Bitcoin, i fondi ETF non decollano e i dubbi sui rischi restano
Era stato descritta come una svolta «epocale» per il settore delle criptovalute ma finora il mercato sembra essere meno entusiasta, oltre che dubbioso. Lo scorso 10 gennaio la Securities Exchange Commission (SEC), l’autorità statunitense di vigilanza e regolamentazione delle borse valori, ha approvato la quotazione di undici fondi denominati US bitcoin ETF, ma dopo l’euforia iniziale segnata da un balzo del bitcoin poco sopra quota 49 mila dollari nel primo giorno di negoziazione di questi fondi, il valore della criptovaluta è gradualmente sceso fino a quota 38.513 dollari (-21,5%), per poi stabilizzarsi su livello attuale attorno a 43 mila dollari– cedendo comunque oltre il 10% dal picco dell’11 gennaio.
Le oscillazioni di prezzo del sottostante, il bitcoin appunto, sono però solo un riflesso del mercato dei relativi ETF (Exchange Traded Funds), che va infatti valutato in base ai volumi. Nel solo primo giorno di negoziazione gli US bitcoin ETF, che vengono scambiati al Nyse, Nasdaq e Cboe, hanno accumulato un volume di scambi complessivo di oltre quattro miliardi di dollari, in particolare verso i prodotti gestiti dai colossi BlackRock e Fidelity. Tuttavia, quasi tre miliardi di dollari hanno riguardato flussi in uscita dall’ETF di Grayscale, la società che in precedenza aveva dominato il mercato regolamentato degli investimenti in bitcoin e che, grazie alla decisione della SEC, ha potuto convertire il suo Grayscale Bitcoin Trust in un ETF.
Secondo Francesco Franzoni, professore di Finanza all’USI e Senior Chair allo Swiss Finance Institute, il mercato aveva anticipato da qualche settimana la decisione della SEC e il bitcoin si era apprezzato molto, mentre la successiva flessione del corso della criptovaluta «può essere interpretata come una “correzione dell’esuberanza” tramite il classico “profit-taking” da parte degli investitori». Stando alle previsioni degli analisti, gli US bitcoin ETF combinati hanno circa 21 miliardi di dollari di asset e potrebbero attirare fino a 100 miliardi di dollari solo quest’anno da investitori retail e istituzionali.
Il lancio più o meno entusiasmante dei bitcoin ETF negli USA, che rappresenta il mercato più importante sia per questi fondi, sia per la storica criptovaluta, non ha tuttavia risolto i molti dubbi che questo mercato rappresenta, in particolare riguardo i rischi per gli investitori privati (retail). Ricordiamo che la SEC aveva a lungo respinto questi prodotti citando preoccupazioni per la protezione degli investitori e il presidente Gary Gensler aveva sottolineato, lo scorso 10 gennaio, che la SEC «non approva o avalla il bitcoin», avvertendo che il bitcoin rimane un «asset volatile» e che gli investitori dovrebbero essere molto cauti.
«Questi ETF sono prodotti molto rischiosi per gli investitori retail perché caratterizzati da un’elevata volatilità dovuta alla tendenza speculativa del sottostante, ovvero del bitcoin», spiega Franzoni. «Anche gli ETF su titoli azionari o altri strumenti finanziari possono essere speculativi – continua - ma il sottostante è, appunto, “reale” e quindi si sa su cosa basare la propria analisi. Sul bitcoin, invece, ci si può solo affidare, o scommettere, sulla sua adozione da parte di altri, un po’ come in uno schema Ponzi (che si alimenta degli apporti di nuovi partecipanti, ndr)».
Secondo Antonio Sánchez Serrano, economista presso l’European Systemic Risk Board, l’organismo di vigilanza sui rischi finanziari dell’Unione europea, citato da Reuters, gli US bitcoin ETF potrebbero «esacerbare in particolare» la volatilità in tempi di stress del mercato e il «disaccoppiamento» del prezzo dell’ETF dall’attività sottostante.
Il professor Franzoni ricorda due suoi studi empirici su questi fenomeni relativi agli ETF in generale: «Abbiamo dimostrato che il solo fatto che esiste un ETF su un determinato sottostante, per esempio un titolo azionario o un bond, crea volatilità nel sottostante, che è ciò che abbiamo visto con i bitcoin ETF addirittura prima della loro approvazione. In seguito, abbiamo studiato il fenomeno degli ETF cosiddetti “tematici”, come lo sono quelli sul bitcoin, dimostrando come dopo il loro lancio, le performance tendono a essere negative, e anche questo lo abbiamo visto immediatamente dopo il lancio dei bitcoin ETF».