Le banche sono ancora timide a remunerare di più i depositi
La decisione della Banca nazionale svizzera (BNS) di questa settimana ha spiazzato un po’ tutti: se nell’ultimo anno l’istituto di emissione non ha avuto dubbi nell’alzare – cinque volte consecutivamente – i tassi per moderare le attese inflazionistiche, ora rinuncia a ulteriori strette monetarie e si pone in modalità «attendista».
Non si può dire altrettanto degli istituti di credito, che non hanno atteso la BNS per iniziare ad aumentare i tassi d’interesse passivi – quelli sui mutui, per capirci – già a partire da inizio 2022, portando per esempio il tasso fisso a 10 anni progressivamente al livello del 3,85%. Dall’altra parte, sul fronte dei tassi attivi, invece, gli istituti sono rimasti molto attendisti, con una progressione decisamente lenta dei livelli di rimunerazione sui conti di risparmio. Sui conti correnti, addirittura, non si vede ancora alcuna inversione di tendenza: le banche (e Postfinance) continuano infatti a non pagare alcun interesse su questi conti.
L’allargamento del differenziale fra tassi attivi e passivi – il cosiddetto margine d’interesse – ha creato un indubbio vantaggio alle istituzioni finanziarie. Per le banche questi guadagni – che sono pur sempre il frutto del loro legittimo core business – non bastano. Stando a un’analisi di Comparis pubblicata negli scorsi giorni, le commissioni bancarie sono lievitate del 6,8% ad agosto rispetto a luglio e dell’8,1% nel paragone con lo stesso mese dello scorso anno.
«In passato gli istituti finanziari hanno sempre giustificato l’aumento delle commissioni con le difficili condizioni legate al contesto di tassi d’interesse bassi», ricorda l’esperto di Comparis Dirk Renkert. Ora però la situazione è cambiata e ci si sarebbe potuti aspettare un calo dei prezzi. Secondo l’esperto di Comparis gli istituti non hanno invece permesso alla clientela di beneficiare a sua volta dei tassi più elevati.
Tutelare i risparmi dei cittadini
Nei Paesi dell’area euro il tema dell’adeguamento della remunerazione dei depositi alla clientela è da tempo oggetto di forte critiche da parte di regolatori e legislatori. Molte banche stanno però effettivamente trasferendo tassi d’interesse più alti ai risparmiatori. Una mossa che avrà l’effetto di limare gli utili, ma potrà contribuire a placare le critiche. E in Svizzera?
In un articolo pubblicato di recente sulla «SonntagsZeitung», la Fondazione per la protezione dei consumatori (Stiftung für Konsumentenschutz) accusa in particolare le banche cantonali - che di regola hanno un mandato pubblico di tutelare il risparmio dei cittadini - di realizzare profitti indebiti essendo «avare» nel remunerare i conti dei clienti.
Da parte sua, l’Unione delle Banche Cantonali Svizzere si difende assicurando di non fare profitti eccessivi sulle spalle dei piccoli risparmiatori. Eppure, secondo i dati elaborati dal domenicale svizzerotedesco, nel primo semestre dell’anno le 24 banche cantonali hanno realizzato un utile complessivo di 2,3 miliardi di franchi, con almeno due terzi di esse che hanno registrato risultati record.
Tra questi, anche BancaStato, che nei soli primi sei mesi di quest’anno ha registrato un utile di 88,8 milioni, segnando un impressionante +159,7% rispetto alla chiusura dell’esercizio 2022. Il dato non è passato inosservato Oltralpe: il settimanale economico svizzero «Finanz und Wirtschaft» ha pubblicato, mercoledì scorso, una classifica relativa ai guadagni sui margini d’interesse di tutte le banche cantonali in Svizzera in cui svetta proprio l’istituto ticinese.
Verso la «soglia psicologica»
All’inizio dell’anno anno, a pochi mesi dal ritorno al regime di tassi positivi sul franco, avevamo svolto una mini-indagine presso le principali banche della piazza ticinese chiedendo loro quando intendessero agire con più incisività nell’adeguare la remunerazione del risparmio. Se a inizio anno le banche pagavano un tasso situato ancora tra lo 0,1% e lo 0,25% sul risparmio, nel corso della primavera questi sono stati ritoccati, seppur di poco, fin verso lo 0,4% nei casi migliori.
Oggi, invece, ci si trova su un livello fra lo 0,6% e lo 0,8%, ma qualche segnale di volersi avvicinare alla «soglia psicologica» dell’1% c’è: Raiffeisen Svizzera, per esempio, ha raccomandato alle società cooperative regionali del Gruppo di applicare quel tasso a partire dallo scorso 1. agosto, mentre alcune banche cantonali svizzerotedesche già lo applicano (nello specifico, quelle di Appenzello, Lucerna e Zugo). Diversi istituti però offrono tassi ancora superiori, vicini a quello applicato dalla BNS sugli averi a vista (attualmente 1,75%), ma a condizioni particolari (ad esempio per clienti nuovi o fino a determinati importi massimi) e limitati nel tempo (tipicamente un anno).
Se questi rialzi possono sembrare ancora modesti, la progressione è stata in realtà più marcata rispetto a quella dei tassi ipotecari. Stando ai dati raccolti dall’Ufficio cantonale di statistica relativi ai tassi applicati dalle banche cantonali in Svizzera, da gennaio ad agosto di quest’anno l’aumento della remunerazione sui conti di risparmio è stato infatti di 0,44 punti percentuali (da 0,16% a 0,6%), il doppio rispetto a quello sui mutui (+0,23 punti, da 2,68% a 2,91%).
Riguardo i mutui, va notato che, come detto, i rialzi dei tassi sono iniziati già dalla fine del 2021, prima quindi del ritorno dell’inflazione e dei successivi interventi della BNS. Dal picco di un anno fa, però, il tasso fisso sui mutui a 10 anni è gradualmente sceso fin verso l’attuale livello medio attorno al 2,80% (fonte dati: MoneyPark).
Analogamente a ciò che si dice dei prezzi per l’inflazione, i tassi passivi sono scivolosi (rapidi) verso l’alto ma vischiosi (lenti) verso il basso. Resta da vedere, alla luce della decisione della BNS di non alzare i tassi (almeno per ora), se l’adagio si applicherà anche ai tassi attivi.