Annegare in un mare di debiti è più facile di quanto si pensi
Distratti forse dai numerosi aumenti di prezzo di beni e servizi entrati in vigore all’inizio di quest’anno, sui quali primeggiano i premi di cassa malati e l’IVA, il cui tasso è passato dal 7,7% all’8,1%(+0,4 punti percentuali), non ci siamo (ancora) accorti che c’è un aumento di non poco conto che avrà un impatto su tutta una serie di consumi - e consumatori: dal primo gennaio, infatti, il tasso d’interesse massimo applicabile ai crediti al consumo è aumentato di ben un punto percentuale, arrivando al 12% per i prestiti in contanti, mentre per quelli sotto forma di anticipo sul conto corrente si arriva al 14% - poco sotto la soglia dell’«usura», che secondo la Legge federale sul credito al consumo si manifesta a partire da un tasso del 15%.
La notizia non è buona per chi, per scelta, si indebita per comprarsi beni «extra» come apparecchi elettronici o delle scarpe «sneakers» da collezione; ma lo è ancora meno per chi, per necessità, si indebita per sostenere dei costi per la salute (non coperti dalle assicurazioni, per esempio) o, ancora peggio, per arrivare alla fine del mese.
In entrambi i casi il passo verso il circolo vizioso del sovraindebitamento è breve - molto breve se si aggiungono elementi come la scarsa «educazione finanziaria» e il generale impoverimento di ampie fasce di popolazione confrontate con salari bassi e stagnanti.
Non tutti i debiti sono uguali
Stando all’indagine sui redditi e sulle condizioni di vita(Statistics on Income and Living Conditions, SILC) dell’Ufficio federale di statistica (UST), nel 2020 (ultimo rilevamento disponibile) più del 40% della popolazione svizzera viveva in un’economia domestica con almeno un tipo di debito e quasi il 7% ne ha accumulato almeno tre tipi. Questi comprendono il leasing per veicoli, i crediti al consumo, gli acquisti a rate, i debiti nella cerchia di amici e parenti, le ipoteche tranne quelle sull’abitazione principale, gli arretrati di pagamento nonché gli scoperti di conto o le fatture di carta di credito insolute. Insomma, le modalità per andare lunghi sono tante. Ma c’è debito e debito: quello contratto per finanziare l’acquisto della propria abitazione non è «consumo»; quello per l’auto o il televisore invece sì. E poi c’è indebitamento «sostenibile» e quello che diventa problematico quando gli impegni si accumulano al punto tale da non potervi più far fronte.
Il «campanello d’allarme»
Misurare il sovraindebitamento non è semplice in quanto, dal profilo statistico, è difficile fissare la soglia oltre la quale il fenomeno è tale. L’ultimo dato specifico rilevato dall’UST per il Ticino risale al 2014, quando si registrò un tasso di sovraindebitamento dell’8%. «Sarebbe utile considerare i dati sugli arretrati di pagamento, una buona misura perché rappresenta un “campanello d’allarme”», afferma al CdT Sara Duric, collaboratrice scientifica della Sezione del sostegno sociale al DSS, che si occupa anche dell’iniziativa «Il franco in tasca» (v. sotto). Questo indicatore viene effettivamente fornito dalla statistica SILC, che annualmente studia la povertà, l’esclusione sociale e le condizioni di vita delle economie domestiche in Svizzera con indicatori comparabili a livello europeo. Stando all’ultima indagine, del 2021, più di una persona su otto (11,5%) viveva in un’economia domestica con almeno un tipo di arretrato di pagamento e il 5% con almeno due tipi. I debiti sulle imposte sono l’arretrato più frequente (5,8% della popolazione), seguito dai premi di cassa malati (4,8%) e dal rimborso di crediti privati o al consumo e dalle fatture delle carte di credito (3,6%).
Non solo mutuo e leasing
«In Svizzera occorre però parlare anche di altre forme di indebitamento privato che ormai riguarda anche la salute e la formazione», afferma Spartaco Greppi, professore e ricercatore al Dipartimento economia aziendale, sanità e sociale (Deass) della Supsi. «Ci si indebita sempre più per le cure mediche non coperte dalle assicurazioni, così come per consentire di vivere dignitosamente durante gli studi. E il relativo disimpegno dello Stato in questi settori, con i meccanismi di freno o contenimento della spesa pubblica, non può che incentivare l’indebitamento privato, anche tramite il credito al consumo».
Lo studioso della Supsi osserva però due atteggiamenti contrastanti rispetto al debito: «Da una parte c’è l’indebitamento privato quale motore di crescita economica (il mutuo per la casa o il leasing per il veicolo usato per il lavoro), dall’altra c’è quello rappresentato dal credito contratto per consumi considerati “voluttuari” o non essenziali. Questi, sebbene oggetto di stigma, sono però anch’essi funzionali a un determinato modello di crescita, quello basato appunto sui consumi elevati e frequenti. In ogni caso, al di là dell’aumento della spesa complessiva, qualsiasi forma di indebitamento ha una funzione disciplinare, costringe l’individuo a lavorare sempre di più a qualsiasi condizione, pur di garantirsi la possibilità di ripagare il debito. “Schuld”, come si dice in tedesco. Debito come colpa».
Il professor Greppi ricorda infine l’attuale prospettiva di mercato del lavoro, «che tende a non integrare (i senza lavoro, ndr), o lo fa con salari relativamente bassi. E così si delinea un groviglio di elementi che in qualche modo spingono queste persone verso consumi che a volte devono essere per forza di cose finanziati attraverso delle forme di credito, a maggior ragione se riguardano la salute, o volte alla mera sopravvivenza».