Il paradosso dell’Europa

L’ultimo grido d’allarme lo hanno lanciato gli importatori svizzeri la scorsa settimana. «Senza sussidi statali, l’auto elettrica non decolla», la sintesi dell’appello di Peter Grünenfelder, presidente di Auto-Svizzera, attraverso le colonne del quotidiano zurighese «Tages Anzeiger». La quota delle e-car in Svizzera sul totale delle immatricolazioni si è attestata al 19%, in calo rispetto al 20,7% dell’anno precedente. E l’anno non è iniziato nel migliore dei modi per le elettriche o le ibride plug-in. A fine gennaio la percentuale di questo segmento di mercato si è fermata al 19,7%. L’obiettivo di arrivare a una quota del 50% del mercato entro la fine di quest’anno è quindi molto lontano, di fatto irraggiungibile. E questo avrà delle conseguenze finanziarie (leggasi multe milionarie) anche per gli importatori svizzeri. E tra i 15 modelli più venduti non vi è nessuna auto alimentata unicamente a corrente. Rimanendo nel primo mese dell’anno, colpisce il calo delle vendite di Tesla, calata del 27% su base annua. Le esternazioni politiche di Elon Musk e il suo ruolo nell’amministrazione del presidente Donald Trump stanno avendo il loro peso.
Una svolta imposta dall’alto
Delle difficoltà che sta attraversando il settore dell’automotive europeo (l’intera filiera legata all’auto, ndr), la scorsa settimana è intervenuto a Grancia Gian Luca Pellegrini, storico direttore del mensile «Quattroruote», invitato dalla Camera di commercio del Cantone Ticino. Gli abbiamo posto alcune domande. Pellegrini, lo precisiamo subito, non è ostile di principio all’auto elettrica. «Io stesso ne possiedo una con cui faccio circa 50 mila chilometri l’anno e la trovo un’ottima soluzione tecnologica che migliorerà dal punto di vista dell’efficienza ancora di più nei prossimi anni», afferma. La critica non è quindi alla tecnologia o alla transizione verso l’elettrico. Egli ritiene che l’Unione europea abbia «imposto l’adozione dell’auto elettrica senza considerare adeguatamente le implicazioni energetiche, occupazionali, geopolitiche e infrastrutturali di un cambiamento così radicale».
Ricordiamo che entro la fine del 2035 tra dieci anni, nell’UE non sarà più possibile immatricolare auto con motore endotermico (benzina o Diesel). «Sarebbe stato preferibile stabilire limiti alle emissioni e lasciare all’industria la scelta delle soluzioni tecnologiche per raggiungerli, anziché imporre esclusivamente l’elettrico come unica opzione accettabile», continua Pellegrini, classe 1964, dal 1988 direttore editoriale di «Quattroruote» e dal 2014 di tutte le testate legate al gruppo editoriale Domus. «Questa scelta ha messo in difficoltà i costruttori europei che sono in ritardo rispetto ai concorrenti cinesi o alla Tesla che è un unicum nel modo dell’auto», spiega ancora Pellegrini che ricorda come tutta la filiera dell’auto sia un forte datore di lavoro. In totale gli occupati in Europa nell’industria automobilistica sono circa 13,3 milioni e rappresentano circa l’8% del PIL, il Prodotto interno lordo. In Italia gli addetti diretti sono oltre 165 mila che fanno del Paese che fu di Fiat, Alfa Romeo, Maserati e Ferrari, soltanto il settimo in Europa per occupati nel comparto, battuto da Repubblica Ceca, Gran Bretagna e Romania. Questo per dire che il settore, almeno in Italia, sta già cambiando pelle. Eppure, i risultati finanziari dei gruppi automobilistici e i bonus dei manager, da Volkswagen a Stellantis, sono floridi. «Questo è un altro fattore che rema contro le richieste dell’industria quando si presenta a Bruxelles per cercare di rinegoziare la data del 2035: i CEO non sono giudicati credibili», afferma Pellegrini. Ma c’è un’altra data che fa tremare i costruttori: il 2025. «Entro la fine di quest’anno dovranno dimostrare che la loro gamma (tra e-car e auto a combustione) emetterà meno di 93,6 grammi di CO2 per chilometro. Le sanzioni potrebbero superare i 15 miliardi di euro l’anno fino a quando non si rientrerà nel valore delle emissioni limite. Il problema è dal lato dei consumatori, non si chiedono così tante auto elettriche. La conseguenza è il blocco del mercato dell’auto con una crisi autoindotta», conclude Pellegrini.