Dollaro USA nettamente leader negli scambi a livello globale

Dollaro USA ancora largamente in testa, euro che mantiene la seconda posizione, seguito dai più distanziati yen giapponese, sterlina britannica e yuan cinese. Poi, non molto alle spalle di quest’ultimo, altre monete di rilievo, tra le quali il franco svizzero. È la fotografia delle dieci valute più impiegate negli scambi finanziari ed economici mondiali, sulla base dei dati forniti dalla Banca dei regolamenti internazionali (BRI), aggiornati ad aprile 2022. È interessante vedere il quadro valutario globale e lo è ancor di più alla luce dei recenti dibattiti sulla cosiddetta dedollarizzazione, cioè sul vero o presunto depotenziamento dell’utilizzo del dollaro USA negli scambi.
I dati
Diciamo vero o presunto perché proprio dall’analisi dei dati emerge un quadro che non conforta l’idea di una caduta verticale dell’impiego della valuta statunitense. Da un lato è vero che c’è un tentativo di ridurre ulteriormente il peso del dollaro USA, in questa fase ad opera soprattutto di Paesi emergenti. Un tentativo riattizzato dalle risposte di Russia e Cina alle sanzioni occidentali contro Mosca, dopo l’invasione dell’Ucraina da parte di quest’ultima. Dall’altro lato però è anche vero che gli Stati Uniti rimangono il maggior motore economico e che importanti materie prime – tra le quali il petrolio e l’oro – restano quotate in dollari USA. Nel complesso, l’erosione della leadership valutaria americana negli scambi c’è ma non è grande. C’è poi il discorso delle riserve valutarie, dove il dollaro USA resta primo ma ha un’erosione maggiore. Però questo è un altro versante, che richiede un capitolo specifico (vedi articolo sotto).
Restando sugli scambi, si possono vedere le quote delle singole valute nel 2022, comparandole con quelle del 2001, per avere un’idea dell’evoluzione nel tempo. Avvertenza tecnica: la somma totale è 200%, perché i cambi naturalmente si fanno sempre tra due valute. Il dollaro USA, primo, è all’88,5% contro il 90,4% del 2001, dunque il suo arretramento è molto limitato. L’euro, secondo, è al 30,5% contro il 37,6%; in questo caso la flessione è più consistente, ma è anche vero che le altre maggiori valute concorrenti sono pure in arretramento: lo yen giapponese, terzo, è al 16,7% contro il 22,7%; la sterlina britannica, quarta, è al 12,9% contro il 13,2%.
Le dinamiche
Alle spalle delle quattro valute più utilizzate la novità principale di questi ultimi anni è lo yuan cinese; per la valuta di Pechino non c’è la serie storica completa, ma si può vedere come il 7% del 2022 sia sopra il 4,3% del 2019. Occorre peraltro ricordare che lo yuan, ora al quinto posto, non è interamente dentro un quadro di economia di mercato e che è in buona misura ancora sottoposto ai meccanismi fissati unilateralmente dallo Stato cinese. Il dollaro australiano è sesto, con il 6,4% contro il 4,2%; il dollaro canadese è settimo, con il 6,2% contro il 4,5%.
All’ottavo posto c’è il franco svizzero, moneta di rilievo anche e soprattutto per la sua presenza negli scambi finanziari e per il ruolo di bene rifugio che spesso ha assunto. La quota del franco è del 5,2%, contro il 6,1% del 2001; c’è quindi una contrazione, anche se nel dettaglio si può osservare un avanzamento in rapporto al 4,9% registrato nel 2019. Chiudono poi il gruppo delle dieci maggiori valute il dollaro di Hong Kong, nono con il 2,6% contro il 2,3% del 2001, e il dollaro di Singapore, decimo con il 2,4% contro l’1,1% di inizio anni Duemila. Nel complesso si può dunque vedere uno spostamento verso valute di aree emergenti dell’Asia e verso valute di aree sviluppate spesso legate alle materie prime, come quella australiana e quella canadese. Se questo è oggettivo, bisogna però anche registrare che le prime quattro valute hanno conservato le rispettive posizioni e che all’interno di queste il dollaro USA è rimasto primo con ampio margine.
Quote e PIL
Per capire meglio la leadership del dollaro USA e delle altre tre valute principali, è utile pensare anche ai singoli Prodotti interni lordi e alle quote di questi sul Prodotto interno lordo globale. Gli Stati Uniti rappresentano circa un quarto dell’economia mondiale, ma come visto la quota di mercato del dollaro USA sugli scambi resta ben superiore. È questione anche di credibilità e affidabilità del sistema Paese. Anche l’Eurozona, il Giappone e il Regno Unito, a cui fanno capo le altre posizioni maggiori, con le loro valute hanno quote di mercato che tendono a superare l’incidenza dei rispettivi PIL sull’economia mondiale, anche se non come gli USA. Ciò non vale per la Cina, che nonostante la recente avanzata ha uno yuan che resta ancora molto lontano dai valori dell’incidenza del PIL del Dragone sull’economia globale.
La fotografia delle riserve valutarie e l’egemonia statunitense che rimane
Per la valutazione del peso delle monete all’interno dell’economia mondiale uno dei termometri di rilievo è la presenza nelle riserve valutarie. In questo capitolo sono coinvolte le banche centrali che appunto hanno le loro riserve, spesso ingenti. I dati forniti dal Fondo monetario internazionale (FMI) consentono di avere un quadro sulle valute maggiori. Pure su questo versante il dollaro USA rimane leader, anche se l’erosione subita dal biglietto verde da inizio anni Duemila è superiore a quella registrata nell’utilizzo delle valute per gli scambi finanziari ed economici globali (vedi articolo sopra).
Le cifre
Secondo i dati dell’FMI, aggiornati a fine 2022, il dollaro americano è al primo posto con il 58,36% delle riserve valutarie mondiali; nel 2000 la moneta statunitense aveva il primato con il 71,13% e dunque l’arretramento in termini percentuali nel periodo è stato chiaro. Il biglietto verde oggi è ancora leader, ma in modo decisamente diverso. Il secondo posto nelle riserve è dell’euro, con un attuale 20,47%, contro il 18,29% del 2000; per la moneta unica europea c’è stato quindi un avanzamento, seppur contenuto.
Il terzo posto è dello yen giapponese, con un 5,51% che si confronta con il 6,06% dell’anno 2000; per la valuta nipponica c’è stato un lieve arretramento. Quarto posto per la sterlina britannica, che registra un avanzamento: 4,95% a fine 2022, contro il 2,75% di ventidue anni prima. Come nella classifica dell’utilizzo delle valute negli scambi mondiali, anche in quella delle riserve valutarie il quinto posto è ora dello yuan cinese, che registra un 2,69%; per la moneta cinese non c’è la serie storica completa, nel raffronto bisogna fermarsi al 2016, quando aveva un 1,08%.
Serie storica incompleta anche per altre due valute, alle spalle dello yuan. Il dollaro canadese, sesto, rappresenta ora il 2,38% delle riserve ed era all’1,42% nel 2012. Il dollaro australiano, settimo, è all’1,96% ed era nel 2012 all’1,46%. Sia la valuta canadese sia quella australiana hanno quindi guadagnato terreno. L’ottavo posto è del franco svizzero, che ha attualmente lo 0,23% delle riserve, contro lo 0,27% del 2000; per la valuta elvetica c’è stato un leggero arretramento, che peraltro non le ha impedito di rimanere all’interno del gruppo di testa delle valute. Altre monete, segnala l’FMI, rappresentano nell’insieme il 3,45% delle riserve.
Il dollaro USA, pur restando primo, in termini percentuali negli ultimi due decenni ha ceduto terreno principalmente a favore di euro, sterlina britannica, yuan cinese, dollaro canadese, dollaro australiano. Non hanno invece approfittato dell’arretramento del biglietto verde americano lo yen giapponese e il franco svizzero, che partivano comunque già da buone posizioni e che mantengono ora rispettivamente il terzo e l’ottavo posto a livello mondiale.
Ma che rapporto c’è tra l’ampiezza di una economia e la presenza della sua moneta nelle riserve valutarie? Il rapporto puramente quantitativo non è tutto, ci sono anche l’affidabilità del sistema Paese (o dell’area, come nel caso dell’Eurozona) e il livello di accettazione di una moneta negli scambi mondiali. Così, il Prodotto interno lordo degli Stati Uniti, basandosi sempre su dati FMI per il 2022, rappresenta circa il 25% del PIL globale, ma il dollaro USA come visto ha una quota ben maggiore delle riserve valutarie.
Geografia economica
L’Eurozona rappresenta circa il 15% del PIL mondiale, ma pure ha una quota più alta di questa nelle riserve. Stesso ragionamento, pur con cifre diverse, per il Giappone, il Regno Unito, il Canada e l’Australia. Diversa la situazione invece per la Cina, che ha un Prodotto interno lordo che rappresenta circa il 18% di quello globale, con una quota delle riserve mondiali che è però circa un settimo della percentuale relativa al PIL. Con una quota dello 0,8% del PIL mondiale, la Svizzera pure ha una presenza minore di questa nelle riserve; ma la differenza non è così grande, grazie alla posizione del sistema Paese e alla forza del franco.