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«Finanza ticinese, il futuro si gioca nel Nord Italia?»

Pubblicato un nuovo volume sul futuro della piazza bancaria cantonale – Ne parliamo con René Chopard, già direttore del Centro Studi Villa Negroni e già professore all’Università dell’Insubria
A technician works on a brake disc component in the Brembo factory in Curno, Italy June 19, 2017. Picture taken June 19, 2017. REUTERS/Alessandro Garofalo
Roberto Giannetti
30.06.2023 23:00

Recentemente è stato pubblicato, con il contributo del Programma di Cooperazione Interreg, il volume «La piazza finanziaria ticinese e l’economia del Nord Italia. Per uno sviluppo integrato» a cura di René Chopard, Gioacchino Garofoli e Karin Meiners. Ne parliamo con René Chopard, già direttore del Centro Studi Villa Negroni e già professore all’Università dell’Insubria.

Voi avete studiato le relazioni fra piazza finanziaria ticinese ed economia del nord Italia. Cosa emerge dalle vostre ricerche?
«Questo non solo è l’atto conclusivo del progetto Interreg del Centro Studi Villa Negroni in collaborazione con l’Uninsubria, ma è anche un ulteriore tassello di una riflessione iniziata quasi trent’anni fa con un libro dal titolo “La banca ticinese nell’economia del Nord Italia. I futuri possibili”, seguito vent’anni dopo da “La banca ticinese e l’impresa del Nord Italia. Opportunità d’integrazione transfrontaliera”. Nel 1996 parlavamo di ipotetici futuri, nel 2014 abbiamo verificato le fattive opportunità e proposto una serie d’interventi. Oggi, qui, esploriamo le modalità operative. In sostanza, il rapporto fra piazza finanziaria ticinese ed economia del Nord Italia in ottica transfrontaliera è sempre stato nostro oggetto di studio, soprattutto per il “non senso storico” della separazione di due realtà così complementari».

Dallo studio emerge l’idea di uscire dalla “monocultura” del private banking. Perché?
«Con l’entrata in vigore dello scambio automatico delle informazioni fiscali e il recepimento in Italia della Direttiva MiFID II, la Svizzera ha perso un importante vantaggio competitivo che nel passato ha plasmato nel bene e nel male la struttura della piazza ticinese. Nel bene, perché ha permesso un’importante crescita quantitativa del settore con l’acquisizione di approfondite competenze finanziarie; nel male, perché non è stata accompagnata da uno sviluppo qualitativo trasversale con conoscenze differenziate. Il risultato è un monoservizio con la conseguente diminuita adattabilità a un mondo complesso in continua mutazione. Questo è un fondamentale momento di discontinuità che richiede una riconversione del modello di business che tenga conto della nuova realtà».

L’ipotesi è di puntare maggiormente sui servizi alle aziende. In che modo?
«Uno dei tesori sul quale è seduta la piazza ticinese è la clientela italiana che nel passato è stata attirata dalle capacità nella gestione dei patrimoni finanziari generati dalle loro attività imprenditoriali. Oggi, con la regolarizzazione dei patrimoni, il cliente imprenditore opta per una consulenza olistica che comprende anche la proprietà aziendale (con i problemi connessi, come quelli legati alla successione), oltre che gli immobili, le opere d’arte, il brand, ecc. : un wealth management olistico che tenga conto della totalità della ricchezza e della sua evoluzione a lungo termine».

Quali sono le caratteristiche del sistema industriale italiano che lo rende così interessante per la piazza finanziaria ticinese?
«Il nostro studio, come anche quelli precedenti, evidenziano l’elevata presenza nel Nord Italia di piccole e medie imprese manifatturiere, per lo più familiari, con forte capacità innovative e soprattutto con un’importante propensione all’esportazione. Ciò implica una dimensione che bene si adatta a quella degli attori finanziari ticinesi: famiglie con esigenze diversificate, che necessitano di un wealth management olistico basato su servizi personalizzati possibili in una piazza piccola ma in rete, con dei bisogni globali che possono trovare risposta in una piattaforma internazionale come quella ticinese».

Quali condizioni quadro potrebbero essere migliorate?
«Il grosso limite è il cosiddetto non accesso al mercato. Nel volume, viene puntualizzata la problematica legata alla Roadmap, firmata dalla Svizzera e dall’Italia nel 2014, che da una parte ha dettato le tempistiche di attuazione dello scambio automatico d’informazioni (entrato in vigore nel 2017) e, dall’altra parte, ha genericamente identificato i temi d’interesse, come quello dell’accesso al mercato, sui quali mantenere uno scambio regolare. Ciononostante, l’obiettivo della nostra pubblicazione non è quello di recriminare su una situazione di disparità di trattamento, bensì d’identificare in questo contesto quali sono le possibilità di sviluppo delle attività della piazza in un’ottica transfrontaliera».

Concretamente, quali sono i servizi che la nostra piazza può offrire alle imprese del Nord Italia
«Oltre che rappresentare il fil rouge di tutti i contributi del volume, a questo tema è dedicato un intero capitolo che tratta dei servizi non-MiFID alle imprese italiane da parte di operatori svizzeri. Si tratta di consulenza su immobili, opere d’arte, ecc., in materia di investimento generico e di finanza d’impresa, di servizi fiduciari, trust, family office e così via in un’ottica di wealth management. Insomma, non proprio una rivoluzione, ma un’evoluzione del rapporto consulente-patrimonio-cliente in una realtà più complessa».

A che tipo di lettore si indirizza il libro?
«Il volume è stato concepito per permettere livelli di lettura con diversi gradi di approfondimento. Innanzitutto, i dodici capitoli degli altrettanti autori, pur essendo coerenti nel loro insieme, possono essere letti in modo indipendente. Per una lettura veloce, sono stati concepiti introduzioni, riassunti e conclusioni che si differenziano dal testo. Infine, note e bibliografie sono state pensate per lo specialista alla ricerca di approfondimenti».