Chiacchiere al supermercato per superare lo stress da cassa

Abbiamo vissuto tutti momenti simili: supermercato affollato, code chilometriche davanti alle casse. Arriviamo al momento cruciale, quello sulla carta più semplice: il pagamento. C’è però un problema, vogliamo farlo in contanti e sul fondo del borsello non troviamo quei venti centesimi per il saldo esatto. O la carta bancaria si mimetizza tra le mille altre che abitano il portafogli. Improvvisamente il tempo sembra allungarsi. Nella frenetica ricerca pochi secondi paiono ore e in un attimo ci sentiamo addosso gli occhi di tutti. Già sembra di udire gli sbuffi spazientiti di chi, in coda dietro di noi, vuole come noi porre fine il più rapidamente possibile alla propria personale Odissea. Esperienza simile possono vivere gli utenti dei self-check-out (casse automatiche), quando il codice a barre sembra venga nascosto di proposito nei luoghi più improbabili: senza accorgersene si ritrovano a capovolgere più volte i prodotti (sotto, sopra, sinistra, destra) scambiando un sorriso imbarazzato con chi è in attesa.
In un mondo che punta sempre di più alla velocità, all’ottimizzazione del tempo, una semplice operazione come il pagamento al supermercato può insomma essere fonte di un bello stress.
Di queste problematiche è ben consapevole una catena di supermercati olandese, che nelle scorse settimane ha deciso di muoversi controcorrente. L’obiettivo? Installare nelle proprie filiali i cosiddetti «chat check-out», casse lente con le quali, specialmente in tempo di pandemia, combattere la solitudine e permettere agli utenti di scambiare qualche parola in tranquillità con chi sta dall’altra parte del bancone.
Con Léna Pellandini-Simányi, sociologa specializzata in marketing e professoressa presso l’Università della Svizzera italiana, abbiamo parlato del potenziale di questa trovata.
Lo stress da cassa esiste davvero
Non preoccupatevi, non siete gli unici a sudare sette camicie nei negozi. Lo stress da cassa esiste davvero, ci spiega la professoressa Pellandini-Simányi. «Recentemente, nel Regno Unito, aveva fatto notizia la storia di una madre che, mentre faceva la spesa con i tre figli, non era riuscita a stare al passo con la velocità della cassiera, con la merce che finiva per cadere a terra. La donna era stata portata fino alle lacrime».


«Questo racconto ha fatto discutere perché molti utenti si sono rivisti nella situazione. Molte persone sentono di non poter stare al passo con la velocità della cassa: ciò li fa sentire inadeguati e rende lo shopping di generi alimentari un’esperienza stressante. Questa pressione è caratteristica dei negozi ‘‘budget’’ che tagliano i costi riducendo il numero di cassieri: quelli rimasti possono servire lo stesso numero di clienti solo se riducono il tempo speso per cliente», spiega la sociologa. «Tutto ciò fa parte di una tendenza più ampia di automazione e digitalizzazione della società contemporanea. Sempre più posti di lavoro sono occupati dalle macchine. Il problema è che, mentre il cassiere può essere in grado di controllare la merce in un tempo più breve, i clienti spesso non sono in grado di tenere il passo».
Lo shopping sociale
Il tipo di cassa lenta ideato nei Paesi Bassi può dunque essere la panacea di tutti questi mali «commerciali»? Serve una distinzione, chiosa Pellandini-Simányi. «Ci sono due tipi di clienti: lo ‘‘shopper utilitaristico’’ vuole solo fare la spesa il più velocemente possibile. Per questo tipo di utente, la velocità e la mancanza di interazione con un cassiere è un’innovazione positiva. Tuttavia, per altri clienti, lo shopping non riguarda semplicemente l’approvvigionamento di merci. L’altra (e spesso principale) funzione è il contatto sociale. Per questi ‘‘social shopper’’, le interazioni di servizio - come andare al negozio, dal dottore, dal parrucchiere - sono spesso gli unici confronti della giornata. Poter chiacchierare, per loro, è un aspetto essenziale dello shopping: è il principale servizio che un negozio fornisce loro. Comprano beni per poter godere di questi aspetti sociali». L’arrivo della COVID-19 ha influito sui numeri di questa tipologia di clienti: «Con la crescente diffusione dello smart working, questa seconda categoria di acquirenti si è estesa oltre pensionati e disoccupati, toccando sempre più anche la fascia di popolazione attiva».
Per queste persone, il chat check-out potrebbe essere un vero toccasana. Ma non parliamo di novità: «Lo shopping sociale non è nuovo. I mercati, già l’antica agorà, sono stati tradizionalmente i luoghi delle interazioni sociali: andavano oltre la compravendita di beni. Con questo tipo di cassa si riconosce il fatto che lo shopping risponde a un bisogno diverso per persone diverse. Costerà più delle casse automatiche, ma creerà anche un vantaggio competitivo rispetto ai negozi completamente automatizzati: permetterà di mantenere e aumentare le vendite tra gli ‘‘social shopper’’».
E da noi?
Qual è la situazione in Svizzera? «Nel nostro Paese il rapporto con i supermercati è diverso a seconda della regione. In Ticino, lo ‘‘social shopping’’, le chiacchiere e l’interazione in cassa, hanno una lunga tradizione. È improbabile che un negozio completamente automatizzato abbia successo qui. Al contrario, la parte tedesca è tradizionalmente più sensibile al prezzo, con una più forte tradizione di shopping utilitaristico, il che la rende più favorevole alla cassa automatica più rapida ed economica», spiega la professoressa Pellandini-Simányi. «In futuro si manterrà a mio parere un sistema ibrido: nei negozi più economici si opterà principalmente per le casse automatiche, mentre nei supermercati di fascia medio-alta vi sarà un mix fra check-out lento e veloce. Questo, tuttavia, avrà una conseguenza sociale negativa. Le opzioni a bassa velocità, con ‘‘chiacchierata inclusa’’ saranno accessibili solo per la classe media e alta, quelle che possono permettersi questo tipo di servizio». Ma non è solo a loro che farebbe comodo l’interazione sociale: «Molti degli ‘‘social shopper’’ vivono con un basso reddito perché sono disoccupati o pensionati. Questo significa che proprio chi ne ha più bisogno rischierà di essere escluso da questa tipologia di esperienza».


Da noi contattato, Enzo Lucibello, presidente dell’associazione dei grandi distributori ticinesi (DISTI), ha commentato: «In Ticino non è attualmente in discussione un progetto simile a quello olandese. È vero, il numero di casse automatiche è in aumento, ma questo perché hanno successo: rispondono alle esigenze dei clienti che vogliono effettuare pagamenti rapidi. In quelle tradizionali, comunque, i diversi bisogni degli utenti sono tenuti in alta considerazione e lo staff dei supermercati è sempre pronto ad adeguarvisi. Per questo non si sente la necessità di un progetto specifico sulle casse lente».