Diritti e sostenibilità

I rischi e i costi del «non fare»

Non adottare pratiche di sostenibilità oggi non è solo una scelta miope, è un rischio che le aziende non possono più permettersi di correre
Gaia Clara Barcilòn
Gaia Clara Barcilòn
19.10.2024 06:00

Negli ultimi anni, si è parlato molto della sostenibilità come un valore aggiunto per le aziende. Non c’è dubbio che adottare pratiche sostenibili - considerando gli impatti ambientali, sociali e di governance - porti benefici tangibili. Ma cosa succede quando le aziende scelgono di non adottare queste pratiche? I danni non sono solo economici, ma anche legali e, soprattutto, reputazionali.

Le aziende che non si impegnano nella sostenibilità rischiano di perdere terreno rispetto ai concorrenti. Brand e marchi stanno investendo risorse significative nella creazione di strategie sostenibili, e chi non lo fa rischia di rimanere nel passato, schiacciato dalla concorrenza. Non solo: le nuove generazioni di lavoratori sono attente a questi temi. Ignorare la sostenibilità significa perdere i migliori talenti, compromettendo la capacità di innovazione e miglioramento continuo.

Inoltre, non adottare pratiche sostenibili può portare a un aumento dei costi operativi nel lungo termine. Un uso inefficiente delle risorse e la mancanza di politiche mirate alla sostenibilità renderanno le aziende vulnerabili a instabilità economiche e ai futuri aumenti dei costi energetici e di mano d’opera.

Oltre alle dinamiche di mercato, il panorama normativo sta cambiando rapidamente. Le direttive europee, come la CSRD, e le leggi svizzere in arrivo richiederanno alle aziende di rispettare standard rigorosi in materia di sostenibilità. Se oggi è ancora possibile evitare certi impegni, domani con l’arrivo di enti di controllo e sanzioni, non ci saranno più scorciatoie. Un esempio significativo è quello di Chiquita, che nel 2007 ha pagato una multa di 25 milioni di dollari per aver finanziato gruppi paramilitari in Colombia che avevano violato i diritti umani dei lavoratori. Anche in questo caso, le ripercussioni legali non si sono fermate: l’azienda ha affrontato cause legali intentate dalle famiglie delle vittime, sia in Colombia che negli Stati Uniti. Questi esempi dimostrano come non rispettare standard di sostenibilità e diritti umani possa comportare sanzioni significative e danni legali che hanno ripercussioni di lungo termine.

Oltre agli impatti economici e legali, il rischio più grande di non fare sostenibilità è quello di danneggiare la propria immagine. E l’esempio perfetto di questo è BP (British Petroleum). Nel 2000, BP lanciò una ingente campagna di rebranding, cambiando il proprio logo per proiettare un'immagine più «green». La compagnia spese oltre 200 milioni di dollari per promuovere questa nuova identità, ma i fatti raccontarono una storia diversa: meno del 4% delle risorse di BP erano effettivamente destinate allo sviluppo di energie rinnovabili. Il disastro della piattaforma Deepwater Horizon nel 2010, che causò una delle peggiori fuoriuscite di petrolio nella storia, fece precipitare ulteriormente la reputazione dell’azienda. Questo incidente non solo mostrò il divario tra le promesse pubblicitarie e la realtà, ma costò a BP oltre 65 miliardi di dollari tra sanzioni, costi legali e bonifiche. Tuttavia, il vero danno fu quello reputazionale. Greenpeace e altre organizzazioni criticarono pubblicamente BP per aver speso di più nel «greenwashing» che in vere azioni per ridurre l'impatto ambientale. Il disastro ha evidenziato che non basta adottare un'immagine sostenibile: servono azioni concrete.

Non adottare pratiche di sostenibilità oggi non è solo una scelta miope, è un rischio che le aziende non possono più permettersi di correre. Con l’aumento della pressione da parte dei consumatori, dei lavoratori e delle normative, le imprese che non investono nella sostenibilità rischieranno di subire perdite economiche ingenti, di affrontare sanzioni legali sempre più severe e di vedere la propria immagine devastata in modo irreparabile. Il futuro delle aziende, sia in termini economici che reputazionali, dipende dalla loro capacità di integrare la sostenibilità nel proprio DNA.