Fondo salva-Stati dell’Eurozona, cos’è e come realmente funziona

Il Meccanismo europeo di stabilità (MES, la sigla in inglese è ESM) è salito alla ribalta della cronaca in Italia. Il Fondo salva-Stati europeo, così il MES viene chiamato, è stato fortemente attaccato dall’opposizione. Lega e Fratelli d’Italia, in particolare, hanno definito come contrari agli interessi nazionali italiani gli assetti che il MES sta assumendo. Per il Governo, il premier Conte e il Partito democratico hanno difeso il MES e la riforma di questo, mentre dai 5 Stelle sono venuti sia assensi sia richieste di garanzie per l’Italia. Ma l’infuocato dibattito italiano è giustificato? Vediamo cosa realmente è il MES.
Solidarietà e assicurazione
Il Meccanismo europeo di stabilità è stato creato nell’Eurozona nel 2012, con l’obiettivo di aiutare gli Stati membri in gravi difficoltà. Il MES si è affiancato all’EFSF, strumento simile ma non definitivo. La cosiddetta potenza massima di fuoco del MES è di circa 700 miliardi di euro (763 miliardi di franchi), a cui si può arrivare con l’emissione di obbligazioni sul mercato. Nei cinque interventi di aiuto attivati sino ad ora anche attraverso l’EFSF (Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna, Cipro) sono stati utilizzati 295 miliardi di euro.
Il capitale del MES versato dai 19 Paesi dell’area euro è pari a 80,4 miliardi di euro (87,6 miliardi di franchi), ripartiti secondo le dimensioni e il peso economico, dunque con criteri di solidarietà. Se non ci fosse solidarietà, a versare di più dovrebbero essere i Paesi a maggior rischio, come si fa negli schemi assicurativi semplici. La Germania ha versato 21,7 miliardi di euro (26,9% del capitale), la Francia 16,3 miliardi (20,2%), l’Italia 14,3 miliardi (17,7%), la Spagna 9,5 miliardi (11,8%), l’Olanda 4,5 miliardi (5,6%) e così via tutti gli altri, scendendo.
Sulla riforma del MES trattata dai Governi, da fine 2018 il sito del Consiglio UE ha fornito un documento sull’accordo che sarebbe poi stato raggiunto a metà 2019 e che deve essere approvato dalle istituzioni dei vari Paesi. Nel giugno di quest’anno, il premier italiano Conte ha illustrato alla Camera la bozza di accordo e la maggioranza dell’epoca – cioè Lega e 5 Stelle – ha invitato il Governo a rifiutare automatismi per le ristrutturazioni del debito pubblico in caso di richiesta di prestiti al MES e a rifiutare anche intese che intaccassero le prerogative della Commissione europea sulla sorveglianza fiscale. Il primo punto era stato proposto da Germania, Olanda, altri Paesi ma in realtà non è passato; il secondo punto pure non è previsto. Conte è dunque andato avanti, come premier, da settembre, di un Governo con diversa maggioranza.
Le novità principali
Ma quali sono le novità principali della riforma? Una di rilievo è la possibilità per il MES di prestare soldi a un Fondo di risoluzione delle banche europee. L’obiettivo è evitare che i prestiti agli istituti in crisi si traducano in aumenti dei debiti pubblici. Gli oppositori della riforma affermano che questo è un passo studiato per favorire le banche della Germania e degli altri Paesi più forti. I difensori della riforma rispondono che la Germania ha sin qui gestito da sola i problemi delle sue banche, che la Germania e gli altri Paesi più forti sono solidali e sono i maggiori contributori del MES, che il Fondo di risoluzione è un passo positivo in direzione di un’Unione bancaria.
Un’altra novità di rilievo è che il MES affianca la Commissione UE nel valutare se un Paese che richiede un salvataggio è in grado o meno di rimborsare. Se l’aiuto è rifiutato, il Governo del Paese in crisi potrebbe dover imporre perdite ai creditori (banche, fondi, investitori, risparmiatori, etc.). Gli oppositori affermano che in questo modo il MES avrebbe troppo potere e potrebbe scaricare sui creditori privati il costo delle crisi. I difensori rispondono che il maggior potere del MES darebbe ancor maggiori garanzie di interventi adeguati nell’interesse di tutti e che, inoltre, già oggi è possibile che in alcuni casi i creditori di mercato per forza di cose debbano essere coinvolti, MES o non MES.
La questione specifica
La proposta avanzata da fonti della Germania e di altri Paesi nordeuropei – non senza ragione secondo una parte degli esperti – di stabilire tetti per i titoli pubblici detenuti dalle banche di ogni singolo Paese, non è nella riforma. Anche su questo aspetto, come su altri, il duro attacco degli oppositori in Italia appare legato a motivi politici interni più che alla questione specifica. Resta l’interesse oggettivo dell’Eurozona e dell’UE ad avere un MES efficiente. La Svizzera non è direttamente coinvolta, ma anche qui, naturalmente, è sempre meglio avere vicini con reti di salvataggio ben funzionanti.
