Class action negli USA contro ex vertici di Credit Suisse

Core Capital Partners Ltd., società di gestione patrimoniale basata a Nassau nelle Bahamas, ha presentato, il 20 ottobre scorso, una «class action» contro Credit Suisse (CS), i suoi dirigenti (tra i quali l’ex presidente del Cda Axel Lehmann e gli ex CEO Thomas Gottstein e Ulrich Körner) e la società di revisione PricewaterhouseCoopers (PwC) presso la Corte distrettuale di New York negli Stati Uniti. L’oggetto del contendere? Ancora le famigerate obbligazioni AT1. La motivazione? Basandosi sulla teoria della «fraud-on-the-market» (teoria della frode sul mercato, ovvero l’idea che i prezzi dei titoli finanziari siano una funzione di tutte le informazioni materiali sulla società e sulla sua attività), Core Capital sostiene che la banca, i suoi vertici e società di revisione abbiano diffuso dichiarazioni materialmente false e fuorvianti riguardo alle politiche commerciali, operative e di conformità (compliance) della banca. Queste azioni, che violano una delle leggi fondamentali della U.S. Securities and Exchange Commission (SEC) sulla frode in titoli mobiliari, avrebbero permesso agli AT1 di essere artificialmente sopravvalutati sul mercato e causare perdite ai suoi detentori ancora prima della decisione della Finma del 19 marzo scorso di cancellarle del tutto, come parte del piano di salvataggio della banca. Nel testo dell’azione collettiva si legge, infatti, che i clienti di Core Capital avrebbero perso oltre 1,2 miliardi di dollari nel periodo tra il 18 febbraio 2021 e il 20 marzo 2023 (data, quest’ultima, in cui gli AT1 hanno di fatto cessato di esistere e quindi di essere negoziabili sul mercato).
L’azione legale promossa da Core Capital negli USA è solo l’ultima di una serie di ricorsi e cause legate al tema dei bond AT1, che rischia oltretutto di allungarsi ancora. Infatti, come abbiamo riferito lo scorso 10 ottobre, potrebbe presto essere intentata una causa contro UBS che ha «ereditato» il dossier AT1 con l’acquisizione di CS. A questo proposito, stando a informazioni raccolte dal CdT UBS sarebbe stata invitata dal Tribunale amministrativo federale (TAF) a fornire il suo «parere» in merito alla vertenza. Un decisione da San Gallo sui ricorsi contro la Finma è attesa per inizio anno prossimo.
I bonus li volevano salvare, gli investitori in AT1 no
In un recente articolo pubblicato sul portale antigua.news, si fa luce su una questione passata un po’ sottotraccia, ovvero il comportamento «bicefalo» di CS riguardo la decisione della Finma di azzerare le obbligazioni AT1. Riavvolgiamo brevemente il nastro. Il 19 marzo 2023, come parte del piano di salvataggio di CS la Finma ha ordinato all’ex seconda banca svizzera di svalutare tutti gli strumenti di capitale AT1 (del valore di circa 16 miliardi di franchi) e di notificare immediatamente i creditori interessati. L'ordine è stato reso immediatamente esecutivo e il suo effetto sospensivo è stato revocato. Il 20 marzo, tuttavia, CS ha chiesto di escludere dall’ordinanza i Contingent Capital Awards (CCA, strumenti simili agli AT1 ma funzionali al pagamento dei bonus dei dipendenti). La Finma ha però respinto questa richiesta il 22 marzo 2023. Successivamente, il 24 aprile CS ha presentato una richiesta al TAF per ripristinare l'effetto sospensivo, richiesta che è stata accettata il 27 aprile. Ciò ha permesso a CS di evitare l'annullamento dei CCA fino alla decisione finale del TAF, giunta nel mese di maggio.
Il punto controverso – e che fa intuire dove fossero riposte le reali preoccupazioni dei vertici della banca – è che CS non ha sfidato l'ordine iniziale di Finma del 19 marzo 2023, quello che ha portato alla cancellazione degli AT1 e la conseguente rimozione fisica (e di fatto immediata) di questi strumenti dai conti deposito titoli degli investitori. In altre parole, mentre i vertici di CS si sono subito preoccupati di salvare i loro bonus, gli investitori e i mercati non si erano nemmeno accorti, se non qualche giorno dopo, di quanto fosse accaduto ai loro bond AT1. (Ricordiamo che alla famosa conferenza stampa di domenica 19 marzo la questione degli AT1 ha rischiato di non essere nemmeno citato.) Da lì a poco, in aprile, sarebbero poi fioccati i ricorsi al TAF contro la Finma.
Gli investitori «gabbati» si sono trovati oltretutto in una situazione complicata, poiché non avevano un ordine ufficiale da appellare e non erano nemmeno stati informati da CS della decisione di Finma. A differenza della banca, inoltre, gli investitori non avevano informazioni e documenti per comprendere gli eventi che hanno portato alla cancellazione degli AT1. Si sono dovuti basare su comunicati stampa per le informazioni, nonostante vi sia stata un’ampia corrispondenza tra la banca e l’autorità di vigilanza di cui gli investitori non erano a conoscenza a causa di un'obiezione tattica presentata dalla banca contro la richiesta degli investitori di accesso ai documenti.
L'articolo di antigua.news, a firma dell’avvocato luganese Dario Item, si interroga se CS abbia violato gli obblighi di buona fede e di leale contrattazione nella gestione degli interessi dei suoi investitori nei bond AT1. CS, infatti, aveva il potere discrezionale di ricorrere o di eseguire gli ordini della Finma e ha scelto di sfidare l'ordine riguardante i CCA ma non quello che riguarda gli AT1. Se da un lato la banca ha deciso di impugnare e non eseguire l’ordine che concerne i CCA in attesa che il TAF prendesse una decisione urgente su una sua richiesta di restituzione dell’effetto sospensivo (domanda accolta dal Tribunale), dall’altro CS ha invece scelto di non contestare ed eseguire subitaneamente l’ordine di azzerare gli AT1, vanificando in questo modo ogni possibilità per gli investitori che si sono poi rivolti al TAF di ottenere una analoga misura sospensiva dal Tribunale, che infatti l’ha negata con la motivazione che ormai non c’era piu’ nulla da salvare. Ciò ha reso gli AT1 non più negoziabili sul mercato nelle more del procedimento, frustrando possibili occasioni di business.