Mercato

I prezzi delle case salgono, ma in Ticino non c'è bolla

L'anno scorso i valori immobiliari sono cresciuti in Svizzera in media del 4,6% – Alberto Montorfani, segretario SVIT, invita a ripensare il territorio: «A Sud delle Alpi transazioni in calo del 20% negli ultimi due trimestri e appartamenti vuoti ancora oltre quota 5 mila»
©Chiara Zocchetti
Generoso Chiaradonna
15.01.2024 21:45

Non si è arrestato l’anno scorso l’aumento dei prezzi immobiliari in Svizzera e questo nonostante l’aumento dei tassi d’interesse che ha spinto al rialzo i costi di finanziamento di nuovi progetti d’abitazione. Stando allo «Swx Iazi Private Real Estate Price Index» i prezzi di compravendita degli immobili residenziali e a reddito sono aumentati dell’1,2% nell’ultimo trimestre del 2023 rispetto al trimestre precedente. Hanno contribuito alla dinamica positiva sia le case unifamiliari (+1,1%), sia i condomini (+1,2%). Per quanto riguarda l’intero anno, l’aumento di valore di tutti gli immobili residenziali è stata del +4,6%. Da tempo - senza però segnali evidenti - si parla di rischio di bolla immobiliare, almeno a livello svizzero.

«Per quanto riguarda il Ticino i dati più rilevanti per analizzare il mercato immobiliare sono pubblici e diffusi trimestralmente dall’Ustat, l’Ufficio cantonale di statistica: il numero delle transazioni immobiliari e quanti appartamenti vuoti ci sono», ci spiega Alberto Montorfani, segretario della SVIT Ticino (Associazione svizzera dell’economia immobiliare). «Ebbene, negli ultimi due trimestri dell’anno le transazioni sono diminuiti del 20% per trimestre rispetto ai due precedenti, mentre gli appartamenti vuoti sono ancora oltre 5 mila. Questo mi fa dire che siamo lontani da situazione che stanno vivendo realtà urbane del resto della Svizzera», aggiunge Montorfani che spiega come il mercato in Ticino sia influenzato molto più che altrove dal calo demografico (diminuzione degli immigrati e aumento dei frontalieri). C’è inoltre una certa crescita di abitazioni data più che altro dalle licenze edilizie concesse negli anni scorsi e che ora stanno per essere realizzate.

Non c’è quindi un surriscaldamento del mercato generalizzato, ma in alcune zone si sta presentando un fenomeno noto come «gentrificazione», ovvero il rinnovo urbanistico di zone prima appannaggio di classe media o popolare e ora invece per fasce sociali più ricche che possono permettersi prezzi di acquisto o di affitto più alte. Montorfani non nasconde il problema. «Il tema dell’alloggio popolare dovrebbe essere affrontato in modo trasparente e senza pregiudizi ideologici coinvolgendo in prima istanza le associazioni di categoria e l’ente pubblico. Solo così si possono trovare soluzioni pragmatiche come sono state sperimentate per esempio a Zurigo», afferma Montorfani, che precisa che oggi «più che i chilometri dal “centro” o la “vista lago” conta molto di più l’efficienza dei collegamenti con i trasporti pubblici». In questo senso, il Mendrisiotto, per esempio, è a venti minuti di treno da Lugano. «Non può essere definito certamente periferia, come pure non lo sono il Bellinzonese e il Locarnese, regioni ormai ben collegate dopo l’apertura della galleria AlpTransit del Monte Ceneri».

Immaginare il futuro

E proprio immaginando il futuro ormai prossimo venturo, le associazione professionali del settore hanno promosso il quinto Congresso immobiliare che si terrà il prossimo 29 febbraio a Lugano. «Il tema della riunione è proprio quello della speculazione edilizia intesa però non come ingordigia per il guadagno, ma come opportunità per ridisegnare il territorio», spiega Montorfani tra i promotori dell’evento.

I precedenti congressi si sono occupati di sostenibilità (2012); nascita delle città (2015); energia (2018); e digitalizzazione (2020). «Il significato letterale di speculazione è quella di guardare oltre, indagare, meditare. Con il congresso di quest’anno che torna esattamente a quattro anni dall’ultimo pre-COVID si vuole rimettere al centro dell’attività costruttiva e d’investimento, le ragioni che spingono alla progettazione e alla costruzione e pianificazione, alla gestione e alla sua messa a disposizione dell’uomo e della collettività», conclude Montorfani. Insomma, ripensare il territorio per l’uomo e non viceversa.