L'intervista

«Franco forte e incertezze, le sfide dell'economia»

Come si comporta l'economia ticinese, alla luce delle sfide con cui si trova confrontata l'economia mondiale, e di riflesso, quella svizzera? Ne abbiamo parlato con Fabio Bossi, delegato della Banca nazionale svizzera (BNS) alle relazioni economiche regionali nella Svizzera italiana
© CdT/Chiara Zocchetti
Roberto Giannetti
30.12.2024 23:45

L’economia mondiale si trova confrontata con numerose sfide, dall’ascesa del protezionismo alla crisi del settore automotive, fino a giungere alle tensioni geopolitiche. L’economia svizzera viene direttamente toccata da queste vicende, vista la sua grande apertura commerciale. E in tutto questo come si comporta l’economia ticinese? Ne abbiamo parlato con Fabio Bossi, delegato della Banca nazionale svizzera (BNS) alle relazioni economiche regionali nella Svizzera italiana.

La situazione internazionale sta diventando «complicata» per il mondo economico svizzero e ticinese, fra conflitti in corso e aumento delle tensioni commerciali, che causano un aumento dei dazi. Che effetto ha tutto questo sull’attività delle società ticinesi?
«Presso le imprese che visito nell’ambito della mia attività di delegato osservo principalmente effetti negativi derivanti dal calo della domanda estera e dall’accresciuta incertezza in merito ai possibili scenari futuri. A risentirne è soprattutto il settore industriale, mentre la costruzione e i servizi sostengono la crescita economica. Una sfida ulteriore per le imprese rivolte all’esportazione è la forza del franco svizzero rispetto all’euro. Nei prossimi mesi mi attendo che soprattutto le imprese ticinesi attive a livello internazionale seguiranno con attenzione le decisioni del nuovo Governo statunitense e più in generale la politica commerciale dei vari Paesi, al fine di ridefinire le proprie scelte strategiche».

A livello europeo si assiste anche a un aumento delle regolamentazioni, anche a causa degli obiettivi di sostenibilità che Bruxelles si è data. Le aziende ticinesi riescono a rispondere adeguatamente a questa sfida?
«In occasione dei colloqui con gli imprenditori ci viene segnalato che rimanere al passo della regolamentazione porta con sé costi importanti. Mi sembra di poter dire che siano in particolare le piccole medie imprese a fare più fatica, poiché non tutte riescono ad accrescere a sufficienza la propria efficienza per poter assorbire questi costi senza perdere competitività o parte dei propri margini di guadagno».

La Svizzera e il Ticino sono molto legati alla Germania, che ora a livello industriale sta vivendo un momento difficile a causa della crisi del settore automobilistico. Queste difficoltà si stanno estendendo anche al Ticino?
«Le prime difficoltà segnalatemi da imprese industriali ticinesi, associabili a quelle del settore automobilistico germanico, risalgono al 2019. Da allora diverse imprese industriali hanno iniziato un processo di riduzione della dipendenza da questo settore. Non tutti sono però riusciti nell’intento, vuoi perché vi era la speranza che la crisi del settore fosse temporanea, vuoi perché i propri prodotti e le proprie competenze non erano adattabili ad altri settori di sbocco, vuoi perché tra i propri clienti annoverano imprese che continuano a dipendere dal settore automobilistico germanico. Parallelamente si osservano effetti negativi anche nel settore del commercio di autoveicoli, non più però per l’insufficiente offerta di veicoli, ma soprattutto per l’incertezza della clientela riguardo alla tecnologia di trazione degli stessi». 

A livello di salari in Svizzera si riuscirà a mantenere il potere di acquisto nel 2025?
«In occasione dei colloqui con gli imprenditori noi delegati e delegate otteniamo indicazioni anche sulle intenzioni di adattamento salariale per l’anno successivo. Da questo rilevamento è emerso che alla luce del regresso dell’inflazione, del più agevole reclutamento e delle modeste prospettive in termini di fatturato le imprese prevedono che nell’anno a venire le retribuzioni cresceranno in media dell’1,5%, contro il 2% circa nel 2024. Si tratta di un aumento che supera l’inflazione prevista per il prossimo anno».

La Banca nazionale nelle scorse settimane ha sorpreso gli analisti decidendo di ridurre i tassi di riferimento di mezzo punto invece di un quarto di punto. Quali sono i motivi di questa scelta?
«In occasione dell’esame della situazione di settembre la BNS aveva già indicato che avrebbe potuto rendersi necessario un ulteriore allentamento monetario. Da allora l’inflazione è scesa ulteriormente e recentemente è tuttavia risultata più bassa di quanto atteso dalla BNS in settembre, sebbene continui a situarsi nell’area di stabilità dei prezzi. Con l’allentamento della politica monetaria annunciato il 12 dicembre si vuole quindi contrastare la ridotta pressione inflazionistica. A breve termine la nuova previsione condizionata di inflazione della BNS si colloca infatti sensibilmente al di sotto di quella formulata tre mesi fa e anche a medio termine la pressione inflazionistica è ancora diminuita in maniera significativa. In questo contesto è quindi stato considerato opportuno un taglio di 50 punti base del tasso guida.

In termini generali, come sta andando l'economia ticinese?
«Attualmente non vedo in Ticino delle grosse differenze dall’andamento osservato nel resto della Svizzera. In particolare, credo che le difficoltà riscontrate nell’industria potrebbero avere ripercussioni negative ulteriori anche su imprese della nostra regione. D’altro canto l’allentamento delle politiche monetarie all’estero e in Svizzera dovrebbe contribuire a sostenere l’andamento economico anche in Ticino».