Impact hub

«Ecco come sono fallito prima di arrivare al successo»

In Ticino tornano le Fuckup Nights, le notti degli insuccessi in cui imprenditori e professionisti scacciano la vergogna dell’errore condividendo i loro fallimenti e le lezioni apprese
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Erica Lanzi
27.07.2021 06:00

Succede a tutti. Qualche volta fai un errore e vacilli. E allora che fare? Gli aforismi dicono che l’importante è rialzarsi e andare avanti; cosa che però è tutt’altro che facile. Perché mentre da bambini un ginocchio sbucciato è considerato una parte normale del processo di apprendimento, nella vita professionale una situazione andata storta viene spesso considerata un fallimento personale e a volte sociale. E allora, invece di seguire i consigli di un altro aforisma secondo cui chi ammette l’errore ha più chance di aprirsi velocemente a nuove vie, ci si trincera in posizioni difensive sinonimo di vicoli ciechi.

Per contrastare questa tendenza alla vergogna dell’errore, una decina di anni fa sono nate le «Fuckup Nights» (le notti del fallimento), un movimento ormai globale in cui i partecipanti possono condividere e ascoltare storie di insuccessi professionali. In 7 minuti gli ospiti si soffermano sulle lezioni apprese, per stimolare gli altri sia a non commettere gli stessi errori sia a non vergognarsi dei propri. Lo sbaglio diventa l’elemento positivo che fa apprendere più velocemente. Non a caso in Paesi come gli Stati Uniti, gli investitori sono molto più propensi a finanziare le start-up quando il fondatore ha almeno tre o quattro fallimenti alle spalle. Si considera infatti, che certi errori letali dettati dall’inesperienza saranno quasi sicuramente evitati.

In Svizzera la consapevolezza di come affrontare e considerare i fallimenti è ancora timida. Tuttavia le FuckUp Nights sono arrivate anche in Ticino ospitate da Impact Hub, un’organizzazione non profit attiva a livello internazionale, che lavora per realizzare sul territorio un’economia più responsabile. Proprio negli scorsi giorni, a Lugano si è tenuta la prima serata in presenza da dallo scoppio della pandemia, davanti a un pubblico di una sessantina di persone.

La legge di Murphy

«Se qualcosa può andare storto lo farà - ha esordito la promotrice dell’evento e coach aziendale Romina Henle citando la legge di Murphy -. Nell’arco di una carriera c’è molto che va storto e il 90% delle start-up fallisce. Ci vuole un cambio culturale e parlarne aiuta».

Anche perchè, a volte le bucce di banana si nascondono nell’irrazionalità dei comportamenti più che nella mancanza di competenze. Come è successo a Marco Righetti, che ha già co-fondato due aziende nell’ambito della sostenibilità e vissuto non pochi alti e bassi professionali. Dopo un primo progetto ticinese legato alle bevande che non riesce a trovare i finanziamenti per fare il salto di crescita, con il suo socio decide di chiudere il capitolo e di portare connessioni e competenze in un nuovo progetto, questa volta di caffè estratto a freddo certificato Fairtrade. «Solo che abbiamo sottovalutato le dinamiche personali. Secondo gli accordi verbali con uno dei due fondatori, saremmo stati pagati in azioni. In realtà, dopo aver lavorato per quasi un anno come imprenditori, siamo finiti in mezzo a un fuoco incrociato tra loro due senza ottenere nessuna quota. Alla fine abbiamo deciso di cedere e ce ne siamo andati dalla sera alla mattina». La lezione? «Negli affari mai agire solo in base alla fiducia e mai dare alcunché di scontato finché non è scritto nero su bianco. Un principio che tra vale anche da stipendiato».

A volte invece l’errore è il classico passo più lungo della gamba, come successo a Antonio Costanzo, oggi consulente di marketing. «A 22 anni, da appassionato di musica avevo messo in piedi una piattaforma per acquistare strumenti e brani musicali. Avevo un unico fornitore che faceva la logistica perciò i miei sforzi erano concentrati sul marketing. Finchè dopo due anni di crescita decisi di aprire un negozio fisico per avere più margini. Ma sottovalutai i costi. La liquidità cominciò a scarseggiare, dovetti effettuare i primi licenziamenti e alla fine mi trovai a dover chiudere, appena diventato papà e con una montagna di debiti. Un periodo molto duro, finché grazie a un incontro con una grossa società che fa anche vendite telefoniche mi reinvento consulente di marketing. Quelle competenze erano l’unica cosa che mi era rimasta ed era anche quello che più mi piaceva fare. Alla fine ci ho costruito una carriera». E dunque? «E dunque la passione senza una strategia non basta, ci vogliono degli obiettivi e un business plan che li verifichi».

L’incubo peggiore

E infine, se è vero che le FuckUp Nights si concentrano sui fallimenti professionali, a volte distinguerli dalle crisi personali è quasi impossibile. «Per me il tutto è partito da una carriera nelle risorse umane che non mi corrispondeva - esordisce Jean-Claude Luvini, oggi a capo della ticinese Masaba Coffee. «Tuttavia mi ci sono volute tre esperienze nel settore e diversi cartellini gialli da parte dei miei superiori per ammetterlo. Finché dopo l’ultimo cartellino, realizzai finalmente che un passetto alla volta ero sempre più lontano dal mio sogno originale, quello di lavorare tra il Ticino e l’Africa. Così al culmine di una crisi personale, con tanto di divorzio e licenziamento, decisi di partire per un viaggio in Africa organizzato dall’Associazione per la Cooperazione fra Ticino e Uganda. Fu lì che incontrai le persone che mi hanno portato a prendere in mano Masaba Coffee 11 anni fa, un progetto bellissimo e una chiave per molti mondi». E per incoraggiare ulteriormente i presenti a non abbandonare i propri sogni conclude: «Fuckup ce n’è tanti, ma sapete cos’è l’inferno? È quando nell’ultimo giorno della nostra vita, la persona che siamo diventati incontra la persona che saremmo potuti diventare».