Industria, i prezzi alla produzione stanno rallentando la corsa

Dopo le fiammate del 2022, dall’inizio di quest’anno si assiste a una tendenza di «attenuazione» del rincaro in Svizzera, dove l’inflazione - è notizia della settimana scorsa - si è attestata in aprile al +2,6%, in decelerazione rispetto al +2,9% di marzo e al +3,4% di febbraio. Nel 2022 il rincaro è stato del 2,8%.
Questa tendenza è osservata anche a livello aziendale con l’indice dei prezzi alla produzione e all’importazione (PPI) calcolato dall’Ufficio federale di statistica (UST), che con il trascorrere dei mesi sta rallentando in modo marcato: in aprile i prezzi alla produzione e all’importazione sono cresciuti (su base annua) del +1,0%, a fronte del +2,1% registrato in marzo, del +2,7% di febbraio e del +3,3% di gennaio. Il relativo indice PPI si è così attestato a 109,5 punti (+0,2% rispetto a marzo).
Nel dettaglio, per quanto riguarda il dato sui soli prezzi alla produzione - che mostra l’evoluzione dei prodotti indigeni - si è assistito a una crescita rispettivamente dello 0,3% (mese) e dell’1,9% (anno). Nel confronto con marzo sono diventati più cari in particolare le macchine, le apparecchiature elettriche, gli orologi, nonché gli strumenti di misurazione e di controllo.
Il secondo sottoindice, quello dei prezzi all’importazione, presenta rispettivamente un incremento dello 0,1% e una flessione dello 0,9%. Si è fra l’altro dovuto pagare di più - nel paragone mensile - per apparecchiature elettriche, strumenti e apparecchi controllo, preparati farmaceutici e mobili. Prezzi in flessione sono per contro stati riscontati per prodotti petroliferi, metalli e semilavorati in metallo e computer.
Trend ancora da confermare
«La tendenza in Ticino è analoga a quella nazionale, ma crediamo che un vero e proprio effetto al ribasso lo potremo constatare con più evidenza solo a partire dall’ultima parte dell’anno o nel 2024», commenta il direttore dell’Associazione industrie ticinesi (AITI) Stefano Modenini, da noi raggiunto. «Non dimentichiamo - prosegue - che stiamo parlando pur sempre di attenuazione dei prezzi rispetto a una fase di aumenti particolarmente elevati nel recente passato, quindi non possiamo manifestare eccessivo entusiasmo. È chiaro che la contrazione dei prezzi dei prodotti petroliferi e di alcune materie prime, nonché una certa stabilizzazione dei prezzi dell’elettricità, seppur a livelli più alti rispetto al passato, aiuta, ma poi quanto dei maggiori costi possa essere ribaltato sul prezzo finale dei prodotti dipende dal tipo di prodotto, dai contratti con i clienti e da altre condizioni».
Ottimismo vs. realismo
L’indice PPI è un indicatore congiunturale che riflette l’andamento dell’offerta e della domanda sui mercati dei beni, spiegano gli specialisti dell’UST di Neuchâtel. Tuttavia mostra oscillazioni significativamente più marcate ed è molto più volatile a causa della forte dipendenza dalle materie prime.
«Parlare di ottimismo in questa situazione che noi definiamo interlocutoria è difficile. La componentistica per il settore dell’automobile, per esempio, è entrata già da qualche tempo in una fase di cambiamenti a seguito dell’elettrificazione dell’automobile e ciò avrà delle conseguenze. Meccanica e meccanica di precisione scontano ancora diverse difficoltà congiunturali. In linea di massima tutti i rami industriali sono realisti, cioè né troppo pessimisti né troppo ottimisti. Alcuni segmenti, ad esempio nel lusso, hanno buone prospettive di crescita ma devono fare fronte anche loro ai mutati atteggiamenti della clientela e all’ingresso in forze delle nuove tecnologie nella produzione e nel business più in generale. Quindi uno sforzo di adattamento riguarda tutte le attività.
Prospettive incerte
La fase di crescita dei prezzi non sembra comunque destinata a finire in tempi brevi: le previsioni per l’insieme del 2023 avanzate da autorità, banche e vari istituti di ricerca economica sono infatti comprese fra il 2,2% e il 2,7%.
Si «naviga a vista», quindi? Ancora Modenini: «Il contesto generale resta incerto anche se migliore rispetto allo scorso anno. La propensione agli investimenti esiste, poi naturalmente va vista caso per caso perché comunque non sono poche le aziende che devono probabilmente rinviare a tempi migliori una fascia degli investimenti. In questi casi serve ancora più capacità di saper programmare la spesa quando è opportuna, ma in un settore votato alle esportazioni c’è poco da fare: gli investimenti in innovazione hanno la priorità e per restare competitivi in fin dei conti vanno messi in atto, altrimenti un’azienda rischia di perdere clienti, cioè quote di mercato».