L'analisi

Debito, i Paesi che lo riducono e quelli che invece lo gonfiano

Svizzera, Svezia, Norvegia e Germania sono tra gli Stati che si trovano sul versante della diminuzione dell'indebitamento – Italia, USA, Francia e Regno Unito sono tra quanti non stanno migliorando i conti pubblici – Quel record negativo che resta del Giappone
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Lino Terlizzi
Lino Terlizzi
22.04.2024 06:00

I dati aggiornati del Fondo monetario internazionale (FMI), resi noti nei giorni scorsi, forniscono un quadro ampio dell’indebitamento pubblico nel mondo, con l’indicazione dettagliata del rapporto tra debito pubblico e Prodotto interno lordo (PIL). Le cifre mostrano che la riduzione degli indebitamenti eccessivi, necessaria per non sottrarre risorse alla crescita economica, si conferma difficile a livello complessivo. Per la verità non mancano esempi di Paesi che stanno limitando l’indebitamento, riducendolo dopo balzi precedenti o continuando a mantenerlo basso. Ma sono ancora molti i Paesi che non smettono di aumentare il loro indebitamento e tra questi ci sono anche alcuni pesi massimi.

Le cifre

Guardando al debito pubblico/PIL a livello mondiale, si può vedere come nel 2019 il rapporto fosse 84,2%. Nel 2020 l’esplosione della pandemia ha portato ad interventi straordinari degli Stati e l’indebitamento è salito al 99,4%. Dopo questo balzo di più di 15 punti, sarebbe stato necessario tornare gradualmente, nell’arco di alcuni anni, almeno ai livelli pre pandemia. Ma la discesa c’è stata solo nel 2021 (94,7%) e nel 2022 (91,3%). Poi, nel 2023, c’è stato un aumento al 93,2%.

Ora per quest’anno l’FMI indica un lieve incremento al 93,8% e per gli anni successivi prevede altri aumenti, sino al 98,8% nel 2029. Vale la pena di ricordare due elementi. Il primo è che una parte consistente degli esperti ha sempre affermato che l’indebitamento pubblico dovrebbe essere lontano dal 100% del PIL (i famosi parametri dell’Eurozona indicano un tetto al 60%). Il secondo è che la motivazione di un rallentamento del PIL non può giustificare un aumento costante dell’indebitamento; compito degli Stati è infatti anche gestire i conti pubblici in modo che si ristabilisca un equilibrio soddisfacente.

Le economie avanzate

Delle 37 economie avanzate, o molto sviluppate se si preferisce, analizzate dall’FMI, 20 sono sulla via della riduzione del debito pubblico/PIL di qui al 2029, mentre 17 stanno ancora aumentando l’indebitamento. Per una volta iniziamo da Paesi virtuosi o volonterosi, facendo alcuni esempi. La Svizzera è prevista quest’anno al 36% e dovrebbe scendere gradualmente sino al 31% nel 2029. Discorso analogo per la Svezia. La Norvegia viene vista rispettivamente al 38% e al 30%. L’Irlanda dovrebbe passare dal 41% attuale al 32% nel 2029. Nello stesso periodo di tempo la Nuova Zelanda dovrebbe scendere dal 47% al 45%, l’Australia dal 49% al 43%, la Germania dal 63% al 57%.

Per dovere di cronaca, occorre dire che ci sono anche alcuni Paesi che stanno sì diminuendo l’indebitamento pubblico, ma al tempo stesso lo stanno mantenendo a livelli comunque ancora eccessivi. Alcuni esempi. Il Giappone, il Paese più indebitato al mondo, è quest’anno al 254% e dovrebbe scendere solo sino al 251% nel 2029; sta facendo di più la Grecia, che è ora al 158% e dovrebbe essere al 138% tra cinque anni; la Spagna dal canto suo è al 106% e dovrebbe registrare una discesa sino al 104% nel 2029; guardando all’area nordamericana, il Canada è attualmente al 104% ed è previsto al 95% tra cinque anni.

E veniamo ad alcuni esempi di non virtuosi o non volonterosi, Paesi cioè che stanno ulteriormente aumentando l’indebitamento pubblico. L’Italia viene vista dall’FMI al 139% quest’anno e al 144% nel 2029; gli Stati Uniti sono ora al 123% e sono previsti al 133% nel 2029; la Francia è al 111% ed è prevista al 115% tra cinque anni; il Belgio è al 105% e dovrebbe essere al 115% nel 2029; il Regno Unito ha un indebitamento che è ora del 104% e che dovrebbe salire sino al 110% del 2029. Come si vede da questi esempi, tra i Paesi che non stanno comprimendo l’indebitamento ci sono anche detentori di economie di grande taglia, che fanno così pendere la bilancia mondiale del debito pubblico /PIL dalla parte del peggioramento.  

I Paesi emergenti

Sinora abbiamo parlato di economie avanzate. Le dinamiche dei Paesi emergenti o in via di sviluppo sono diverse anche sui conti pubblici. Ma il problema dell’indebitamento non è completamente assente neppure su questo versante. Se prendiamo due giganti tra gli Emergenti, Cina e India, vediamo due differenti situazioni nel comparto. Per la Cina l’FMI prevede un forte aumento dell’indebitamento, con un rapporto debito pubblico/PIL che è ora all’88% e che dovrebbe essere al 110% nel 2029. Per l’India invece le stime indicano un indebitamento attuale all’82% e una discesa sino al 77% tra cinque anni. Secondo il Fondo monetario i due colossi asiatici hanno quindi direzioni di marcia molto differenti per quel che riguarda il debito pubblico, con Pechino che potrebbe andare verso un peggioramento e New Delhi che potrebbe al contrario registrare miglioramenti.

Deficit pubblico: la Confederazione tra le eccezioni

Detto in sintesi, il deficit pubblico segnala che i conti dello Stato hanno un disequilibrio. Se così non fosse, ci sarebbe un pareggio oppure, nell’ipotesi migliore, un attivo o avanzo. Se è vero che lo Stato deve essere in grado di affrontare le fasi più difficili anche andando temporaneamente in deficit, è altrettanto vero che il deficit non dovrebbe aumentare a dismisura e non dovrebbe essere una costante. In sostanza, se l’indebitamento pubblico segnala quanto lo Stato deve prendere a prestito sui mercati per poter funzionare (pagando interessi), il deficit pubblico ci dice quanto e come le uscite pubbliche continuano a superare le entrate pubbliche.

Tra avanzi e disavanzi

Una parte consistente degli esperti ritiene che il deficit o disavanzo pubblico debba essere ridotto ai minimi e, quando e dove possibile, eliminato.  I parametri dell’Eurozona, ad esempio, indicano un tetto del deficit al -3% in rapporto al Prodotto interno lordo (PIL). Secondo i dati del Fondo monetario internazionale (FMI) pubblicati nei giorni scorsi, nel 2024 l’Eurozona riuscirà in effetti a limitare al -2,9% il deficit, con una discesa positiva che però non riporta al -0,6% del 2019, anno pre pandemico. D’altro canto, la media delle economie avanzate è quest’anno -4,4%, in miglioramento ma comunque ancora sopra la soglia del -3%, che fu registrata nel 2019.

Ci sono peraltro anche Paesi virtuosi, o se si preferisce volonterosi, che hanno conti pubblici in attivo. Guardando appunto alle economie avanzate, che nell’analisi dell’FMI sono 37, ebbene 8 di queste registreranno un attivo quest’anno. Si tratta dunque di poco più che eccezioni, che a maggior ragione vale la pena di ricordare. Le previsioni indicano che la Svizzera avrà quest’anno un attivo in rapporto al PIL pari allo 0,5%, la Danimarca ne dovrebbe avere uno all’1,5%, l’Irlanda dovrebbe essere all’1,4%, il Portogallo allo 0,2%, Cipro al 2,5%, Andorra al 2,3%, la Norvegia al 14,9%, Singapore al 5,1%.

Tutte le altre 29 economie avanzate nell’analisi dell’FMI avranno un deficit pubblico anche quest’anno. Se si prendono i dati delle maggiori economie, in particolare di quelle che fanno parte del G7, questa è la situazione per il 2024: Stati Uniti -6,5%, Giappone -4,6%, Germania -1,5%, Regno Unito -4,6%, Francia -4,9%, Italia -4,6%, Canada -1,1%. Gli Stati Uniti dovrebbero riuscire quindi a scendere dal -8,8% del 2023, ma rimangono a livelli elevati di deficit pubblico. Pur in presenza di una buona crescita del PIL, gli USA fanno fatica a riportare dentro gli argini il deficit. Giappone e Canada vedono peggiorare i loro deficit quest’anno. Germania, Regno Unito, Francia e Italia vedono invece una diminuzione della percentuale del passivo. Delle quattro maggiori economie europee, però, solo la Germania è sotto la soglia del -3%.

Per quel che riguarda i Paesi emergenti e in via di sviluppo, pure prevale il segno negativo del deficit pubblico, con poche eccezioni, in gran parte concentrate in Medio Oriente. Interessante può essere vedere come vanno alcune delle maggiori economie tra gli Emergenti. La Cina secondo l’FMI quest’anno dovrebbe registrare un deficit pubblico in rapporto al PIL pari a -7,4%; l’India dovrebbe essere a -7,8%, il Brasile a -6,3% e il Sudafrica a -6,1%. Per Cina e Sudafrica la percentuale del passivo è in aumento rispetto al 2023, mentre per India e Brasile c’è una diminuzione. In tutti questi casi comunque si è ben sopra la soglia del -3%.

Le casse

Come si diceva, il deficit pubblico segnala, in sostanza, il prevalere delle uscite o spese sulle entrate o incassi per lo Stato. L’analisi dell’FMI indica anche la consistenza di questi due versanti in rapporto al PIL. Per le economie avanzate, la media prevista per le spese pubbliche nel 2024 è 40,3%, mentre la media prevista per le entrate pubbliche è 35,9%. Per i Paesi emergenti e in via di sviluppo la media delle spese pubbliche è 32,5%, mentre la media delle entrate pubbliche è 26,9%.  In entrambe le categorie il disequilibrio rimane, seppur con un certo numero di eccezioni positive