La BNS trova ancora spazio per tagliare i tassi d'interesse, ma rivede al rialzo le attese d'inflazione

La Banca nazionale svizzera (BNS) allenta ulteriormente la sua politica monetaria: l’istituto d’emissione ha deciso, oggi in occasione del suo consueto esame trimestrale della situazione economica e monetaria, di abbassare di 0,25 punti percentuali il suo tasso guida, portandolo allo 0,25%. Si tratta del quinto taglio consecutivo nel ciclo di ribassi iniziato esattamente un anno fa, quando il tasso d’interesse guida era all’1,75%.

«Con l’odierna riduzione del tasso di interesse la Banca nazionale assicura che le condizioni monetarie restino appropriate alla luce della debole pressione inflazionistica e degli accresciuti rischi al ribasso per l’inflazione». È quanto ha dichiarato in conferenza stampa il presidente della BNS Martin Schlegel, indicando la previsione del rincaro per il 2025 allo 0,4%, in lieve rialzo rispetto allo 0,3% ipotizzato a dicembre. Per il 2026, invece, la previsione per l’inflazione rimane invariata allo 0,8%.
«La decisione di tagliare i tassi riflette principalmente l’accresciuta incertezza sulle prospettive economiche e le potenziali conseguenze negative sull’inflazione svizzera nel medio termine, altrimenti la revisione al rialzo delle proiezioni sull’inflazione per il 2025, anche se di poco, avrebbero piuttosto suggerito una minore necessità di un ulteriore taglio dei tassi», commenta l’economista senior di EFG GianLuigi Mandruzzato. «Il tono della dichiarazione della BNS - aggiunge - suggerisce che l’istituto di emissione adotterà un approccio dipendente dai dati per decidere la politica nelle prossime riunioni, lasciando sul tavolo l’opzione di ulteriori tagli dei tassi. Tuttavia, se l’inflazione si evolverà come previsto, in un futuro non troppo lontano potrebbe emergere il problema di una politica forse troppo accomodante da parte della BNS».
Per Arthur Jurus, economista e responsabile dell’Ufficio investimenti presso la banca privata ODDO BHF a Zurigo, il taglio effettuato dalla BNS «era ampiamente previsto, visto il perdurare della disinflazione in Svizzera, ma l’istituto centrale si è astenuto da un riduzione di 50 punti base perché l’inflazione dovrebbe rimanere positiva, gli affitti sono destinati a salire oltre il 3% e le incertezze commerciali globali (compreso l’apprezzamento della valuta) giustificano un approccio graduale».
A proposito di franco svizzero, Schlegel ha ribadito «la disponibilità ad agire all’occorrenza sul mercato dei cambi». Ma per ora la BNS pare mettere in secondo piano simili interventi per contrastare la forza del franco. Ancora Jurus: «Dopo l’annuncio, il franco è rimasto stabile, poiché gli investitori non hanno modificato le loro aspettative di un tasso giuda dello 0,25% all’inizio del 2026. I differenziali di tasso con l’euro sono inoltre rimasti invariati e la BNS ritiene che il franco sia allineato ai fondamentali». Oggi in mattinata il franco è sceso di «solo» mezzo centesimo contro euro, a 0,9582, per poi risalire e stabilizzarsi attorno a quota 0,9560.
Scenari incerti
Per adempiere il suo mandato legale, cioè assicurare la stabilità dei prezzi, la BNS deve tenere conto anche dell’evoluzione congiunturale. A detta del vicepresidente della BNS Antoine Martin, nel quarto trimestre 2024 in Svizzera la crescita «è stata solida. Il settore dei servizi e parti dell’industria hanno mostrato un andamento positivo».
Ma nel suo scenario di base, che volge lo sguardo per forza di cose sul contesto globale, la BNS si aspetta che nei prossimi trimestri la crescita dell’economia mondiale rimanga moderata e la pressione inflazionistica di fondo dovrebbe continuare a ridursi gradualmente, soprattutto in Europa. Il grado di incertezza riguardo a questo scenario è però attualmente alto, mette in guarda il numero due della BNS. «Il quadro geopolitico e commerciale, in particolare, potrebbe subire cambiamenti significativi e repentini», ha sottolineato Martin. «L’aumento delle barriere commerciali, ad esempio, potrebbe comportare un indebolimento dell’evoluzione economica mondiale. Nello stesso tempo una politica fiscale più espansiva in Europa potrebbe stimolare a medio termine la congiuntura».
Per l’anno in corso, Petra Tschudin, membra della direzione generale della BNS, conferma l’attesa per una crescita del PIL «compresa fra l’1% e l’1,5%. La domanda interna dovrebbe beneficiare dell’incremento dei salari reali e dell’allentamento della politica monetaria».