La lotta al lavoro forzato per un’economia etica
L’Unione europea stima che 27,6 milioni di persone nel mondo lavorino in condizioni di lavoro forzato, una delle violazioni più gravi dei diritti umani. Secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro (ILO), in particolare la Convenzione n. 29, il lavoro forzato è «qualsiasi lavoro o servizio imposto a una persona sotto la minaccia di una pena e per il quale la persona non si è offerta volontariamente». Per affrontare questa piaga globale, il 19 novembre scorso il Consiglio dell’Unione europea ha adottato la Regolamentazione contro il lavoro forzato, un passo significativo verso un’economia più giusta e sostenibile.
La normativa, prevista per entrare in vigore nel 2027, vieta la vendita, l’importazione e l’esportazione di prodotti realizzati con lavoro forzato. Questo divieto si applica a tutti i settori e prodotti, senza distinzione di origine geografica e include anche i beni acquistati online.
Per garantirne l’attuazione, le autorità nazionali dovranno condurre indagini basate su dati verificabili e identificare i prodotti non-compliant (non conformi, ndr), adottando un approccio basato sul rischio. Fattori come la prevalenza di lavoro forzato imposto dallo Stato in determinate aree o settori economici saranno centrali nell’analisi. La Commissione europea creerà una banca dati sulle aree e i prodotti a rischio a supporto delle autorità competenti.
Le imprese operanti nel mercato europeo saranno sottoposte a controlli rigorosi per garantire la conformità a questa regolamentazione. I prodotti importati o esportati saranno soggetti a ispezioni doganali, mentre le aziende dovranno implementare processi di due diligence, in linea con la Direttiva sulla Due Diligence di Sostenibilità Aziendale (CS3D), per assicurarsi che nessuna fase della produzione implichi l’uso di lavoro forzato. I produttori di beni vietati saranno obbligati a ritirare i loro prodotti dal mercato UE, ma potranno reintrodurli una volta eliminate le pratiche di lavoro forzato. Le aziende non conformi potranno essere multate, con sanzioni definite dai singoli Stati membri. Questo sistema non solo rafforza il legame tra responsabilità aziendale e diritti umani, ma spinge le imprese a riconsiderare le loro operazioni globali.
La Regolamentazione contro il lavoro forzato è un tassello cruciale nell’architettura normativa europea per la sostenibilità. Essa risponde anche alle crescenti richieste di trasparenza e responsabilità etica dei consumatori. La normativa si collega a riforme come la Direttiva sulla Rendicontazione della Sostenibilità Aziendale (CSRD) e alla stessa CS3D, che richiedono alle aziende di considerare attentamente i fattori ambientali, sociali e di governance (ESG). Inoltre, è pienamente coerente con i Principi Guida delle Nazioni Unite su Imprese e Diritti Umani, che rappresentano lo standard globale per la responsabilità aziendale nei confronti dei diritti umani.
In un contesto globale, questa regolamentazione rafforza il ruolo dell’UE come leader nella promozione dei diritti umani e della sostenibilità. Non si tratta solo di evitare il lavoro forzato, ma di stimolare le imprese a costruire catene di approvvigionamento più resilienti e rispettose dei principi di giustizia sociale ed equità. La lotta al lavoro forzato non è solo una questione morale, ma un pilastro fondamentale per un futuro sostenibile e inclusivo.