Lavoro

«La maternità è un master, le aziende dovrebbero tenerne conto»

L’imprenditrice Riccarda Zezza sarà ospite giovedì 26 settembre dell’associazione Pro Familia Svizzera italiana presso lo Stabile Suglio di Manno: «Congedi e pause di carriera sono delle opportunità di crescita per aziende e collaboratori»
Generoso Chiaradonna
24.09.2024 06:00

Conciliare famiglia e vita lavorativa è un esercizio complicato, soprattutto per le mamme che spesso – quando va bene - sospendono per un periodo la carriera lavorativa per riprenderla più tardi, ma a percentuale d’impiego ridotto. Molte, invece, rinunciano addirittura a ritornare in azienda. Eppure, una maggiore partecipazione femminile al mondo del lavoro - o viceversa, un maggiore impegno maschile nell’accudimento dei figli - oltre a benefici economici ovvi, creerebbe una società più coesa ed equa sia per le opportunità di carriera, sia per la valorizzazione delle competenze e dei talenti che per definizione non sono attribuibili a un solo genere.

Quindi, una politica pubblica che mira ad aumentare, per esempio, gli asili nido (aziendali, pubblici o privati) sul territorio è sempre benvenuta se, per esempio, permette a una neomamma che lo desidera di ritornare al lavoro e riprendere un percorso di carriera. Ma ciò non è sufficiente. Ci vuole anche un approccio da parte delle aziende e di chi le dirige ad accettare formule organizzative più flessibili per non rinunciare a competenze preziose. «In un mondo del lavoro sempre più schiacciato sul presente e sulla visione di breve periodo, la maternità viene spesso vissuta dalle aziende come un peso e dalle stesse donne come un tabù, non considerando che essa costituisce un’occasione di crescita straordinaria, che porta con sé nuove energie e abilità essenziali anche per la vita professionale», ci spiega Riccarda Zezza, imprenditrice, fondatrice di Lifeed e autrice di saggi di successo come Cuore Business, Per una nuova storia d’amore tra persone e lavoro (edizioni Il Sole 24Ore, 2023) e Maam - La maternità è un master (BUR Rizzoli, 2014), qui coautrice con Andrea Vitullo. Riccarda Zezza sarà ospite giovedì 26 settembre alle 17.30 di una serata promossa da Pro Familia Svizzera italiana all’Auditorium Supsi di Manno (Stabile Suglio). Il tema dell’incontro sarà proprio incentrato su «Congedi e pause di carriera: quale opportunità per aziende e collaboratori/trici».

L’esperienza di una mamma

«Sono partita dalla mia esperienza personale di mamma che ritorna al lavoro dopo due maternità. Mi sono accorta che contrariamente al sentire comune e di chi dirige le aziende, le competenze soft sviluppate durante il periodo in cui ero in maternità - e anche dopo -, mi sono servite anche sul lavoro», spiega Riccarda Zezza. Le cosiddette soft skill, le competenze proprie di una persona che si maturano in contesti non per forza lavorativi, per circa il 30% si apprendono in azienda. «Per il restante 70% queste competenze si sviluppano in famiglia. Per questo affermo nel libro che la maternità è un master. La capacità di visione, quelle dell’organizzazione, gli obiettivi da raggiungere eccetera, diventano la base per costruire pratiche di leadership: dalle capacità relazionali all'ascolto, dalla rapidità di scelta alla gestione delle difficoltà. In pratica si può partire proprio dalla maternità per ripensare nel profondo l’organizzazione del lavoro, abbattendo gli ostacoli che oggi limitano la crescita delle persone e formando leader capaci di affrontare le sfide del presente con competenza e creatività», spiega ancora l’imprenditrice.

Quindi l’adozione di politiche di conciliabilità vita-lavoro più flessibili andrebbero a beneficio anche delle aziende e della società, non solo di chi è direttamente coinvolto? «Come detto, la maggior parte delle competenze trasversali utili nel mondo del lavoro si acquisiscono durante le transizioni di vita: non solo la maternità, ma anche un congedo, una malattia, un matrimonio, una pandemia…», risponde Riccarda Zezza. «Sono situazioni che insegnano tante nuove abilità che – se riconosciute e valorizzate – possono tornare molto utili anche in ruoli di leadership».

Riccarda Zezza
Riccarda Zezza

La transilienza

Il problema è quindi culturale, nel senso che c’è ancora il luogo comune che vede il ritorno in azienda di una neomamma come meno efficiente rispetto a prima. Questo crea anche ritardi di carriera, di reddito e pensionistici. Come trasferire queste competenze dalla vita privata al mondo del lavoro e viceversa? «Con la “transilienza”, un termine coniugato per l’occasione e che è il risultato dei concetti di “transizione” e “resilienza”. È entrato anche nell’enciclopedia Treccani. Non è altro che la capacità di trasferire capacità, di elaborare risorse e competenze trasferibili tra professioni, funzioni e ruoli», spiega ancora l’imprenditrice che continua: «La maternità è solo una delle esperienze più intense in questo senso. Ma anche il volontariato o la cura dei genitori anziani sono attività che permettono di sviluppare competenze lavorative. Le persone in queste situazioni devono però essere autoconsapevoli delle loro abilità trasversali e praticarle».

Basta questo? Le organizzazioni umane solitamente sono resistenti al cambiamento. «Serve anche fare informazione in questo ambito. Ed è necessario farlo in quanto questo tema non riguarda più solo le donne. I giovani, per esempio, attualmente hanno tutto un altro approccio nei confronti del mondo del lavoro e della formazione. Tendono a non cercare un impiego a tempo pieno. Inoltre, privilegiano il telelavoro e tutte quelle forme organizzative che permettono di avere anche la possibilità di realizzarsi fuori dall’azienda. Anche in questo caso si sviluppano abilità trasversali che potrebbero essere valorizzate», commenta l’imprenditrice.