Materie prime

Con meteo e regole UE, il caffè sarà più amaro

Le difficoltà nelle piantagioni del Brasile e del Viet Nam, colpite dalla siccità, unite alle restrizioni dell’Unione europea contro la deforestazione provocano ulteriori tensioni sui prezzi del pregiato chicco - Pesano anche i fattori logistici, così come la situazione finanziaria di alcuni principali operatori del settore, a rischio fallimento
Gian Luigi Trucco
14.12.2024 06:00

Era stato il cacao la grande star dell’universo delle materie prime, con il prezzo cresciuto, fra il febbraio 2022 (allora a 1.520 dollari la tonnellata) e l’aprile 2024 (8.285 dollari), del 445%, per poi ritracciare. Quindi, un’ulteriore rimonta, dal settembre 2024 (5.330 dollari) a oggi (8.260 dollari), pari al +55%. A determinare le forti variazioni sono stati fattori logistici ma soprattutto meteorologici, in Costa d’Avorio, Ghana e Nigeria, principali produttori, con forti piogge e la malattia del «baccello nero». Ora, dopo il rally degli ultimi mesi, cui è seguita una certa stabilizzazione, il deficit fra domanda e offerta potrebbe tornare a manifestarsi, spingendo ancora all’insù i prezzi.

Frattanto, un altro protagonista si è affacciato sulla scena delle soft commodities, il caffè, raggiungendo il livello di quotazione massimo degli ultimi 50 anni a causa dello scarso raccolto in Brasile, principale produttore con una quota di circa il 40% a livello globale, che ha conosciuto una grave siccità e in Viet Nam (16% di produzione globale), colpito dapprima da un periodo di forti piogge che hanno distrutto le piantagioni, cui ne è seguito uno di siccità.

Anche il prezzo del caffè era stato protagonista di un forte rally fra l’autunno 2020 (103 centesimi di dollaro per libbra) e l’agosto 2022, mettendo a segno un +128%, cui è seguito un assestamento e una nuova impennata, che ha condotto la quotazione dai 145 dollari del settembre 2023 ai 325 attuali, con un +224%.

Mentre si tenta di rendere le piantagioni più resistenti alle bizze climatiche, importatori e distributori, fra cui Nestlè, ricercano soluzioni per fronteggiare il calo delle forniture e alcuni importanti trader, quali Atlântica Exportação e Importação e Cafebras Comércio de Cafés do Brasil, rischiano il fallimento, in quanto non possono chiudere i contratti future e subiscono le pressioni dei margin call, con scoperti e indebitamenti ulteriori. Quindi accanto a fattori logistici e tecnico-commerciali, anche le difficoltà finanziarie degli operatori lungo la catena contribuiscono a spingere i prezzi all’insù.

Le condizioni meteo nelle aree di produzione non si preannunciano ancora favorevoli, a iniziare dallo Stato brasiliano di Minas Gerais, regione di punta nella produzione della qualità Arabica e in Viet Nam, ove è dominante il tipo Robusta.

A peggiorare la situazione di mercato è intervenuta, anche in questo come in altri casi, una norma dell’Unione europea dal sapore un poco «ideologico» che, se non modificata a breve termine, rischia di produrre pesanti conseguenze. Infatti la cosiddetta «Deforestation Regulation» (EUDR) impone forti restrizioni all’import da quei Paesi ove siano in corso progetti di deforestazione, come nel caso di Brasile e Indonesia. Le aziende importatrici devono dimostrare che nei Paesi di origine del prodotto non sono in corso processi di deforestazione a partire dal 2020.

Se i fattori meteorologici e le conseguenti difficoltà finanziarie e normative hanno un ruolo importante nell’accentuare la volatilità del prezzo del caffè, nel quadro di una tendenza primaria del mercato marcatamente bullish, che l’ha portato ai livelli più alti da vari decenni a questa parte, altre cause hanno contribuito.

Un fattore è di ordine logistico, accentuato dalla crisi del Mar Rosso e dalla congestione che si è creata in porti e depositi dell’Asia, dell’Africa costiera e del Mediterraneo. È inoltre cresciuto l’interesse per la qualità Robusta, preferita da produttori e intermediari per la maggiore resistenza, nonché dai consumatori, tanto che in alcuni mercati il «Fine Robusta» è assurto a vincitore di concorsi per cultori della bevanda, prodotta soprattutto in Viet Nam, India e Africa Centrale, quindi legata al transito attraverso Suez, con ritardi nelle consegne e sensibili aumenti dei costi di trasporto.

Una situazione complessa che, a detta degli operatori, non troverà soluzioni di breve termine, almeno per quanto riguarda il prezzo della nostra amata tazzina. Con una spruzzata di cacao, poi, sembra destinata a diventare ancora più cara.