L'analisi

BNS, bitcoin come riserva? Esperti finanziari scettici

Il presidente dell’istituto ha affermato che presenta troppe variazioni di valore – Markov: «Se vent’anni fa non fosse stato venduto l’oro, ora risultati migliori» – Mandruzzato: «Acquistando le "magnifiche sette" utili alle stelle»
©FERNANDO GUTIERREZ-JUAREZ
Roberto Giannetti
29.01.2025 06:00

Il bitcoin diventa un tema di attualità anche per la Banca nazionale svizzera. Per il presidente della direzione della Banca nazionale svizzera (BNS), Martin Schlegel, le criptovalute presentano grosse variazioni di valore, ciò che le rende poco propizie per essere utilizzate come valute di riserva.

Interrogato lunedì sera durante la trasmissione Eco Talk della televisione pubblica svizzero tedesca SRF 1, il capo della BNS non ha però voluto dire null’altro in merito all’iniziativa popolare federale «Per una Svizzera finanziariamente solida, sovrana e responsabile (Iniziativa Bitcoin)», lanciata ufficialmente il 31 dicembre scorso.

Il testo è infatti stato pubblicato sul Foglio federale il giorno di San Silvestro. L’iniziativa chiede di inserire nella Costituzione un passaggio con il quale si specifica che una parte delle riserve monetarie della BNS, realizzate attingendo ai suoi guadagni, devono essere costituite da oro e da Bitcoin. Non viene precisata la percentuale di suddivisione fra il metallo prezioso e la criptovaluta.

«Le cripto non sono monete»

Come considerate questa proposta? Lo abbiamo chiesto a due esperti. «Per quanto riguarda il bitcoin come moneta di riserva - rileva Nikolay Markov, economista senior di Pictet Asset Management - condivido l’opinione di Martin Schlegel, perché effettivamente le criptomonete allo stato attuale non soddisfano le condizioni per essere utilizzate come monete di riserva, e inoltre non corrispondono neanche alla definizione di moneta in senso stretto».

«Infatti - prosegue - una moneta, per essere considerata tale, deve soddisfare tre criteri: deve essere una unità di conto, un mezzo di scambio e infine una unità di riserva. Dal canto loro i bitcoin rispettano i primi due criteri, ma non il terzo, perché registrano delle forti variazioni di corso, il che rende il valore detenuto da una banca centrale totalmente instabile».

«Questo è dovuto - precisa - al fatto che il valore dei bitcoin non è legato ai fondamentali economici abituali per le monete, come per esempio il differenziale dei tassi di interesse o dell’inflazione. È anche vero che c’è una criptovaluta utilizzata dalle banche centrali, la Central Bank Digital Currency, ma non è una criptovaluta privata, visto che viene emessa dalle banche centrali stesse. Quindi, a mia conoscenza, nessuna banca centrale utilizza i bitcoin come moneta di riserva».

Strategia adeguata

Comunque, anche le monete convenzionali, come l’euro o il dollaro, presentano problemi di affidabilità e di stabilità. Una diversificazione non sarebbe possibile? «È vero - risponde Nikolay Markov - ma, anche se non sono coperte dall’oro, almeno si conoscono i determinanti della loro evoluzione, come la crescita del PIL, la politica monetaria, e come detto il differenziale dell’inflazione e dei tassi, mentre questo non è il caso per le criptovalute private, che sono praticamente degli strumenti speculativi».

Tutto questo è verissimo. Ma molti si chiedono a quanto ammonterebbero le riserve dalla BNS se per esempio 10 anni fa avesse acquistato dei bitcoin. «Certo - nota -, basti pensare che se qualcuno avesse acquistato 100 dollari alla nascita dei bitcoin oggi avrebbe un equivalente di decine di milioni di dollari. Ma questo era totalmente imprevedibile».

«Ma esiste un’altra grande questione - conclude Nikolay Markov -: cosa sarebbe successo all’inizio degli anni 2000 la Banca Nazionale non avesse venduto a un prezzo che oggi sembra irrisorio parte delle sue riserve d’oro? Forse oggi avrebbe riserve diverse volte maggiori rispetto a quelle attuali. Anche questo non lo si può che rimpiangere».

«Sono molto scettico - afferma dal canto suo GianLuigi Mandruzzato, senior economist della banca EFG - sull’opportunità di aggiungere una attività finanziaria il cui prezzo è così volatile e il cui valore intrinseco è così difficile da stimare. Bisogna considerare che le riserve della banca centrale devono avere caratteristiche di bassa volatilità e pochi rischi, perché il fine primario della BNS non è il ritorno dell’investimento ma il mantenimento del suo valore a beneficio dell’intera popolazione svizzera. Quindi il bitcoin non è adatto a fare da attività di riserva».

«Per quanto riguarda il dollaro e l’euro - aggiunge - direi che tenere valute estere è connaturato al fatto che si tratta di riserve valutarie e quindi sono denominate in valute diverse dal franco svizzero. Inoltre le riserve valutarie dovrebbero anche riflettere il volume di scambi commerciali che un Paese svolge, e come noto la maggior parte degli scambi della Svizzera viene denominato o in euro o in dollari americani, e questo spiega il fatto che la maggior parte di queste esposizione della BNS siano in queste due monete».

Pochi bitcoin, molti utili

Se la BNS avesse acquistato dei bitcoin 10 anni fa, come sarebbe la situazione oggi? «Chiaramente - precisa - dal punto di vista meramente matematico, ipotizzando che dieci anni fa la BNS avesse allocato lo 0,5% del suo portafoglio in bitcoin, oggi il valore delle sue riserve valutarie sarebbe di molto superiore a quelle attuali. Ma esiste anche un altro ragionamento che si potrebbe fare: se invece di condurre una gestione passiva degli investimenti azionari, avesse assunto un gestore patrimoniale che dieci anni fa avesse investito in nelle «magnifiche sette» (Google, Amazon, Microsoft, Meta, Nvidia, Apple e Tesla, ndr), il ritorno sarebbe stato di molto superiore. Ma in un’ottica di raggiungere l’equilibro fra una gestione che crei anche un rendimento, ma al tempo stesso preservi il valore delle monete, il profilo di rischio deve essere adeguato, e quindi la strategia di avere un 20% del portafoglio in azioni, a mio avviso è adeguata».

«Abbiamo visto in passato - conclude GianLuigi Mandruzzato - anni in cui le perdite sono state ingenti e quindi la BNS non è stata in grado di distribuire dividendi a Confederazione e cantoni. Negli ultimi due anni ha registrato degli utili, ma non è detto che ciò si ripeta nei prossimi anni regolarmente e non è affatto detto che detenere dei bitcoin lo renda più probabile».