarsi o cercare un altro accordo. In ogni caso sono convinto che il fatturato di Amazon in Svizzera comunque continuerà a crescere nei prossimi anni a ritmi veloci, perché nel frattempo il gruppo si è dotato delle strutture necessarie a livello di procedure burocratiche, come lo sdoganamento, la dichiarazione dell’IVA, etc, che permettono una consegna più veloce ai clienti». Questo, nonostante attualmente sul sito americano siano presenti 300 milioni di articoli – molti di più che sugli altri siti – a volte a prezzi inferiori. «Non penso neppure che altre società straniere rinuncino al mercato elvetico per via della nuova regolamentazione fiscale -aggiunge –: i grossi attori, come ad esempio la tedesca Zalando, già da anni si comportano come le imprese svizzere per i pagamenti sull’IVA».

Secondo uno studio dell’istituto Kölner EHI Retail, Amazon.de oggi è al terzo posto nella classifica dello shopping online elvetico, con un fatturato pari a 431,6 milioni nel 2017. Al primo posto c’è Digitec.ch, con 690 milioni di vendite, seguita da zalando.ch con 685 milioni.
Una tregua temporanea
Dunque il passo di Amazon significa un po’ di respiro per gli altri attori o no? Secondo il fondatore di Digitec, Marcel Dobler, è la tregua è solo temporanea. Se non altro, perchè rimane comune il problema dei giganti cinesi online come Alibaba e JD.com, tramite cui in Svizzera ogni giorno arrivano 70.000 pacchi. «Queste piattaforme hanno migliaia di piccoli commercianti che continuano a beneficiare di una massiccia distorsione del mercato non pagando l’IVA ed effettuando consegne a basso costo in Europa grazie alle tariffe postali sovvenzionate». Quindi le leggi andrebbero riviste anche per i Paesi in via di sviluppo. Tanto, che la Migros il maggio scorso aveva mandato a 300 politici una lettera di protesta contro l’inondazione cinese di pacchi.

«Da un lato se un grosso attore esce dal mercato, gli altri subiscono meno concorrenza», commenta da parte sua Carlo Terreni, direttore generale di Netcomm Suisse (l’Associazione svizzera degli operatori del commercio elettronico e della comunicazione digitale). «Dall’altro, è importante capire quanto questa decisione sarà di impedimento alle piccole e medie società elvetiche, che si servono della piattaforma di Amazon per poter vendere i loro prodotti all’estero. Oggi il processo non è facile, perchè per vendere sulle piattaforme di altri Paesi, ad esempio quelli confinanti, è necessario avere una partita IVA europea, e quindi di fatto una sede legale anche all’estero. Proprio per questo l’associazione sta progettando un’indagine sia a livello nazionale che regionale». Inoltre, secondo Terreni i volumi di vendita a cui Amazon.com rinuncia non sono poi così trascurabili. «Quello che potrebbe tornare a verificarsi, soprattutto nei cantoni di confine come il Ticino, è il fenomeno delle consegne alla frontiera con i cosiddetti “pick-up point” (cioè un sistema per cui edicole o altri negozi italiani si rendono disponibili per un servizio di buca-lettere, ndr). Un servizio che tra l’altro può essere svolto anche dagli amici, parenti e colleghi che abitano in Italia non lontano dalla frontiera». In generale, sottolinea Terreni, sono ancora troppe poche le società che sfruttano le possibilità delle vendite online, soprattutto in Ticino, mentre i consumatori ne approfittano allegramente. Non è invece dello stesso parere Kessler: «Le società elvetiche sono molto presenti nei settori dell’elettronica da casa, del cibo, ma anche nei mobili, libri e media» – sottolinea. «Storicamente le nostre aziende sono deboli online (come d’altronde nei negozi reali) per quanto riguarda i tessili e la moda. Tutto ciò vale sicuramente per la Svizzera tedesca. È anche vero che l’e-commerce nella Svizzera francese, e ancora di più nella Svizzera italiana, ha sicuramente margine di rafforzamento».