Debito, l'aumento complessivo e il traino negativo di USA e Cina

L’economia mondiale sta mostrando una buona resilienza, non è entrata in recessione ed è invece nel complesso ancora in area crescita. Le cose peraltro potrebbero andare ancor meglio se non ci fossero alcuni fardelli, tra cui due principali: le forti tensioni geopolitiche e l’alto debito pubblico. A differenza dell’indebitamento privato, che pure rappresenta un rischio se è eccessivo ma non tocca tutti, l’indebitamento pubblico riguarda tutti i contribuenti ed è un parametro ineludibile per la valutazione dei conti di uno Stato. Se il debito pubblico è molto alto nel lungo periodo c’è un freno per il Prodotto interno lordo (PIL), perché i titoli pubblici da vendere e gli interessi da pagare sono ingenti e ciò di fatto sottrae risorse che dovrebbero esser destinate alla crescita economica.
Dati e previsioni
Il Fondo monetario internazionale (FMI) nei giorni scorsi ha pubblicato l’aggiornamento di dati e previsioni sui conti degli Stati e quindi anche sui debiti pubblici. Secondo l’FMI, l’indebitamento pubblico complessivo potrebbe essere pari a circa il 100% del PIL mondiale entro il 2030. Per la verità ci sono Paesi, tra questi la Svizzera, che stanno riducendo il loro indebitamento. Purtroppo però ce ne sono molti altri che lo stanno aumentando. Tra quest’ultimi ci sono le due maggiori economie mondiali, gli Stati Uniti e la Cina, che per l’FMI stanno ampiamente trainando l’incremento complessivo dell’indebitamento pubblico.
Se si guardano i dati e le previsioni per le dieci principali economie (adottando il criterio del PIL nominale in dollari USA, stima 2024), si può vedere come gli Stati Uniti e la Cina stiano in effetti peggiorando la loro situazione, ma anche come altri Paesi di primo piano non stiano uscendo dall’indebitamento eccessivo. Lasciando perdere il 2020, anno di inizio della pandemia e quindi di inevitabile balzo degli indebitamenti, è interessante verificare quali fossero i rapporti debito pubblico/PIL nel 2019, ultimo anno pre pandemico, quali siano nel 2024 e quali potrebbero essere per l’FMI nel 2029 (in assenza di cambiamenti sostanziosi nelle politiche degli Stati). Si tratta dunque di un decennio.
Per grandezza
Andiamo per ordine di grandezza delle economie. Gli Stati Uniti avevano un indebitamento pubblico del 108% nel 2019, ne hanno uno del 121% nel 2024 e potrebbero averne uno del 131% nel 2029. La Cina era al 60% cinque anni fa, è al 90% quest’anno e potrebbe essere al 111% tra cinque anni. La Germania è messa decisamente meglio: era al 58% nel 2019 (sotto la soglia massima teorica del 60%, prevista per i Paesi dell’Eurozona), è al 62% nel 2024 e potrebbe essere al 57% nel 2019. Il super indebitato Giappone era al 236% cinque anni fa, è al 251% quest’anno e potrebbe essere al 245% tra cinque anni. L’India ha invece un indebitamento relativamente contenuto: era al 75% nel 2019, è all’83% nel 2024 e potrebbe essere al 78% nel 2029. Queste le prime cinque economie per dimensione.
Passiamo alle altre cinque economie che fanno parte della top ten. Il Regno Unito è in un percorso di netto aumento dell’indebitamento pubblico: 85% cinque anni fa, 101% quest’anno, possibile 108% tra cinque anni. Dinamica negativa anche per la Francia, che era al 97% nel 2019, è al 112% nel 2024 e potrebbe essere al 124% nel 2029. L’Italia è da tempo tra i Paesi sviluppati più indebitati e fatica a contenere il suo debito pubblico: era al 133% cinque anni fa, è al 136% quest’anno e potrebbe essere al 142% tra cinque anni. Situazione pure non positiva ma meno pesante per il Canada, che era al 90% nel 2019, è al 106% nel 2024 e potrebbe essere al 96% nel 2029. Infine il Brasile, che era all’87% nel 2019, è di nuovo all’87% nel 2024 e potrebbe essere al 97% nel 2029.
Le scelte
Negli USA, sia Donald Trump sia Kamala Harris propongono politiche che, pur nella loro chiara diversità, non pongono come priorità la riduzione del debito pubblico e anzi come visto rischiano di accrescerlo. C’è solo da sperare che, strada facendo, la futura Amministrazione USA veda un po’ meglio i pericoli legati all’alto indebitamento. La Cina ha un’economia controllata in sostanza dallo Stato e quindi agisce in base a criteri diversi da quelli delle economie di mercato; tuttavia, anche per il Dragone una spirale di debito pubblico non è proprio il massimo e quindi anche qui c’è da sperare che Pechino scelga ad un certo punto almeno di contenerlo. Il Giappone è un’economia di mercato ma ha una visione particolare del debito pubblico, che ha accumulato. La difesa nipponica si basa anche sul fatto che questo debito è nelle mani dei giapponesi; cosa vera ma anche magra consolazione, se si pensa ai possibili utilizzi di queste grandi risorse per investimenti direttamente produttivi.
La Svizzera e il Nord Europa in testa nella compagine degli Stati virtuosi
Europa batte Stati Uniti e Cina, nel contenimento dell’indebitamento pubblico. Nel Vecchio continente non ci sono solo esempi negativi di Stati super indebitati che non riescono a invertire la marcia, ci sono anche esempi positivi di Stati che stanno limitando il debito. Se tra i primi ci sono Regno Unito, Francia, Italia, Spagna, tra i secondi ci sono Svizzera, Danimarca, Svezia, Norvegia, Olanda, Germania. Il rigore nei conti pubblici di Berlino e L’Aia contribuisce non poco al freno al debito nell’Eurozona, mentre Copenhagen e Stoccolma, fuori dall’euro, contribuiscono a quello più complessivo dell’Unione europea. Svizzera e Norvegia, fuori da euro ed UE, sono nettamente sul versante positivo.
Le stime
Secondo le ultime stime del Fondo monetario internazionale (FMI), l’Eurozona ha un rapporto debito pubblico/PIL che è dell’88% nel 2024 e che potrebbe essere dell’89% nel 2029. Gli Stati Uniti sono rispettivamente al 121% ed al 131%. La Cina è al 90% nel 2024, ma era al 60% cinque anni fa e potrebbe essere al 111% tra cinque anni. Con il suo 62% quest’anno, che potrebbe diventare 57% nel 2029, la Germania contribuisce parecchio al contenimento del debito nell’Eurozona; ma anche l’Olanda è tra i Paesi dell’area che frenano l’indebitamento, con il 44% del 2024, che potrebbe salire, ma solo sino al 49% nel 2029. Il contributo positivo viene anche, nell’UE, dalla Danimarca, con i suoi 28% nel 2024 e 27% nel 2029, e dalla Svezia, con i suoi 36% di quest’anno e 31% tra cinque anni.
Tra i Paesi, prevalentemente del Nord Europa, che danno il loro contributo positivo c’è anche la Norvegia, che ha un 42% per quest’anno e un 40% previsto per il 2029. All’esterno dell’Unione europea sul versante positivo c’è da molto tempo anche la Svizzera, che con le sue norme sul freno all’indebitamento pubblico (meccanismo presente anche nelle norme della Germania) sta riuscendo ancora una volta a contenere parecchio il debito. La Confederazione elvetica secondo l’FMI era al 39% nel 2019, è al 31% nel 2024 e potrebbe essere al 27% nel 2029. La Svizzera si conferma quindi ampiamente nel gruppo di testa per quel che riguarda il rigore nella tenuta dei conti pubblici.
Tornando all’Eurozona, nella quale il tetto teorico prescritto per il debito pubblico è il 60%, ci sono poi due capitoli particolari, quello del Portogallo e quello della Grecia. Entrambi questi Paesi hanno ancora un debito elevato, ma entrambi sono in un percorso di discesa dell’indebitamento. Il Portogallo era al 116% nel 2019, è al 94% nel 2024 e potrebbe essere al 76% nel 2029. La Grecia a tutt’oggi ha il rapporto debito pubblico/PIL più alto dell’area, ma ha registrato alcuni miglioramenti: era al 185% cinque anni fa, è al 159% quest’anno e potrebbe essere al 139% tra cinque anni. La strada di Atene come si vede è ancora lunga, tuttavia c’è quantomeno un’inversione nella direzione di marcia.
Il fattore
Quanti sono critici nei confronti del rigore nei conti pubblici affermano che i Paesi che lo praticano hanno una crescita economica inferiore rispetto a quelli che sono più flessibili sul bilancio. Se si guardano le cose con un’ottica di lungo periodo, non è così. Nel lungo termine i Paesi rigorosi possono contare su una crescita economica più solida (magari con picchi non così alti ma al tempo stesso con cadute decisamente minori). È un fattore importante la possibilità di indirizzare risorse alla crescita economica e non al pagamento di ingenti interessi su un alto debito. La Svizzera è una delle maggiori dimostrazioni di questa realtà, con il suo basso indebitamento e la sua buona crescita economica media. Quanto alla Germania, le sue attuali difficoltà vengono dopo molti anni di crescita solida, in cui pure c’era il freno al debito; sembra dunque abbastanza chiaro che ora le sue battute d’arresto sono dovute in gran parte a fattori geopolitici esterni, in particolare alla netta riduzione delle relazioni con la Russia ed al contemporaneo ridimensionamento di quelle con la Cina.