Denaro

«Cash is king» (e non si tocca)

L’annuncio della Banca nazionale riguardo al rinnovo dei biglietti di banca ripropone il tema del ruolo del contante Per il presidente Martin Schlegel si tratta di «un progetto di lungo termine, dobbiamo iniziare a lavorarci già adesso» – Beretta (USI): «Le emissioni troppo ravvicinate rischiano di disincentivarne l’uso e ridurne l’attrattività quale riserva di valore»
Il presidente della direzione generale della BNS Martin Schlegel durante la conferenza stampa a Berna di presentazione del progetto per una nuova serie di banconote. © ANTHONY ANEX
Dimitri Loringett
30.10.2024 22:30

A chi non è capitato, anche in tempi recenti, di trovare un biglietto da 10 franchi «vecchio» che, per l’occhio distratto, assomiglia a quello attuale? Insomma, non è passato nemmeno un decennio dall’introduzione dell’ultima serie che la Banca nazionale svizzera (BNS) ha deciso di svilupparne una nuova.

«Che bisogno c’è?», si chiederanno in molti. La domanda è riecheggiata più volte anche durante la conferenza stampa della BNS ieri mattina. «L’attuale serie di banconote è stata emessa tra il 2016 e il 2019, il che significa che ora, nel 2024-25, la serie attuale ha raggiunto circa la metà della sua aspettativa di vita. Poiché l’emissione di una nuova serie è un progetto a lungo termine, dobbiamo iniziare lo sviluppo adesso», ha risposto Martin Schlegel, presidente della direzione generale della BNS. «Dopo 15 anni - ha aggiunto - l’esperienza insegna che le banconote hanno bisogno di una riprogettazione e di un aggiornamento delle caratteristiche di sicurezza».

Oltre a queste motivazioni «tecniche», che cosa spinge la BNS a emettere una nuova serie di banconote? Pensiamo solo ai costi dell’operazione (su questo punto, a domanda precisa di un giornalista, Martin Schlegel non si è sbilanciato). Ma anche a eventuali difficoltà di adattamento per le fasce di popolazione più sensibili. «Sebbene gli standard di sicurezza di un “titolo al portatore”, come lo è appunto la cartamoneta, siano fondamentali per garantirne affidabilità nell’uso, ritengo che sia necessario tenere in maggiore considerazione che i dati statistici confermano come il contante sia oggigiorno sempre più percepito come riserva di valore (in particolar modo, in tempi di crisi) e sempre meno come mezzo di pagamento», osserva Edoardo Beretta, professore titolare di Economia all’USI. In altre parole, continua, «se uno strumento di pagamento ha sì bisogno di essere regolarmente “rivitalizzato” in termini di grafica, funzionalità e standard di sicurezza, una riserva di valore abbisogna invece quanto più di immutabilità nel tempo. L’emissione troppo ravvicinata di nuove serie di banconote - la media di anni intercorsi fra una e un’altra dal 1907 (1. serie) al 2016 (9. serie) è stata di 13 anni con “picchi” di 21 anni (ad esempio, fra l’8. e la 9. serie) - rischia di disincentivarne ulteriormente l’uso diffuso a fronte dei costi di adattamento da parte del commercio, ma anche di ridurne l’attrattività per i risparmiatori in termini di riserva di valore».

Gli svizzeri hanno un rapporto quasi morboso col contante: stando ai dati della Banca dei regolamenti internazionali, ogni abitante nella Confederazione detiene in media circa 10 mila franchi in banconote e monete, la cifra più alta di qualsiasi nazione europea. Tuttavia, come in altre economie avanzate, la popolarità del «cash» è in calo. Stando ai rilevamenti della BNS, poco più di un terzo delle transazioni dei consumatori è ancora regolato con denaro fisico.

Ciononostante, abbandonare il numerario fisico è escluso a priori, se non altro perché il suo approvvigionamento è uno dei mandati basilari conferiti dalla Confederazione alla BNS. Ma i mezzi di pagamento digitali sono sempre più diffusi, per non parlare del fenomeno delle neo-banche «full digital», che non hanno uno sportello e che operano sui circuiti privati delle maggiori carte di credito.

Un futuro «cashless» è forse ipotizzabile in Svizzera? Per il numero uno della BNS la risposta è no, dato che oltre il 90% della popolazione - quota che, tra l’altro, non accenna a diminuire - afferma di volere il contante. «Attualmente, biglietti e monete sono le uniche modalità per il largo pubblico (non bancario) per detenere “moneta di banca di centrale”, cioè di diretta emissione della BNS», spiega il professor Beretta. Nel contempo, continua, «l’essere umano è inconsciamente ancora molto legato a “tangibilità” e “fisicità” per esprimere il possesso di qualcosa: lo si percepisce specie in tempi di crisi quando i risparmiatori spesso ritirano in contanti i loro averi depositati in banca. Se il contante venisse sempre più percepito come “anacronistico”, sarebbe a mio parere uno sbaglio, oltre che un rischio per la stabilità del sistema economico-finanziario che abbisogna di una diversificazione sufficiente in termini di attività, mezzi di pagamenti, canali di funzionamento ecc. per evitare un’eccessiva dipendenza dagli uni rispetto agli altri».