Credit Suisse, tra multe e prossimi addii di peso
Si profila una partenza eccellente ai vertici di Credit Suisse: il responsabile del comparto investment banking, Christian Meissner, starebbe per lasciare la grande banca. Lo afferma Bloomberg, che si rifà a una persona vicina al dossier.
Stando all’agenzia l’addio del top manager austriaco avverrà nelle prossime settimane, sulla scia di una ristrutturazione completa dell’unità, che potrebbe essere messa in vendita. L’annuncio verrebbe fatto il 27 ottobre, la data - molto attesa dai mercati - in cui l’istituto presenterà la sua nuova strategia, in margine ai risultati trimestrali.
Ancora alla fine di luglio la banca aveva dichiarato che Meissner voleva contribuire alla trasformazione dell’unità di banca d’investimento. Ora, secondo le fonti di Bloomberg, il dirigente con un bachelor in storia conseguito nel 1990 negli Stati Uniti sta valutando opzioni come la fondazione di una propria società di consulenza o il passaggio alla concorrenza. In passato si era fra l’altro parlato di Meissner anche come di un possibile successore di Sergio Ermotti alla guida di UBS.
In borsa il titolo Credit Suisse ha guadagnato il +2,63% a 4,53 franchi, in linea con un mercato generalmente positivo. La notizia del giorno concernente la banca è però stata diffusa nel primo mattino: la società pagherà 495 milioni di dollari (497 milioni di franchi) negli USA per archiviare richieste di risarcimento relative a prestiti ipotecari subprime, i cosiddetti RMBS (Residential Mortgage-Backed Security) all’origine della crisi finanziaria del 2008. Per questi versamenti erano già stati predisposti accantonamenti. Non dovrebbero esserci effetti sui conti, quindi. L’accordo giudiziario riguarda la banca da una parte e la Procura generale dello Stato del New Jersey dall’altra e tacita - in modo definitivo - richieste di risarcimento relative a cause per un totale di 10 miliardi di dollari. Un accordo definitivo è stato trovato con il procuratore generale del New Jersey, ha indicato l’istituto. La procura aveva ipotizzato un possibile danno di 3 miliardi di dollari per le cause intentate nel 2013.
Tolto un peso, ne arriva un altro
«Credit Suisse è lieta di aver raggiunto un accordo che consente alla banca di risolvere l’unica questione RMBS rimasta in sospeso», si legge in un comunicato. L’intesa - per cui erano già stati predisposi accantonamenti - «segna un altro passo importante nell’impegno della banca a risolvere in modo proattivo le controversie e le questioni pregresse», conclude la nota.
La seconda banca svizzera aveva già annunciato lo scorso aprile il pagamento di 500 milioni di dollari, a fronte di richieste per 1,3 miliardi, sempre in relazione ai subprime.
Ma i guai giudiziari negli Stati Uniti non sono ancora finiti. Per una vertenza che si è chiusa, un’altra si è aperta. È della scorsa settimana la notizia fatta filtrare sempre dall’agenzia Bloomberg cheil Dipartimento di giustizia (DoJ) sta indagando sulla possibilità che la banca elvetica abbia aiutato contribuenti statunitensi a evadere le imposte.
Al centro della vicenda vi sarebbero importi non dichiarati al fisco per centinaia di milioni di dollari, secondo una persona vicina al dossier citata da Bloomberg. I clienti in questione avrebbero soprattutto passaporti sudamericani e sarebbero stati denunciati da ex dipendenti dell’istituto.
Da parte sua Credit Suisse ha negato qualsiasi illecito facendo sapere di collaborare con le autorità statunitensi. In una dichiarazione all’agenzia AWP la banca ricordava che non tollera l’evasione fiscale e sottolineava che dal 2014 ha intensificato notevolmente gli sforzi per identificare le persone che tentano di non pagare le tasse. Come noto in quell’anno l’istituto si era dichiarato colpevole di aver cospirato per aiutare facoltosi clienti americani ad aggirare le autorità tributarie e aveva accettato di pagare 2,6 miliardi di dollari per chiudere la vertenza con il DoJ.