Borsa svizzera, l'SMI apre in netto rialzo dopo la sospensione dei dazi

La Borsa svizzera apre in netto rialzo, sulla scia di Wall Street e dei mercati asiatici. L'inversione di rotta di Donald Trump sui dazi, ad eccezione di quelli imposti alla Cina, ha fatto risalire le borse, rassicurate dall'allentamento delle tensioni commerciali.
L'avvio a razzo - l'SMI pochi minuti dopo l'apertura segnava +8,20% a 11'780.72 punti - era atteso: ieri il Dow Jones ha registrato la sua migliore seduta dal 2008 e il Nasdaq la seconda migliore performance di sempre.
L'andamento è simile sulle altre principali piazze europee: a Milano l'indice Ftse Mib sale del 6,2%, a Londra l'FTSE 100 del 5,5%, a Francoforte il DAX dell'8,1% e a Parigi il CAC 40 del 6,6%. Da notare che lo Stoxx 600 - l'indice azionario che rappresenta 600 delle maggiori società quotate in borsa in 17 paesi europei - con un rialzo del 5,7% segna il suo rialzo massimo dal 2020.
In precedenza, la Borsa di Tokyo aveva, come accennato, concluso la seduta in sostenuto rialzo. Il listino di riferimento Nikkei ha fatto segnare il secondo maggiore rialzo giornaliero di sempre, con un guadagno del 9,13%, a quota 34'609, trainata dalla tecnologia e dal comparto auto.
La sospensione di 90 giorni dei cosiddetti dazi reciproci aveva ieri messo le ali anche a Wall Street: il Dow Jones ha chiuso in rialzo del 7,87%, il Nasdaq del 12,16% mentre lo S&P 500 del 9,51%.
Secondo alcuni analisti, la decisione di Trump è una marcia indietro di fronte a pressioni divenute troppe elevate per la Casa Bianca. Se il tracollo dei mercati azionari era stato in qualche modo gestito, le recenti tensioni sui Treasury hanno fatto salire la paura mettendo a rischio lo status di 'bene rifugio' per eccellenza dei titoli di debito americani e del dollaro e alimentando i timori di una recessione.
Negli ultimi giorni un'ondata di vendite si è abbattuta sui Treasury a causa dei timori sulle ricadute del pugno duro di Trump sui dazi. A pesare sui bond sono stati i dubbi sull'impatto di lungo termine dei dazi sull'inflazione e le perplessità sulla riuscita o meno del piano del presidente americano per ridurre il deficit.
I riflettori sono stati puntati soprattutto sulla Cina, il secondo paese straniero al mondo con più Treasury in portafoglio dopo il Giappone. La paura che si è diffusa è che Pechino possa decidere di cederli sul mercato in ritorsione ai dazi di Trump o perché non ha dollari a sufficienza per mantenerli. Ipotesi quest'ultima che ha acquistato ancora valore alla luce delle indiscrezioni sulla cancellazione da parte di Amazon di alcuni ordini di prodotti Made in China in seguito ai dazi così da ridurre la sua esposizione alle tariffe e scaricarla sui venditori.
L'annuncio di Trump però ha oscurato qualsiasi timore sui Treasury, per i quali - almeno con la Cina - la partita resta aperta. Fra gli investitori c'è anche chi nota come l'euforia iniziale potrebbe essere mal riposta perché si aprono altri 90 giorni di incertezza sull'esito delle trattative per gli accordi commerciali. Per ora però i trader festeggiano.